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Venerdì, 06 Aprile 2018 09:57

L'avventura della libertà

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Esodo

di Madre Anna Maria Canopi osb

Il Signore segue con amore il cammino dell’uomo e le vicende della storia, non è un Dio lontano, ma un Dio vicino, un Dio che guarda, ascolta, si lascia commuovere, interviene provvidenzialmente.

Mosè ha ormai ottant’anni… Era nato in Egitto nel momento più duro della schiavitù, quando il popolo ebreo era perseguitato a morte. Il Faraone, infatti, aveva dato ordine di uccidere tutti neonati maschi delle donne ebree. Miracolosamente scampato all’eccidio per la pietà della madre e la compassione della figlia stessa del Faraone, Mosè era cresciuto a corte, ricevendo una regale educazione, onori e ricchezze. Giunto all’età di quarant’anni, sentì in cuore il desiderio di liberare i suoi fratelli dalla schiavitù, ma la sua impresa fallì. Rifiutato da loro stessi e perseguitato dal Faraone, fuggì pieno di paura, prendendo la via del deserto. Come un povero profugo, si guadagnò da vivere pascolando il gregge di Ietro. 

Lo ritroviamo quarant’anni dopo… Mosè è ancora là, a pascolare il gregge, come ogni giorno. Ma quel giorno la sua attenzione è attratta da un insolito fenomeno naturale: presso l’Oreb, il monte di Dio, un roveto arde, senza consumarsi (Es 3,2). Benché ormai anziano, lo sguardo di Mosè è ancora vigile e si lascia interpellare da quello che accade: « Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo…» (v. 3). Appena muove i primi passi, una voce lo chiama per nome: «Mosè, Mosè!». Quel deserto, dove tutto sembra squallido, nasconde un tesoro: “qualcuno” lo cerca. Quel roveto è vivo. Ancor più coinvolto, Mosè non esita un istante a rispondere: «Eccomi» e pare di vederlo slanciarsi con impeto verso il roveto, nel mezzo del fuoco, pronto ad una nuova svolta nella sua vita, pronto a ricominciare, con una disponibilità piena, senza neppur sapere che cosa gli verrà chiesto. 

La voce che lo ha chiamato, però, ora lo ferma: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è santo!». L’incontro con Dio richiede purificazione, richiede la consapevolezza di essere creature davanti al Creatore, servi davanti al Signore. Al sentire la voce che lo ferma, subito Mosè si copre il volto ed è colto da grande timore. Come non ricordare la Vergine turbata al momento dell’annunzio dell’angelo? Come Lei, anche Mosè è ora nell’atteggiamento dell’umile, puro ascolto. E Dio dal roveto può rivelare al suo servo il suo disegno di salvezza: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto…: conosco le sue sofferenze». Le sofferenze del popolo sono le sofferenze di Dio, che è fiamma di amore indefettibile tra le spine, nelle prove. Per questo – dice JHWH – «sono sceso per liberare il mio popolo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele» (v. 8). Scende Dio, ma per mezzo del suo servo: «Perciò va’! Io ti mando dal Faraone. Fa’ uscire dall’Egitto il mio popolo, gli Israeliti!». 

Ora che conosce il progetto di Dio, Mosè sente tutta la propria inadeguatezza: «Chi sono io per andare dal faraone?» (v. 11). E ancora: «Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi”. Mi diranno: “Qual è il suo nome?”. E io che cosa risponderò?» (v. 13). In questo momento, Mosè davanti alla chiamata vede solo difficoltà insormontabili. Ma per il Signore l’inadeguatezza dell’uomo non è un ostacolo. Anzi, per i suoi progetti, Egli predilige i deboli, i piccoli, i poveri, perché è Lui stesso che agisce in loro quando si offrono in umile disponibilità. Ecco, dunque, la promessa divina: «Io sarò con te» (v. 12). Questo è il Nome di Dio, con cui Mosè potrà presentarsi ai suoi fratelli. È questo, infatti, il significato profondo dell’«Io sono Colui che sono»: «Il verbo essere ebraico – spiega il teologo e biblista ebreo Paolo De Benedetti – si dovrebbe tradurre con “esserci”, con “Io sono con te”, piuttosto soltanto che “Io sono”. Bisognerebbe dire: “Io ero, sono e sarò con te, con voi… Sarò con voi nelle vostre sofferenze future, come sono adesso con voi nelle sofferenze presenti e come sono stato con voi nelle sofferenze passate». Sostenuto dalla promessa divina, Mosè parte, va di nuovo in Egitto e poi affronta l’avventura dell’esodo, vivendo giorno per giorno, silenziosamente un Eccomi non più dettato dal suo entusiasmo, ma fondato sulla fiducia nella fedeltà di Dio. Con questa forza saprà sostenere il peso di fatiche superiori alle sue forze e guidare per quarant’anni nel deserto un popolo di dura cervice. Con la sua morte sul Monte Nebo dirà l’ultimo sì al Signore che lo chiama a questa grande rinunzia: vedere la terra promessa e non entrarvi. Mistero! Ma con il suo sì Mosè ci insegna che la vera Terra promessa è ancora più lontana, più in alto e si raggiunge con l’obbedienza. 

Come Mosè, anche noi dobbiamo avanzare con fiducia nel cammino della vita sapendo che Dio non cessa mai di amarci e continua a chiamarci perché la nostra vocazione è questa: tornare a Lui con tutto il cuore, amarlo poiché siamo amati. Quando noi divaghiamo un po’ nel nostro cammino e distogliamo lo sguardo del cuore da Lui, allora Egli si presenta anche a noi come un roveto ardente, come un fuoco che brucia il nostro cuore, ma anziché distruggerlo lo rende più vivo e capace di amare. 

Quante volte il Signore ci chiama per nome, per scuoterci, per dirci: «Dove sei, dove vai, che cosa fai?». A ogni suo richiamo anche noi dobbiamo sempre dire come Mosè: «Eccomi, sono qui!», sono per Te. Ed Egli continuamente ci dice: «Io sono Dio, il tuo Dio». Egli è il sostegno della nostra esistenza; Egli è la nostra stessa vita, la nostra salvezza, il nostro Tesoro. Sia tutto per Lui il nostro cuore, perché «seguire il Salvatore è partecipare della salvezza, come seguire la luce significa essere circonfusi di chiarore» (sant’Ireneo). 

Dal roveto ardente, Dio ogni giorno ci chiama a vivere nella luce della verità e dell’amore. Cerchiamo, allora, di rispondere alla sua chiamata e di compiere in tutto la sua volontà come si manifesta nelle situazioni ordinarie dell’esistenza. E se talvolta ci sentiamo deboli, svogliati o incapaci di un eccomi generoso, confidiamo nel suo aiuto: se noi vacilliamo, siamo deboli o cadiamo, il Signore ci rialza, ci sostiene, ci guida, poiché nel suo amore ostinato vuole salvarci tutti, ad ogni costo. Lasciamoci afferrare da Lui e stiamo uniti anche tra di noi, per giungere tutti insieme  alla Pasqua eterna, alla pienezza di gioia nella comunione dei santi.  

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