«Buono e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore […]. Non ci tratta secondo i nostri peccati, non ci ripaga secondo le nostre colpe. Come il cielo è alto sulla terra, così è grande la sua misericordia su quanti lo temono» (Sal 103, 8. 10-11). Gesù è l’immagine del Padre, l’impronta della sua sostanza: «Dio nessuno l’ha mai visto; proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, Lui lo ha rivelato» (Gv 1, 18). Il Figlio mostra in tutte le sue parole e in tutte le sue azioni quella bontà e quell’amore che sono proprie di Dio, quelle confessate dalla fede di Israele: in questo senso, rivela nella sua carne, cioè nel suo corpo, Colui che, invisibile agli occhi, Israele confessa unico Dio e unico Signore.
«Il guardiano quando vede venire il lupo, lascia le pecore e scappa, perché le pecore non sono sue» (Gv 10, 12)
In presenza abbiamo insistito su questa realtà del Signore; lui conosce le sue pecore! è la realtà della nostra appartenenza! Oggi la riflessione si sposta sulla possibilità di non appartenenza. Entra in campo un guardiano, che è pagato. Ed essere pagati significa in pratica il riconoscimento di non appartenenza, di non proprietà. Per guardare ciò che mi appartiene non posso essere pagato, perché è roba mia, perché è roba che mi interessa. Solo quando si creano rapporti di dipendenza ed esiste un rapporto di alterità entra di mezzo la paga, il salario.
Don Guanella nel 1914 scriveva al redentorista p. Claudio Benedetti: «Mi ho come presente il S. Alfonso benedetto e le sue opere e i libri santi, e mi sento un émpito di desiderio di ottenere anche a noi tutti, miserelli della Casa della Provvidenza, un raggio di luce e di calore che infiammò tanto l’animo di questo provvidenziale apostolo dei figli e delle genti del popolo» (E 351).
Secondo dati Eurostat il 28,4% della popolazione dell’Unione Europea con disabilità è a rischio povertà o esclusione sociale, rispetto al 18,4% dei cittadini che non hanno una disabilità.