Questo il senso dei nostri due primi incontri. Perciò la fede, il nostro “credere”, è un solido fondarsi sulla Parola di Dio e anche vitale slanciarsi verso l’eterna comunione con Dio stesso già in questa vita, perché essa non blocca, ma mette in cammino. Essa è quella forza – in latino “virtus”, cioè virtù – con la quale viviamo sia la solidità della roccia sia lo slancio fiducioso, ma è anche quel complesso di realtà (cose reali) cui affidiamo il vero senso ultimo della nostra vita intera, nel tempo ed oltre il tempo, perché essa annuncia che la morte non è l’ultima parola, che invece è della vita. Fede come “virtù”, e quindi, fede come realtà nelle quali “crediamo”, verità che facciamo nostre, contenuti concreti che sono: Dio Padre, Figlio e Spirito Santo; Cristo incarnato, morto e risorto, Maria perdonata in anticipo di ogni colpa, quindi Immacolata, la Chiesa umana per quanto dipende da noi uomini, e insieme divina perché è il Corpo Mistico di Cristo vivente nella storia e in cammino verso l’eternità, ecc… Dentro ciascuna di queste “verità di fede” c’è tutta la ricchezza dei contenuti del “Credo”, che via via affronteremo insieme…
La virtù della fede: forza e slancio
La fede “con cui” crediamo è la virtù della fede, la forza che ci fa sicuri e insieme ci spinge ad andare avanti nella vita. Essa indica una relazione con la realtà di Dio nella sua Parola rivelata, da ascoltare con docilità. Questo in fondo è “l‘obbedire” biblico, lo “shemàh” (ascoltare) del Primo Testamento e “l’‘upakoèin” del Nuovo: udire con rispetto che diventa pratica che esegue.
Annoto qui che, dal punto di vista della storia delle lingue, anche nelle antiche radici indoeuropee la parola “sacro” pare avere due significati originali, quello di “aderire” e quello di “seguire”. Una conferma dei due punti – fondamento e slancio – che abbiamo visto finora. La fede come virtù è aderire alla realtà di Dio annunciata nella sua Parola che si è pronunciata nella storia e va ascoltata e accolta con rispetto e poi seguita nel cammino che indica.
La fede biblica, in questo senso, è la forza (virtus in latino) con cui i nostri padri, da Abramo a Giovanni Battista, hanno creduto e si sono fidati dell’Alleanza, e poi la forza con cui gli Apostoli hanno creduto e si sono fidati ed affidati totalmente al seguito del Maestro Gesù di Nazaret.
La fede, quindi, come virtù con cui crediamo, è relazione di ascolto e di inizio e slancio di “sequela”. Essere discepoli nel Nuovo Testamento, indicato con il termine “akolouthèis”, alla lettera vuol dire proprio mettere i piedi sulle orme del Maestro che parla e cammina.
Ecco: fede come forza di vita che è prima “ascolto” e poi “imitazione” fedele di “Altro” che si rivela, si dona e ci chiama a seguirlo, e quindi mette sempre in cammino. E’ la fede, la prima delle tre virtù che si chiamano “teologali” perché in senso stretto non hanno la fonte in noi, ma in Dio stesso, al punto che chi le esercita è come trasformato in Dio stesso, ovviamente per grazia, e trasportato in una realtà che supera ogni attesa: la vita teologale, fede, speranza e carità, ci fa partecipi della vita stessa di Dio…
La fede che mette in viaggio, con gioia
Sopra ho nominato Abramo e Giovanni Battista, ma vale la pena, per capire cosa è credere, andare a vedere innanzitutto l’inizio vero della fede rivelata definitivamente per la nostra salvezza.
Eccola: l’annuncio dell’Angelo a Maria nel Vangelo di Luca.
Cosa è stato, vitalmente, quell’annuncio? Uno sconvolgimento totale dell’esistenza di quella ragazza di Nazareth. Era in casa, dice il testo di Luca, ma appena avuto l’annuncio, e chiarito il suo significato del tutto sorprendente, chiede un chiarimento – “Come è possibile questo, dal momento che non ‘conosco’ uomo?” – e avutolo lo accoglie – “io sono la serva del Signore” – e ne fa la ragione fondamentale della propria vita. E’ la base solidissima di tutta la sua esistenza: il “basàh” della prima nostra conversazione…Ma poi? Eccola in movimento che si affida subito al compito annunciatole con l’“amàn”, lo slancio che esegue e porta al cammino: non si ferma a contemplare, non si chiude nemmeno in preghiera solitaria, non rimane estatica e lontana dal mondo che la circonda… Si mette subito in viaggio per andare a fare la levatrice presso la sua parente, Elisabetta, che è al sesto mese, e infatti poi si dice che resta lì tre mesi, fino alla nascita del Battista.
Ecco: aprire la vita a Dio significa sempre non avere più una dimora fissa, predeterminata solo dalle tue necessità, ma essere disposto ad abitare il mondo intero, per cui la tua vita diventa slancio verso nuovi spazi, verso tutti da raggiungere e da amare. San Francesco di Sales esprimeva questa verità con una frase significativa: “Quando Dio entra in un cuore, tutti i mobili volano dalla finestra”. Perciò Maria esce di casa – “in fretta” dice il Vangelo – e va a servire Elisabetta. Avrà detto qualcosa a Giuseppe? Chissà! Lui si accorgerà del “cambiamento” dopo, al suo ritorno, con il dramma che Luca racconta…Ma Lei è partita subito con la sola forza del “progetto” che le è stato annunciato dall’Angelo, su cui fonda il suo viaggio, ora, e il viaggio di tutta la sua vita che verrà.
Vita di fede come accoglienza della chiamata di Dio e viaggio verso gli altri da amare, da servire, cui anche annunciare le meraviglie del progetto di Dio che riguarda anche loro. Tutto e subito nel Vangelo di Luca: Maria farà questo con Elisabetta che al suo arrivo come aiutante (forse anche levatrice) la saluterà con il “Benedetta tra tutte le donne”, e insieme loderanno il Signore: “L’anima mia magnifica il Signore”.
Uscire di casa come possesso tranquillo e sicuro, e viaggiare liberi nel mondo con l’annuncio della gioia che viene. Questa è la fede biblica, da Abramo a Maria ai Santi fino ad oggi: un viaggio. Del resto le scene della vita di Gesù, e anche di Maria, sono sempre quelle di strade, case di Palestina, pozzi di Samaria, barche sul lago di Tiberiade, colloqui con i malati per strada, e solo qualche volta il Tempio, o la Sinagoga del paese… Non itinerari fissi, ma libertà gioiosa di rispondere alle necessità degli uomini che si incontrano sulla via, gli Apostoli stessi, gli ammalati, gli affamati, gli stranieri, le donne perdute, i bambini, i piccoli, e sì, poi anche i potenti e i prepotenti, i traditori senza pentimento e i traditori poi pentiti e convertiti in testimoni per sempre, come Pietro e Paolo, e gli altri, fino ad oggi…Che bellezza, questa fede, che è la nostra: in cammino con Maria, e con i Santi! Alla prossima.
Gianni Gennari