La testimonianza umana e spirituale di san Luigi Guanella è per tutta la Chiesa un particolare dono di grazia. Durante la sua esistenza terrena egli ha vissuto con coraggio e determinazione il Vangelo della Carità, il “grande comandamento” che anche oggi la Parola di Dio ci ha richiamato. Grazie alla profonda e continua unione con Cristo, nella contemplazione del suo amore, Don Guanella, guidato dalla Provvidenza divina, è diventato compagno e maestro, conforto e sollievo dei più poveri e dei più deboli. L’amore di Dio animava in lui il desiderio del bene per le persone che gli erano affidate, nella concretezza del vivere quotidiano. Premurosa attenzione poneva al cammino di ognuno, rispettandone i tempi di crescita e coltivando nel cuore la speranza che ogni essere umano, creato ad immagine e somiglianza di Dio, gustando la gioia di essere amato da Lui - Padre di tutti -, può trarre e donare agli altri il meglio di sé. Vogliamo oggi lodare e ringraziare il Signore perché in san Luigi Guanella ci ha dato un profeta e un apostolo della carità. Nella sua testimonianza, così carica di umanità e di attenzione agli ultimi, riconosciamo un segno luminoso della presenza e dell’azione benefica di Dio: il Dio - come è risuonato nella prima Lettura - che difende il forestiero, la vedova, l’orfano, il povero che deve dare a pegno il proprio mantello, la sola coperta che ha per coprirsi di notte (cfr Es 22,20-26). Questo nuovo Santo della carità sia per tutti, in particolare per i membri delle Congregazioni da lui fondate, modello di profonda e feconda sintesi tra contemplazione e azione, così come egli stesso l’ha vissuta e messa in atto. Tutta la sua vicenda umana e spirituale la possiamo sintetizzare nelle ultime parole che pronunciò sul letto di morte: “in caritate Christi”. è l’amore di Cristo che illumina la vita di ogni uomo, rivelando come nel dono di sé all’altro non si perde nulla, ma si realizza pienamente la nostra vera felicità. San Luigi Guanella ci ottenga di crescere nell’amicizia con il Signore per essere nel nostro tempo portatori della pienezza dell’amore di Dio, per promuovere la vita in ogni sua manifestazione e condizione, e far sì che la società umana diventi sempre più la famiglia dei figli di Dio.
Quando Mosè alzava le mani a Dio, Israele diventava più forte…», dice il libro dell’Esodo e il popolo dei pellegrini alla ricerca del volto di Cristo riflesso nel volto luminoso di don Guanella, hanno alzato le mani verso Dio e il popolo di Dio presente in Roma per la canonizzazione e quello sparso nel mondo è diventato più forte per la «Veglia di preghiera» che il popolo guanelliano ha vissuto nella stupenda e solenne basilica di San Paolo fuori le mura.
Nel pomeriggio di sabato 22 ottobre la piazza di San Paolo si è illuminata di quasi quattromila berretti bianchi e di sciarpe gialle con l’effige di don Guanella e alle ore 16.30 «gente di ogni lingua e da ogni tribù» ha iniziato una preghiera corale per disporre gli animi a ricevere i doni della grazia divina nella grande e solenne cerimonia della glorificazione del giorno seguente. Attorno alla veglia è stata costruita una cornice, uno spazio per illuminare la vita del nostro Fondatore e cogliere i cardini sui quali l’azione caritativa si è mossa.
Attori professionisti e spettacolari immagini hanno condotto per mano i partecipanti tra i filari della «vigna del Signore» nella quale don Guanella ha lavorato con intensità per produrre il vino della gioia di vivere. E subito i filari sono stati invasi dal canto di giubilo di vendemmiatori. Da subito i membri dell’assemblea si sono sentiti tra i filari di una vigna piantata dalla stessa mano di Dio come pure tralci di un’unica vite, tralci, «amati, scelti e inviati» nel mondo a portare la gioia di sentirsi amati e quindi chiamati a costituire la grande famiglia di figli benedetti dal Padre.
