Il primo iscritto alla Pia Unione fu San Pio X, fu seguito con uguale entusiasmo da Benedetto XV, al quale si aggiunsero altri santi come San Massimiliano Kolbe, San Luigi Orione,
il Beato Giacomo Alberione, Giovanni Calabria e decine di migliaia di sacerdoti iscritti
sia alla Pia Unione di preghiere per i morenti che alla Messa perenne.
Accanto ai sacerdoti e vescovi si aggiunsero centinaia e centinaia di migliaia di laici.
Alla fine del 1913 gli iscritti alla Pia Unione solo in Italia arrivavano a 1.700.000.
I primi riferimenti sul bollettino “La Divina Provvidenza”, edito dalla Casa Madre di Como come organo di informazione delle opere guanelliane, riportano che, nell’ottobre del 1908, il Papa Pio X propone a don Guanella di erigere una chiesa in una zona bisognosa e di forte espansione in Roma. Una chiesa «da dedicarsi a San Giuseppe in omaggio a Pio X». Il mese successivo, sempre su “La Divina Provvidenza”, si precisa che la chiesa sarà «dedicata al Transito di San Giuseppe».
Nel marzo del 1909 si specifica ulteriormente: «Sarà dedicata a San Giuseppe in onore del papa Giuseppe Sarto, in occasione delle feste giubilari».
La nostra società ha emarginato le realtà importanti della vita.
In questo cassetto è finito il senso di responsabilità, il valore dell’onestà, il culto della pace
così sono state segregate le verità forti che riguardano «il» fine e «la» fine della vita
Dal momento in cui Adamo ed Eva hanno trovato morto ai loro piedi il figlio Abele, una domanda sta percorrendo la storia dell’umanità: il mistero della morte. L’istinto insopprimibile alla vita viene soffocato dalla morte. Dice un proverbio arabo: «Non c’è nulla di più scontato dell’aria. Ma guai a non respirarla!». è talmente naturale respirare senza pensare così come avviene anche per la morte… degli altri. La nostra società ha emarginato le realtà importanti della vita. In questo cassetto è finito il senso di responsabilità, il valore dell’onestà, il culto della pace così sono state segregate le verità forti che riguardano «il» fine e «la» fine della vita.
La visitazione di Maria alla casa di Elisabetta ci dice che non ha fatto di questo singolare privilegio un vanto, ma un servizio. Per accogliere bisognauscire da sé; per edificare è necessario faticare: il sudore della strada, l’impegno a pregare, il sacrificio nel donare tempo, sorriso, conforto, consolazione agli altri. Maria è uscita fisicamente da casa. Elisabetta esce in strada per accogliere Maria e annunciare la benedizione di tutte le genti a Maria per aver creduto e insieme lodano Dio.
Nell’itinerario di “rivisitazione” dei documenti del Concilio Vaticano II non può mancare un’attenzione particolare alla Costituzione pastorale Gaudium et Spes sulla Chiesa e il mondo contemporaneo. Tra tutti i documenti conciliari forse questo poteva essere considerato meno interessante per chi aveva abbracciato la vita monastica claustrale, la quale è, per sua natura, vocazione di “separazione dal mondo”. Ma già alla lettura del Proemio ci si poteva convincere che non era affatto così. Personalmente, lo sentii subito molto consono al mio modo di intendere e vivere la mia vocazione, che era andata maturando proprio nei difficili anni della guerra e dell’immediato periodo post-bellico, quindi a contatto con la più atroce e insensata violenza, a contatto con il dolore umano, nell’esperienza dell’impotenza a lenire tanta sofferenza e a fasciare le ferite di tanti cuori…
Varie sono le difficoltà che rendono più difficile all’uomo di oggi coltivare la Parola per esserne interiormente abitato e fortificato. Innanzitutto il clima di dispersione dell’attuale cultura delle immagini e delle comunicazioni, dove le parole si moltiplicano e si svuotano di senso, e inoltre un diffuso attivismo con sovraccarico di impegni, per cui il tempo non ha più il suo ritmo, le sue feste; ne consegue uno stato permanente di stanchezza, di stress che genera una incapacità, quasi una insofferenza, a fermarsi per dedicarsi gratuitamente alla preghiera e alla lectio divina, ossia allo stare regolarmente a colloquio, a cuore a cuore, con Gesù, per crescere in quella conoscenza che è amore. Infatti, la Parola di Dio non trasforma l’uomo se non scende nel suo cuore e non vi dimora, proprio come avvenne in Maria nel mistero dell’Incarnazione e come Gesù stesso diceva agli apostoli: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23).
Preghiera e missione gemellati nell’azione. Accanto a San Francesco Saverio, non a caso è stata proclamata compatrona delle missioni Santa Teresa di Gesù Bambino, la quale mai si allontanò dalla Francia, ma consumò la sua breve vita entro le mura del Carmelo di Lisieux.
«I Padri conciliari… sentendo profondamente il dovere di diffondere dappertutto il regno di Dio, rivolgono un saluto affettuosissimo a tutti i messaggeri del Vangelo, a coloro specialmente che soffrono persecuzioni per il nome di Cristo, e si associano alle loro sofferenze. Sono anch’essi infiammati da quello stesso amore, di cui ardeva Cristo per gli uomini. Consapevoli che è Dio a far sì che venga il suo regno sulla terra, insieme con tutti i fedeli essi pregano perché, mediante l'intercessione della Vergine Maria, degli apostoli, le nazioni siano quanto prima condotte alla conoscenza della verità (cfr. 1 Tm 2,4) e la gloria di Dio, che rifulge sul volto di Cristo Gesù, cominci a brillare in tutti gli uomini per l'azione dello Spirito Santo (2 Cor 4,6)».
Come abbiamo già avuto modo di vedere, i documenti conciliari trattando i vari ambiti della Chiesa, mettono in chiara evidenza la caratteristica comunionale della vita cristiana. In forza del battesimo, la persona – che già a livello semplicemente naturale esiste solo se è in relazione vitale con gli altri – entra a far parte di una nuova famiglia di ordine soprannaturale. Elemento costitutivo della famiglia dei figli di Dio –– è la comune vocazione alla santità. In quanto cristiani, dunque, abbiamo tutti davanti un’unica mèta, un fine meraviglioso, che dovrebbe ogni giorno dare slancio alla nostra vita: l’anelito alla piena comunione con Dio, attraverso la progressiva conformazione a Cristo, il Figlio che si è fatto uomo, nostro Fratello, per mostrarci il Volto del Padre e condurci a Lui.
La mia ormai lunga esperienza di formatrice e di guida spirituale nella vita monastica mi conferma sempre più che veramente soltanto l’Amore fa crescere la persona umana e fa fiorire le anime nella santità, anche quando esse sembrano fili d’erba avvizziti, senza potenzialità di riprendersi. L’educazione è un miracolo dell’amore, dello Spirito Santo che agisce con tutti i suoi doni di grazia.
Caro e amabile san Giuseppe, come sempre, nel nostro appuntamento mensile con questa rivista che porta il tuo nome, vogliamo attingere una riflessione, uno sprazzo di contemplazione alla luce del tuo esempio; vogliamo entrare e preparare il nostro animo in un clima per una tranquilla lettura che si trasforma in preghiera.