Ma è anche la prima volta che si alza qualche voce femminile a commentare l’enciclica in modo diverso dagli uomini, anche se il femminismo vero e proprio non si è ancora affermato.
Infatti è la prima volta che un documento della Chiesa viene accolto diversamente dalle donne che dagli uomini – almeno in qualche misura – e a questa differenza si aggiunge quella fra Occidente e Terzo mondo. Mentre i Paesi avanzati sono ossessionati dalla “bomba demografica” e le donne cominciano a intravvedere nella pillola la loro liberazione, nel Sud del mondo il controllo demografico si presenta nelle vesti non molto liberali delle sterilizzazioni forzate. Qui l’Humanae vitae è accolta come un documento di liberazione anticoloniale, un aiuto per le donne a rivendicare la libertà sul proprio corpo.
Un testo simile non poteva che essere controverso e per molti aspetti incompreso. Oggi che la ricerca sui metodi naturali di regolazione delle nascite ha fatto tanti passi in avanti, la vediamo con altri occhi, vicini a quelli delle giovani ecologiste che rifiutano la pillola per motivi di salute. A lungo etichettati come “cattolici”, i metodi naturali di osservazione del ciclo seducono sempre di più negli ambienti ecologistici. Sembrano lontani i tempi del terrore di un altro figlio. Il testo dell’Humanae vitae è sconosciuto al grande pubblico nel bene e nel male, al bilancio fallimentare della sua ricezione che nessuno ha avuto il coraggio di fare pubblicamente. Cinquant’anni: un anniversario da ricordare con coraggio e celebrare con attenzione, soprattutto da parte delle donne.
(Lucetta Scaraffia da Donne Chiesa Mondo, Mensile dell’Osservatore Romano, Settembre 2018)