«Il canto - ha scritto un premio Nobel della letteratura – è la scala di Giacobbe che gli angeli hanno dimenticato sulla terra». La sera del 22 ottobre, nel cortile dell’oratorio San Giuseppe al Trionfale, quella scala ha fatto volteggiare le ali degli angeli che hanno portato verso il cielo il canto, la lode, le benemerenze di don Guanella e hanno fatto discendere dal cielo la nostalgia della santità e la voglia d’imitazione di quella profezia di carità che ha costituito l’anima dell’azione caritativa di don Guanella. Sul palco, ricco di luci e di effetti, si sono avvicendati alcuni innamorati del carisma guanelliano e, come in una rinnovata pentecoste, hanno espresso i loro sentimenti nelle diverse lingue popolate dalla luce e dall’armonia della carità coltivata e vissuta in quattro continenti.
Accanto a don Giosy Cento, autore del canto ufficiale della canonizzazione, si sono esibiti alcuni confratelli guanelliani, provenienti dai diversi paesi. Il canto a don Guanella di Giosy Cento ha aperto l’orizzonte internazionale con il ritornello cantato in diverse lingue. Giovani cantautori italiani hanno anch’essi inneggiato a don Guanella con melodie e parole meritevoli di attenzione. Il numeroso pubblico coinvolto nelle motivazioni dei canti ha applaudito con entusiasmo ed è tornato chi a casa e chi in albergo con gioiosi sentimenti consapevoli di aver scalato in armonia la scala che conduce a Dio. Uno dei castighi con cui un santo vescovo ammoniva i suoi fedeli era questa espressione: «Cari fratelli, se commettiamo ingiustizia, Dio ci lascerà senza musica». E senza musica si è costretti a vivere in un frastuono fastidioso e senza gioia.
Tra le profezie di saggezza evangelica uscite dal cuore di don Guanella si legge: «La santità salverà il mondo». La salvezza è il porto sicuro che calamita ogni affanno della vita e la santità è il grembo materno di Dio inondato di luce. Il Santo è colui che nel cammino della vita aderisce a Dio nella fede e nell’amore, tentando di percorrere un’esistenza giusta. Nella festa di tutti i Santi il firmamento si fa più luminoso, e ogni cristiano, alla ricerca del volto di Dio, vede riflessa nella luce divina la sua persona e avverte un’energia che muove la volontà e dà sostanza evangelica al suo agire. Nella vita di ognuno c’è un polo di attrazione che la caratterizza: è l’amore come la forza di gravità. Sant’Agostino diceva: «Tu in realtà sei quello che in effetti ami. Ami Dio? Ti assimili a Lui. Ami la terra? Sei terra». Forse, non pensiamo mai alla pesante fatica di essere mediocri e alla gioia invece di essere santi.
Ernesto Olivero ed il Sermig sono una sola cosa. L’opera da lui “pensata” nel 1964 resta tra le più grandi intuizioni profetiche ad oggi realizzate da un laico, che è sposato, padre di tre figli e conta sette nipoti. E’ nato nel 1940 a Mercato San Severino in provincia di Salerno. Dopo avere lavorato in varie industrie del torinese e poi in banca, nel 1991 rassegna le dimissioni. Nel 1964 fonda a Torino il Sermig, Servizio Missionario Giovani, insieme alla moglie Maria e ad un gruppo di giovani. Nel 1983 viene assegnato al Sermig in comodato dal Comune di Torino l’ex Arsenale Militare di Piazza Borgo Dora. Olivero, incoraggiato da Giorgio La Pira, sente che questo sarà il primo grande passo di una profezia di pace. Ne inizia la trasformazione con l’aiuto gratuito di migliaia di giovani, di volontari, di uomini e donne di buona volontà da ogni parte d’Italia. L’11 aprile 1984 è il Presidente della Repubblica Sandro Pertini ad inaugurare l’Arsenale della Pace.
