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di Gianni Gennari

4*/ Pensare la fede

Un passo avanti. Per “credere” occorre qualcosa su cui basarsi e di cui fidarsi, e quindi una “comunicazione”, una parola da ascoltare o l’esperienza di un evento di cui prendere atto. L’ascolto perciò, e l’esperienza fatta nella vita, sono all’origine del credere. Ecco perché alla fine del nostro secondo incontro ho ricordato un libro, “Uditori della Parola”, del teologo Karl Rahner: il nostro credere, nel senso forte che è quello della “fede”, include qualcuno che “parla”, qualcuno che “opera” e rispettivamente qualcuno che “ascolta” e qualcuno che “vede” e vive un’esperienza, un incontro di vita. Dunque: parlare, ascoltare, vedere e capire. Si tratta del mestiere dell’uomo: in questione siamo noi con la nostra vita.

di Gianni Gennari

Ancora sulla prima parola: “Credo”. Forse sono discorsi difficili. Chiedo scusa a chi legge, e mi sforzerò di semplificare, ma qualche pensiero serve davvero per andare avanti insieme.
Quando dico “credo” e la parola esprime ciò che è proprio la “fede”, dico insieme certezza di fondamento (“basàh” biblico) e slancio di affidamento che si spinge avanti (“amàn”) e diventa capacità di rispondere con la vita alla “Parola” che annuncia e insieme rivela la salvezza che viene da Dio e che veramente dà senso ultimo a tutta l’esistenza umana, anche se come strumento “non serve” a niente di mondano, conoscenze umane e potere sulla natura. La salvezza è ciò che dà “senso ultimo” a tutto nel tempo ed oltre il tempo, perché acconsente all’invasione di Dio stesso nella nostra esistenza e la trasforma in una “compagnia” di Padre, Figlio e Spirito Santo fino alla vita eterna…

Venerdì, 20 Agosto 2004 10:11

1*/ Pensare la fede

Io credo per comprendere

“Credo... che ce la farò”: ho risposto così al Direttore che mi ha chiesto di provare a scrivere a puntate una specie di spiegazione-commento al “Credo” che recitiamo ad ogni Messa. Esso formula in parole umane il nostro assenso di fede in Dio, in Gesù Cristo, nello Spirito Santo e nella Chiesa, in questa vita terrena che è anche tempo di preparazione ed attesa della vita eterna. E’ una fede che non andrà oltre la vita terrena. In quella eterna non “crederemo” più perché “vedremo”, e tutto sarà diverso, anche se nessuno può pretendere di immaginare come. Infatti “occhio umano mai ha visto, orecchio umano mai ha sentito, cuore umano mai ha potuto presagire quello che Dio ha preparato per coloro che lo amano” (I Cor. 2, 9)
Il verbo “credere”. Cominciamo dunque proprio dalla parola “credo”. La diciamo tante volte nelle nostre giornate: credo che pioverà…credo bene… credo che manchi poco all’arrivo del treno…credo di ricordare bene…credo che questo sia giusto. C’è anche un uso più personale del credere, che per esempio troviamo quando rivolti a una persona diciamo “ti credo”, riferendoci ad una cosa che ella ci ha comunicato…

 

Mercoledì, 21 Dicembre 2011 10:56

Una memoria carica di benedizioni

di Madre Anna Maria Cánopi

Il viaggio della vita è fatto in compagnia e le persone che, di tappa in tappa, provvidenzialmente ci stanno al fianco hanno una loro più o meno grande incidenza nella nostra storia.
Per questo dovrei fare memoria di una lunga schiera di persone, ma mi limito ad alcune più significative, a partire, ovviamente, da quelli che mi hanno introdotto nella vita.
I miei genitori: Mario e Maria Cleofe. Lui potrebbe essere definito un uomo di pensiero, lei una donna di intuizione; un connubio di razionalità e di poesia, di forza e di dolcezza. Sapientemente umili, con la sola istruzione elementare hanno saputo esprimere nella loro vita i valori più genuini del cristianesimo: la famiglia salda e numerosa, la responsabilità dell’educazione, il sacrificio del lavoro, l’altruismo. Non posso che pensarli in cielo nella schiera di quelli che hanno vissuto le beatitudini evangeliche.

Martedì, 29 Novembre 2011 13:00

Nuovi germogli nei «priorati»

di Madre Anna Maria Cánopi

Il Signore ha progetti a noi sconosciuti e sempre sorprendenti. L’albero radicato sulla roccia dell’Isola San Giulio, cresciuto in modo imprevedibile, era pronto per trapiantare qualche germoglio altrove. E furono molti i vescovi che vennero a chiederci – quasi a supplicarci – di dare una nostra presenza anche alle loro diocesi. Tra le numerose e continue richieste abbiamo potuto assecondarne alcune.
In Valle d’Aosta, il 12 ottobre 2002 nasce il Priorato «Regina Pacis». Il monastero è ricavato dalla ristrutturazione di alcune rustiche “grange” medievali dei canonici del Gran San Bernardo. Come in una culla, circondato dalle montagne, accanto alla Casa ospitaliera dei canonici, la comunità «Regina Pacis», costituita inizialmente di sette membri, è pure gradualmente cresciuta. Ora sono una quindicina di monache. Le attività che esse svolgono sono, in misura proporzionata, alcune di quelle già apprese nell’abbazia dell’Isola, in particolare paramenti sacri, icone e artigianato vario.

