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Giovedì, 28 Novembre 2024 15:22

La faccia che a Cristo più somiglia

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di don Bruno Capparoni

La Nota del Dicastero per la Dottrina della fede, pubblicata lo scorso 19 settembre ma approvata da papa Francesco già il 28 agosto precedente, che riguarda l’«esperienza spirituale legata a Medjugorje», ha attirato l’attenzione, talora eccessiva, di giornali e televisioni, ma anche quella (più pia e benevola) di tanti cristiani che a quel luogo della Bosnia-Erzegovina sono andati in pellegrinaggio, oppure che sono stati richiamati verso la Madonna e quindi verso la fede da un qualche legame con Medjugorje. 

Abbiamo chiesto a don Gabriele Cantaluppi di sintetizzare gli elementi principali di questo documento (vedi pp. 5-7) per i nostri lettori.

Qui propongo una mia riflessione ancor più semplice e riassuntiva. 

Ho trovato il significato sostanziale del lungo scritto vaticano nelle parole del n. 34: «Si deve così riconoscere che i messaggi che ripetutamente [a Medjugorje] la Madonna chiede di ascoltare sono infine i suoi insistenti inviti alla conversione, a tornare a Cristo, a meditare la sua Parola, a pregare, a cercare la pace. Niente di questo ci allontana o ci distrae dal Vangelo. Pertanto, non sono fedeli al vero spirito di Medjugorje, coloro che sono troppo attenti a fatti straordinari e a presunti messaggi della Gospa [Signora] e non impiegano il loro tempo e le loro energie per pregare con la Parola di Dio, per adorare Cristo, per servire i fratelli e per costruire la pace dappertutto».

Ho pellegrinato anch’io due volte a Medjugorje, invitato da amici mossi da grande entusiasmo per quell’evento, e ne ho riportato sempre la stessa impressione. Quello è un luogo dove si è richiamati a intensa preghiera, a partecipare all’Eucaristia, ad accostarsi alla Confessione. È un luogo dove chi ci va, anche se non per comprovata devozione, sente un richiamo misterioso a ritornare alla fede e a riscoprire, qualora ce ne fosse bisogno, il dono della salvezza cristiana. Sono stato testimone di persone che lì si sono convertite e hanno perseverato in tale trasformazione. 

La Nota vaticana approva dunque la cosiddetta «esperienza spirituale» di Medjugorje per i suoi “frutti”, cioè perché molti uomini, recandosi in quel luogo dove è creduta la presenza di Maria, ritrovano sicuramente il figlio suo, Gesù. Ma questo è proprio il frutto perenne della devozione mariana, riassunta mirabilmente nella formula di quel grande devoto della Madonna che è il Montfort: «Ad Jesum per Mariam»

Come mai Maria possiede una forza così grande per richiamare al Salvatore?

Perché lei è stata la creatura a lui più vicina fino a esserne la vera madre. Perché oltre ad averlo portato nel grembo e allattato, è colei che più perfettamente, senza la minima ombra di incertezza (senza il minimo peccato) ha ascoltato la parola di Dio e l’ha osservata. Perché lei assomiglia, più di ogni altro essere, a Gesù e quindi, quando lei si mostra, le sue fattezze sono quelle del Figlio. Questa ultima intuizione non è mia, ma l’ho presa dal sommo Dante, che mette sulla bocca di san Bernardo questo invito:

«Riguarda omai ne la faccia che a Cristo

più si somiglia, ché la sua chiarezza

sola ti può disporre a veder Cristo».  Dante, Paradiso XXXII  

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