Caro Signor Direttore, mia mamma, che si chiama Agnese, è da anni abbonata alla vostra rivista ed è molto devota a San Giuseppe, da Cui ritiene di aver ricevuto una grazia, che qui espongo brevemente, e che sarebbe felice di farvi sapere. E' successo che il 17 aprile scorso, appoggiando malamente un piede, se lo è rotto; ma nella caduta ha invocato S. Giuseppe di non farle rompere le protesi che ha ad entrambe le anche, o sarebbe stata una cosa irreversibile e sarebbe finita sulla sedia a rotelle. E così è stato: non solo, non ha avvertito nulla alle anche, ma anche la rottura al piede era "composta" e non ha dovuto subire un'operazione, che a 78 anni di età e con una gravissima osteoporosi non è facile né bella da sopportare. È andato tutto bene e in meno di 4 mesi mia mamma ha camminato come prima. Dovrà sempre stare attenta, però desidera molto fare presente a Voi che secondo lei ha ricevuto una grazia da San Giuseppe, e anche secondo la famiglia. Saremmo lieti che lo pubblicaste, grazie.
Raffaella
Reverendo e caro don Mario, anch’io voglio rendere testimonianza delle tante grazie che San Giuseppe e la Vergine Immacolata mi hanno concesso. Benché io sia completamente sola, non avendo famiglia né parenti, su questa terra, ho ricevuto aiuto insperato e ottima assistenza durante una gravissima malattia, che mi stava portando a morte certa: la pleuro pericardite. Non solo sono guarita, ma in seguito, ho ricevuto grazie su grazie e il Signore ha riempito la mia vita. Per questo, per la seconda volta, invio come segno di ringraziamento e di lode al Signore, l’offerta per una borsa di studio in onore della Santa Famiglia. Dato che la lettera inviata lo scorso anno non vi è mai giunta, questa volta faccio una raccomandata e la prego di volermi ricordare nella sue preghiere. San Giuseppe, che prego tutti i giorni col Sacro Manto, voglia teneramente stringermi al suo cuore paterno e ospitarmi sempre nella sua Santa Famiglia. Un grazie di cuore.
Stefania Meloni - Cagliari
Cara Signora Stefania,
la voglio ringraziare anche pubblicamente per la sua generosità, ma soprattutto per la sua testimonianza di fede e per la sua grande fiducia nella bontà di Dio che veglia su di Lei come una madre può vegliare su una sua creatura. Nei momenti bui della mia vita mi è sempre stata di consolazione l’espressione del profeta Isaia quando afferma che Dio ha disegnato sul palmo della sua mano la nostra fisionomia affinché non si dimenticasse di noi. Il palmo della mano è la parte del nostro corpo che gli occhi vedono con maggior frequenza. Questa mano carezzevole di Dio è presente in un modo misterioso, ma costante, a volte non ce ne accorgiamo, ma quando il nostro cuore è attento e sensibile avverte questa presenza e subito si fa lode e la vita è riempita di beatitudine.
Approfitto di questa risposta che purtroppo dobbiamo lamentarci della disfunzione delle Poste, ormai sono tantissime le persone che lamentano di aver spedito a noi la corrispondenza che non è mai giunta. Abbiano avvertito un calo pauroso di corrispondenza e contemporaneamente un coro di lamentale come se noi lasciassimo inevase le lettere in arrivo.
Reverendo don Mario,
spero stia bene. Unita ad alcuni membri delle Pia Unione, le invio un’offerta per la grande celebrazione che si svolgerà il 23 ottobre prossimo, quando Papa Benedetto XVI proclamerà Santo il caro Don Luigi Guanella. Ritengo personalmente che sia fuor di dubbio la santità di don Guanella, così come quella dell’amato papa Giovanni Paolo II, ora beato. Di Don Guanella so quanto è stato pubblicato sul vostro giornale ma la sue opere parlano per lui, a gran voce; tutto è immagine del suo grande cuore di padre e del suo smisurato amore per i poveri, emarginati e disabili, quelli, per intenderci che la società dell’epoca riteneva rifiuti e non persone. Leggo con tanta gioia il giornale che mi arriva puntualmente e che mi dona tanta serenità. Vorrei essere un uccello per poter volare a Roma, in Piazza San Pietro, per questa importante celebrazione ma, purtroppo, una serie di difficoltà non mi permetto di realizzare questo desiderio. Pregherò di certo! Con questa offerta vorrei anche che fossero offerti fiori e candele a San Luigi Guanella nel giorno della sua canonizzazione. Pace e bene a tutti! Cordialmente
Giuseppina Antidormi – Canada
Cara e affezionata signora Giuseppina,
è stata davvero una consolazione leggere la sua lettera e sentire questa partecipazione corale alla gioia singolare di vedere proclamato santo il nostro Fondatore. Benedetto XVI ha proclamato don Guanella profeta della carità, difensore dei poveri, testimone dell’amore di Dio per le persone ferite nella vita, lo ha indicato alla Chiesa universale autentico modello di santità, una santità fatta di grande amore nella piccole cose quotidiane; è un esempio di santità possibile a tutti.