Giovedì, 16 Giugno 2011 13:58

Nella scuola del servizio divino

di Madre Anna Maria Cánopi

Aventinove anni, avendo alle spalle un’esperienza di responsabilità verso gli altri, un’abitudine professionale all’attenzione e interpretazione psicologica e spirituale dei comportamenti, con l’ingresso in noviziato dovevo deporre tutto il mio fardello e consegnarmi come una piccola discepola a chi aveva il compito di formarmi alla vita monastica. Non fu cosa facile né indolore, ma molto positiva, liberante. La parola di Gesù è chiara: «Se qualcuno  vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà» (Mt 16,24-25) e inoltre: «A chi si fa piccolo come i bambini appartiene il regno dei cieli» (Mt 19,14).
Venerdì, 27 Maggio 2011 14:51

L'approdo al monastero

Itinerario verso la vocazione monastica

di Madre Anna Maria Cánopi osb

La vocazione è un mistero di grazia: non è facile descriverne l’origine e lo sviluppo. Riconosco che la mia vocazione monastica ha le sue radici già nell’infanzia, poiché ho sempre sentito lo sguardo di Dio su di me e ho sempre provato una forte attrattiva verso il Signore, verso la preghiera e il sacro in genere.
Le suore che allora tenevano l’orfanotrofio nel mio paese mi accoglievano a pregare nella loro cappellina e forse speravano che un giorno sarei entrata nella loro famiglia religiosa. Così anche le suore di un altro Istituto che facevano servizio negli ospedali; ma ero adolescente e ancora impegnata a studiare; non era ancora il tempo di pensare a questo.
Avevo circa vent’anni quando la mia buona ex insegnante di scuola elementare, che chiamavo “madrina”, mi accompagnò nel parlatorio del Seminario diocesano per presentarmi a un sacerdote che si dedicava alla formazione dei seminaristi e alla gioventù di Azione Cattolica.
«Ascolti, per favore, questa giovane – gli disse – Ha dentro qualche cosa…», e mi lasciò sola con lui. Egli, vedendo la mia timidezza, cominciò a farmi amabilmente domande circa la mia famiglia, il mio ambiente di vita e i più intimi desideri del mio cuore. In quel tempo, tra i diversi giovani che mi giravano attorno ve n’era uno al quale mi ero affezionata a motivo di sua madre, vedova, che egli faceva molto soffrire conducendo vita scapestrata e trascurando gli studi universitari. Gli volevo bene, ma il mio intento era soltanto quello di farlo diventare buono. Del resto, lui stesso non osava farmi le proposte che solitamente faceva a tutte le ragazze. Teneva infatti un quaderno su cui scriveva i nomi di quelle che aveva “conquistato”, vantandosi di averne elencate già un centinaio! Dopo molti anni, venni a sapere di una sua confidenza fatta ad un amico che allora si stupiva del fatto che non tentasse di sedurmi: «Quando pensavo di conquistarla, una voce mi ha gridato: Quella non la tocchi!». Cose strane, ma che certamente avvengono sotto la regia divina. Per questo di nulla possiamo vantarci se non della gratuità della salvezza operata da Dio.

di Madre Anna Maria Cánopi osb

Nulla nella nostra vita avviene a caso. Su ciascuno di noi c’è un disegno di Dio che egli stesso porta a compimento predisponendo i mezzi  e le circostanze favorevoli, richiedendo da parte nostra la docilità, la libera adesione – per fede – alla sua volontà.
Mi spiego così il fatto che i miei genitori – nonostante le difficoltà economiche – mi abbiano fatto continuare gli studi, mentre i miei fratelli e le mie sorelle, non meno intellettualmente dotati di me, furono avviati ben presto al lavoro. Forse c’era anche il motivo della mia gracile costituzione fisica. Per tutti i familiari, comunque, andava bene così e, senza ombra di gelosia, si compiacevano di quel che imparavo anche per loro.
Gli anni degli studi furono da me vissuti come in continuo e fiducioso esodo.

 

di Madre Anna Maria Cánopi, osb

Il 10 giugno 1940, mentre stavo accanto a mia madre che, seduta davanti a casa sotto il tiglio, allattava l’ultimo fratellino, arrivò una donna gridando: «È scoppiata la guerra! Il Duce ha proclamato alla radio che anche l’Italia si è alleata alla Germania ed è entrata in guerra!». Mia madre ebbe un sussulto e strinse a sé il bimbo come per proteggerlo: «Misericordia, Signore! Che avverrà di tutti noi?».

Prima conseguenza fu la chiamata degli uomini  – giovani e meno giovani – sotto le armi. Avevo nove anni; non sapevo ancora che cosa fosse una guerra mondiale, ma ne intuivo la gravità dallo sgomento che vedevo sul volto delle due madri. Di fatto la nostra vita subì un brusco cambiamento.

Mercoledì, 09 Marzo 2011 10:34

La scuola, la Prima Comunione e la Cresima

di Madre Maria Cánopi

A quel tempo nel piccolo paese in cui abitavo non c’era né asilo nido, né scuola materna. Si incominciava con la scuola elementare, e questo costituiva un grande evento sia per i bambini che per le famiglie, specialmente per chi abitava in case isolate.
Si trattava, infatti, di abituarsi ad entrare in relazione con altri bambini sconosciuti e con una insegnante che – per quanto fosse materna – non poteva supplire la mamma.
La scuola come luogo per imparare a leggere e a scrivere mi piaceva molto, ma la mia estrema timidezza mi metteva in difficoltà con alcuni compagni dispettosi, che arrivavano persino a intingermi la punta delle treccine bionde nel calamaio! Allora, infatti, non c’erano ancora le biro o le penne stilografiche, ma si usavano le cannucce di legno con i pennini infilati sulla punta, quindi su ogni banco di scuola c’erano i calamai incastrati in un foro per intingere, e si usava la carta assorbente per le inevitabili macchie.

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