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I discorsi di Jacques Bénigne Bossuet

di Bruno Capparoni

Il secolo XVII vide in Europa il progressivo predominio della Francia in molti ambiti di civiltà e anche nella devozione a san Giuseppe. Si deve però subito precisare che il richiamo al santo Patriarca fu introdotto tra i francesi dagli spagnoli, quelli che portarono in quel paese la riforma carmelitana di santa Teresa. É sempre lei la maestra di devozione a san Giuseppe.

Nella seconda metà del secolo la Chiesa francese fu illuminata da un personaggio di prima grandezza che risponde al nome di Jacques-Bénigne Bossuet (1627-1704).

Tra i molti e importanti influssi che egli sviluppò attorno a sé,  vi fu anche la diffusione della devozione al nostro Santo. 

Bossuet fu vescovo di Meaux, una diocesi non importante, ma vicina a Parigi, dove egli si recava spesso perché gli affari della Chiesa di Francia ve lo richiamavano. Fu attivo in tutte le vicende religiose del suo tempo e le determinò positivamente con il peso della sua cultura e anche con la autenticità della sua fede. Nel 1671 fu incaricato della formazione del figlio primogenito di Luigi XIV, Luigi di Borbone-Francia (1661-1711), il gran Delfino. Questo incarico gli attribuì un prestigio straordinario nella società francese. Prese parte a tutte le questioni che agitarono la Chiesa in Francia e di cui noi ricordiamo qui soltanto il nome: le polemiche antiprotestanti, il quietismo, il giansenismo, il gallicanesimo... Questi termini oggi a noi dicono poco, ma all'epoca erano questioni molto dibattute. 

Bossuet era un grande oratore e i suoi discorsi, ascoltati e poi letti, avevano una grande diffusione. Ce ne ha lasciati due dedicati a san Giuseppe, memorabili per il loro contenuto e anche per le circostanze in cui furono pronunciati. Ambedue si svolsero nella cappella delle Carmelitane di Parigi e ambedue furono tenuti alla presenza della regina Anna d'Austria (1601-1666), vedova di Luigi XIII e madre di Luigi XIV, il Re Sole. È facile immaginare la risonanza che ciò aveva nella società francese.

Nel primo discorso, del 19 marzo 1659, Bossuet parte dalle parole bibliche Depositum custodi (Custodisci il deposito, 1 Tim 6, 20) per descrivere la missione di san Giuseppe. Eccone un brano: «Per custodire la verginità di Maria sotto il velo del matrimonio, quale fu la virtù necessaria a san Giuseppe? Una purezza angelica, che potesse corrispondere in qualche modo alla purezza della sua casta sposa. Per custodire il Salvatore Gesù in mezzo a tante persecuzioni che lo attaccarono fin dalla infanzia, quale virtù noi domanderemo? Una fedeltà inviolabile che non possa essere scossa da nessun pericolo. Infine, per custodire il segreto che gli fu confidato, quale virtù avrebbe potuto impiegare se non quella umiltà ammirabile che non attira gli occhi degli uomini, che non vuole mostrarsi al mondo ma che vuole nascondersi con Gesù Cristo?  Depositum custodi: o san Giuseppe, custodisci il deposito, custodisci la verginità di Maria  e, per custodirla nel matrimonio, aggiungi la tua purezza. Custodisci quella vita preziosa da cui dipende la salvezza degli uomini e metti a profitto, in mezzo alle difficoltà, la fedeltà delle tue cure. Custodisci il segreto dell'eterno Padre: egli vuole che il suo Figlio sia nascosto al mondo; custodiscilo sotto un sacro velo e avvolgiti con lui nell'oscurità che lo copre, per amore della vita nascosta».

 Nel secondo discorso, tenuto il 19 marzo 1661, a partire dal versetto di Re 13, 14 Quaesivit sibi Dominus virum iuxta cor suum (Ha cercato un uomo secondo il suo cuore), Bossuet nell'ultima parte, qui non riportata,  lodava il giovane re Luigi XIV per aver chiesto a tutti i vescovi di Francia di stabilire la festa di san Giuseppe come festa di precetto. Nel brano qui riportato si coglie chiaramente che l'uditorio era costituito soprattutto da monache contemplative: «Mistero mirabile, sorelle mie! Giuseppe ha nella sua casa ciò che può attirare gli occhi di tutta la terra, ma il mondo non lo sa; egli possiede il Dio-Uomo e non dice una parola; è testimone di un così grande mistero e lo gusta in segreto senza divulgarlo! I magi e i pastori vengono per adorare Gesù Cristo; Simeone e Anna proclamano le sue grandezze; nessun altro poteva rendere migliore testimonianza del mistero di Gesù Cristo che colui che ne era il depositario, che conosceva il miracolo della sua nascita, che l'angelo aveva istruito così chiaramente circa la dignità di quel figlio e del motivo della sua venuta. Quale padre non avrebbe parlato di un figlio tanto amabile? Nemmeno l'ardore di tante anime sante, che si palesano davanti a lui con tanto zelo per celebrare le lodi di Gesù Cristo, è stato in grado di aprire la bocca di Giuseppe per svelare il segreto che da Dio gli è stato confidato. Erant mirantes... dice l'evangelista: Maria e Giuseppe erano stupiti, eppure sembrava che non ne sapessero nulla; ascoltavano tutti gli altri che raccontavano,  ed essi custodivano il silenzio con attenzione, tanto che nella loro città, dopo trent'anni, si diceva ancora. “Non è forse il figlio di Giuseppe?”, senza che si avesse saputo nulla, durante tanti anni, del mistero del suo concepimento verginale. Il fatto è che l'uno e l'altra sapevano che, per gioire veramente di Dio, bisogna circondarsi di solitudine, che bisogna richiamare dentro se stessi tanti desideri che vagano qua e là e tanti pensieri che si smarriscono, che è necessario ritirarsi con Dio e accontentarsi della sua vista».