Un seme di questa santità possibile è presente anche in Canada, le suore di don Guanella, infatti, esercitano un’azione caritativa a Vancouver, quindi, la sua gioia ha potuto avere anche un sapore casalingo. Don Guanella non aveva distinzione e diceva proprio alle sue suore in partenza per gli Stati Uniti: «Tutto il mondo è patria vostra», ogni uomo, ogni donna di ogni continente è fratello e sorella. La nostra preghiera aiuti tutti a sentirsi fratelli attenti ed efficaci nel servire i bisognosi.
Reverendo Direttore,
sono devota a San Giuseppe da moltissimi anni! Ho quattro figli, oggi sono anche bisnonna e nel corso della mia vita, nei momenti duri, incidenti, malattie, contrarietà mi sono sempre rivolta con fede al Signore confidando fiduciosamente nell’intercessione di San Giuseppe. Sono stata esaudita e oggi ho la gioia di avere una famiglia unita. Vi ringrazio particolarmente per l’assiduità con cui mi inviate la rivista, prima in Marocco e ora in Francia dove risiedo attualmente. Invio una mia offerta per le iniziative della Pia Unione e ringrazio anche per gli auguri per il mio onomastico. Un cordiale saluto a Lei e ai collaboratori della Pia Unione.
Pizzitola Pasqua
Castelnau Le Lez, Francia
Stimata e cara Signora Pasqua,
anche la sua lettera, è una pennellata di internazionalità e di testimonianza che l’intercessione di San Giuseppe non ha confini, egli comprende ogni lingua soprattutto conosce quella dei bisognosi e dei sofferenti. Con lei, per mezzo dell’intercessione di San Giuseppe, lodo Dio e lo ringrazio per le consolazioni e le gioie di cui gode lei e la sua famiglia, soprattutto, il conforto – ai nostri tempi tanto raro - dell’armonia familiare, dell’affetto e del rispetto tra diverse generazioni.
Dio riempia la sua vita e quella dei suoi cari con tanto benessere fisico e spirituale.
Gesù nel vangelo ci invita a chiedere con fiducia a Dio tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Ricorderete tutti le Sue parole così consolanti: “cercate e troverete, chiedete e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto”. Anzi, Gesù ci invita a chiedere sapendo già da subito che quel che avremo chiesto sarà esaudito. San Giovanni, poi, nella sua lettera, ci dice espressamente che tutto quel che chiediamo lo otteniamo, e anzi, sappiamo già di averlo ottenuto. Ma allora, perché a volte succede che quel che domandiamo non lo otteniamo? Dio ci inganna, o ci respinge, o è semplicemente un’illusione per dei poveracci che non hanno alcuna speranza? Penso che si possa provare a rispondere a questa domanda, così vera e così sentita da molti, e in fondo da tutti noi, almeno qualche volta, in molti modi.
Il viaggio della vita è fatto in compagnia e le persone che, di tappa in tappa, provvidenzialmente ci stanno al fianco hanno una loro più o meno grande incidenza nella nostra storia.
Per questo dovrei fare memoria di una lunga schiera di persone, ma mi limito ad alcune più significative, a partire, ovviamente, da quelli che mi hanno introdotto nella vita.
