«Questa è la discendenza di Giacobbe. Giuseppe all’età di diciassette anni pascolava il gregge con i suoi fratelli» (Gen 37, 2). Inizia così, inserita in una famiglia, la coinvolgente e stupefacente “storia di Giuseppe” (Gen 37-52), luminosa figura di Cristo, venuto sulla terra per cercare e salvare i suoi fratelli. Nel giorno di Pasqua, l’abate medievale Guerrico d’Igny rivolgendosi ai suoi monaci parlò loro proprio di Giuseppe e, quasi sentisse le loro proteste – «Ma che cosa c’entra? Che cosa c’è in comune tra Giuseppe e la gioia di questo giorno di risurrezione?» – disse: «Un uovo o una noce, fratelli, vi ho offerto; rompete il guscio e troverete il cibo. Si squarci Giuseppe e si troverà Cristo, l’Agnello pasquale».
Le comunità guanelliane del Canton Ticino in Svizzera e alcune lombarde della Provincia Sacro Cuore e delle Figlie di Santa Maria della Provvidenza, hanno partecipato, il 27 gennaio, alla conclusione dell’anno centenario dedicato alla consacrazione episcopale di Mons. Aurelio Bacciarini. Lo hanno fatto in modo particolarmente solenne con una Santa Messa presieduta, nel Santuario del Sacro Cuore a Lugano, da mons. Valerio Lazzeri, vescovo diocesano, e concelebrata da don Marco Grega, superiore della Provincia Sacro Cuore, da don Bruno Capparoni, direttore del Centro Studi Guanelliani e da altri 20 sacerdoti dei quali 17 guanelliani e tre diocesani. Una liturgia eucaristica che ha visto anche la partecipazione di molte consorelle guanelliane, tra le quali la consigliera generale suor Antonietta Ripamonti, di alcuni Cooperatori Guanelliani e di numerosi “ospiti” delle case svizzere: Maggia, Tesserete, Riva san Vitale, e italiane: Como, casa-madre, Casa di Gino, Santa Maria di Lora, Cassago, Nuova Olonio, Milano. Riservata, ma numerosa anche la presenza delle Teresine, l’Istituto secolare, fondato a Lugano da mons. Bacciarini.
Monsignor Bacciarini promosse costantemente i pellegrinaggi, ritenendoli «uno storico trionfo di fede e di pietà», e anche una forma più efficace di apostolato moderno e parte importante del suo ministero episcopale.
In appendice alla sua Lettera, l’autore dell’epistola agli ebrei invita il cristiano a uscire dal suo “accampamento”, dal perimetro della propria vita per avviarsi sempre di più verso Gesù, la sorgente della nostra speranza. In un grappolo di raccomandazioni la Lettera elenca le opere di misericordia, sia corporali che spirituali, pagine bianche di un diario da scrivere con generosità e sempre con un piede alzato per avvicinare e aiutare il povero.
La morte oggi ha molte facce: la gran parte ordinarie, come il morire di vecchiaia e malattia. Un certo numero di morti però è segnata dal clamore e dalla tragedia e su di esse si riempiono le pagine dei giornali. Ad esempio, recentemente una madre, angosciata e disperata, si è procurata dosi di sonnifero, le ha date ai propri due figli e, una volta assopiti, ha iniettato loro un potente veleno uccidendoli. Poi si è tolta la vita.
L’enciclica Humanae vitae ha segnato una grande novità nella vita della Chiesa: è la prima volta che un documento pontificio viene seguito e commentato dalla stampa mondiale con tanta attenzione e spirito critico – trapelano perfino anticipazioni e previsioni fin dai mesi precedenti – ed è la prima volta che il papa è oggetto di vignette umoristiche e soprattutto che il mondo cattolico si divide pubblicamente, clero compreso, nella ricezione del documento.
Già alla fine del mese di ottobre e ai primi di novembre, per tutti c’è un appuntamento fisso: la visita ai nostri defunti. In quella circostanza, la vista di volti familiari aprirà il panorama della memoria. Volti, ricordi, esperienze, date, contemplate senza fretta, susciteranno emozioni e sentimenti di un passato sepolto negli anni, ma vivo di speranza come il bulbo di ciclamino in attesa di primavera.
Nella giornata del 2 giugno il Papa ha ricevuto i rappresentanti dell’Unione italiana Lotta alla distrofia e altre patologie neuromuscolari. In quella circostanza papa Francesco non solo ha elogiato il loro spirito di servizio ma ha dato un colore al tessuto della varietà dei loro molteplici servizi. «La vostra presenza al fianco di queste persone – ha detto – garantisce un’assistenza amichevole, offrendo loro preziosi servizi in ambito medico e sociale». Il Papa ha elogiato le qualità umane dei membri dell’Unione. «Tra le caratteristiche del vostro servizio vi è la gratuità della prestazione, unita all’indipendenza da interessi o ideologie di parte. Gratuità che si accompagna però con la professionalità e la continuità. Ciò è ben richiesto ai vostri soci insieme con altre virtù: discrezione, fedeltà, attenzione, prontezza ed efficacia nell’intervento, capacità di intuire anche i problemi inespressi del malato, umiltà, serietà, determinazione, puntualità, perseveranza e rispetto per il malato in ogni sua esigenza.
Cara Antonietta, non ci siamo mai conosciuti personalmente, ma, con la tua tragedia mi sei entrata nel cuore, eri presente nella mia preghiera. La tua vicenda, sia per un affetto umano sia per una spontanea ammirazione, ha suscitato nel mio animo sentimenti di solidarietà. Pur nella positiva luminosità di queste emozioni, con vergogna, ti devo confessare che nei primi giorni in cui ti trovavi in uno stato comatoso, ignara della mutilazione degli affetti più sacri di una mamma, in cui era precipitata la tua vita, ero tentato di pregare Dio-Padre che riallacciasse sulla riva dell’eternità il ponte crollato che ti legava alle tue figliole. In quei giorni mi veniva in mente la biblica Agar abbandonata in un deserto affettivo. Nella tua vicenda c’era la volontà di cancellare le tue orme lasciate su un tratto di strada percorso in compagnia di una persona amata, c’era una follia da annullare e l’assenza delle tue figliole uccise dalla bufera di una feroce violenza.