I testi proposti, anche del prossimo numero, sono parte del programma annuale 2019 concordato già con Madre Cánopi e presi da registrazioni di Lectio che aveva tenuto.
Aprendo la Sacra Scrittura nelle pagine del libro del profeta Geremia, ci troviamo di fronte ad una situazione di inaudita attualità. Il popolo di Israele – e noi possiamo mettere il nome di tanti altri popoli del Medio Oriente, dell’Africa, dell’America latina… – vive un momento drammatico: privo di una guida saggia e fedele, è deportato, sottomesso a potenze straniere, trascinato all’idolatria. In una parola, spezza l’alleanza con il Signore, solennemente sancita da Mosè e più volte rinnovata lungo il cammino dell’Esodo fino all’ingresso nella terra promessa e oltre.
Iniziando le sue Catechesi sulla speranza cristiana, papa Francesco tratteggiava con poche parole il panorama del nostro tempo. Un tempo – diceva (e non si può che concordare) – che appare oscuro, «in cui a volte ci sentiamo smarriti davanti al male e alla violenza che ci circondano, davanti al dolore di tanti nostri fratelli. Ci sentiamo anche un po’ scoraggiati, perché ci troviamo impotenti e ci sembra che questo buio non debba mai finire» (7 dicembre 2016). Tuttavia, proseguendo affermava che quanto più i tempi sono oscuri e difficili, tanto più il cristiano è chiamato ad offrire la testimonianza di una «speranza viva», di una speranza che non vacilla neppure davanti alle più grandi tragedie. Come è possibile? Si può sperare contro ogni speranza perché – affermava il Papa – «Dio con il suo amore cammina con noi».
Continuando il nostro viaggio biblico, incontriamo Gedeone, un personaggio molto caratteristico: pieno di titubanze e di resistenze, pieno di domande e di obiezioni, non teme di contestare Dio, ma lo fa con quella schiettezza e quella spontaneità che non chiudono il dialogo e non spezzano l’amicizia, anzi, la approfondiscono e la rendono più forte e più vera.
Adamo ed Eva, Noè, Abramo, Mosè… Cercata e chiamata da Dio, l’umanità smarrita in una terra di triboli e spine, ha iniziato il cammino di ritorno al Padre, sempre sostenuta dalla sua costante e amorevole presenza: «Non temere, io sono con te!».
Benedetta da Dio, la discendenza di Abramo è feconda per grazia. Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, i dodici capostipiti delle dodici tribù di Israele. Dopo il lungo pellegrinare di Abramo, questo primo nucleo del popolo eletto si stabilisce nella terra di Canaan ancora del tutto ignaro del proprio destino nel mirabile disegno di Dio a salvezza dell’umanità caduta nel peccato e perciò preda della morte.
Come scrive san Gregorio di Nissa, la storia procede di inizio in inizio, verso sempre nuovi inizi; non inizi che annullano il passato, ma inizi che portano sempre “oltre”: oltre ogni pensiero ed immaginazione, oltre ogni umana possibilità. Ad ogni “fallimento” dovuto alla fragilità dell’uomo, Dio risponde con un “di più” di amore e si fa conoscere sempre di più come un Dio paziente, un Dio vicino, un Dio con l’uomo.
«Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona» (Gen 1, 31). Con questa visione di pace e di bellezza si conclude il racconto della creazione. Poi, Dio «cessò da ogni suo lavoro» (Gen 2, 2) e in questo suo riposo passeggiava nell’Eden, dialogando con la creatura umana, fatta a sua immagine e somiglianza. Gioia ineffabile era la piena corrispondenza tra il Creatore e la creatura!
Ma questa gioia ben presto si mutò in paura e pianto a causa della tentazione e della caduta di Adamo ed Eva (cf. Gen 3, 1-24). Incomprensibile mistero d’iniquità!
«In principio Dio creò il cielo e la terra» (Gen 1, 1): creò la luce, creò il sole, la luna e le scintillanti stelle, creò le innumerevoli specie di animali e di piante. Con la sua Parola onnipotente dal nulla diede vita al cosmo. E Dio vide che era cosa buona e bella. E se ne rallegrò. Sì, tutto ormai era pronto per la sua ultima opera, il suo capolavoro: «Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza…”.
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