I miei genitori: Mario e Maria Cleofe. Lui potrebbe essere definito un uomo di pensiero, lei una donna di intuizione; un connubio di razionalità e di poesia, di forza e di dolcezza. Sapientemente umili, con la sola istruzione elementare hanno saputo esprimere nella loro vita i valori più genuini del cristianesimo: la famiglia salda e numerosa, la responsabilità dell’educazione, il sacrificio del lavoro, l’altruismo. Non posso che pensarli in cielo nella schiera di quelli che hanno vissuto le beatitudini evangeliche.
Proseguiamo il cammino orientato a conoscere la nostra fede, fondata sul Primo e sul Nuovo Testamento ed espressa nel Credo dai tempi della Chiesa apostolica. Nella Bibbia a poco a poco, adattandosi alla capacità degli uomini, da Abramo in poi, fino a Mosé, ai Profeti, e infine agli Apostoli è arrivato l’annuncio pieno della salvezza in Gesù Cristo. Siamo giunti, la volta scorsa, a scoprire che nella rivelazione biblica antica, da Abramo appunto ai profeti l’unico modo per conoscere Dio non è guardare in alto, ma riconoscerne con i fatti la vera immagine nell’uomo fratello ascoltando la Sua voce che nelle “Dieci Parole” ha chiesto proprio questo. Dio è “conosciuto” – ci dicono i profeti, anche se la nostra sensibilità non è ancora forse abituata a capire bene la novità della loro parola – solo se è “riconosciuto” nel fratello. I Comandamenti, dal terzo in poi – lo abbiamo visto fino qui – parlano solo del nostro rapporto con gli altri uomini…
Cuore divino di Gesù,
io ti offro per mezzo
del Cuore Immacolato
di Maria, Madre
della Chiesa, in unione
al Sacrificio eucaristico,
le preghiere e le azioni,
le gioie e le sofferenze
di questo giorno:
in riparazione
dei peccati,
per la salvezza di tutti
gli uomini, nella grazia
dello Spirito Santo,
a gloria del divin Padre.
Tutti i popoli
della terra
crescano
nella concordia
e nella pace
I bambini e i giovani
siano messaggeri del Vangelo
e sia rispettata la loro dignità
Lo Spirito Santo
susciti una più profonda
e autentica comunione
fra i laici
e i presbiteri
Ciao Gesù! Eccoci davanti a te, non manca nessuno. Siamo i bambini senza famiglia. Nel senso che la nostra ci è sconosciuta, assente, spezzata, per dramma o per disperazione, per solitudine o abbandono. Siamo testimoni del dolore e della perdita, ma anche del miracolo che sempre può accadere quando qualcuno – un uomo e una donna – ci raccoglie per stringerci al petto, come pane profumato appena uscito dal forno. Senza dire: “Chi è costui?”.
Siamo senza famiglia e la difficoltà è la nostra grazia quotidiana; per alcuni è anche la sorpresa di una coppia che si china sulla nostra fragilità per farci vivere quello che di buono e vero nutre la loro vita, senza chiedere nulla in cambio, per puro gesto d’amore che nulla porta se non l’emozione di imparare a chiamarci figli.
Un’altra cosa impara chi ci accoglie: la realtà cambia contorno, tutto prende nuovo valore: sei Tu, Gesù, che ti manifesti ai loro occhi. Sì, perché noi siamo una tua presenza. Siamo il Natale di ogni giorno e chi si china su questa mangiatoia di Betlemme si rialza con uno sguardo diverso, capace di accogliere il destino di un altro.
Se una famiglia fa posto a chi non ne ha,
anche la sua casa si trasforma e diventa castello. Comunque essa sia, si mostra pensata per vivere nel bello. Solo l’Architetto delle galassie può disegnare questi spazi e trasformare le tane in case.
Noi che siamo senza famiglia, abbiamo pelle più fine e occhi più grandi, come i tuoi, Gesù bambino.
Nel nostro, è il tuo sguardo.
Per questo il punto di nascita di un gesto d’amore è l’abbraccio tenerissimo che uno riceve e poi ricambia. Non è mai il rovescio.