Dopo la lunga e faticosa traversata del deserto, il popolo eletto è finalmente entrato nella terra promessa, dove scorre latte e miele. Sono dunque finite le prove? Tutt’altro! Dimenticando l’alleanza stabilita con Dio, il popolo non tarda ad abbandonarsi all’idolatria e a vivere disordinatamente, infedelmente. Ben presto si trova, preda di tutti i potenti di questo mondo, pronti a divorarlo. Tra questi nemici emergono i Madianiti, una popolazione pagana che ripetutamente invade la terra di Israele, la saccheggia facendo scorrerie e lasciando dietro di sé distruzione e miseria.
In tanto disorientamento, ecco apparire la figura di Gedeone. Lo troviamo al lavoro, mentre nascostamente batte nel frantoio il grano dei suoi campi, per sottrarlo ai nemici. Proprio mentre sta lavorando – particolare non trascurabile – un angelo del Signore gli appare e gli dice: «Il Signore è con te, uomo forte e valoroso!» (Gd 6,11).
Il Signore è con te. Bastano queste parole per far sussultare il cuore di Gedeone che subito si sfoga e fa quella domanda che tutti noi ci portiamo dentro nelle ore difficili, quando tutto quello che accade ci sembra troppo difficile da accettare e sopportare: «Perdona, mio signore: se il Signore è con noi, perché ci è capitato tutto questo?».
L’angelo, quasi ignorando questo sfogo di Gedeone, continua ad annunziare il messaggio per cui è venuto: «Va’ con questa tua forza e salva Israele dalla mano di Madian; non ti mando forse io?». È come se gli dicesse: tu ora cerchi un piccolo rimedio contro gli attacchi del nemico; occorre, invece, affrontarlo apertamente, con coraggio, per sconfiggerlo definitivamente. Questa è la missione che il Signore ti affida per tutto il popolo. Non temere! Il Signore è con te.
Gedeone di nuovo reagisce con tutte le sue forze: «Perdona, mio signore: come salverò Israele? Ecco, la mia famiglia è la più povera di Manasse e io sono il più piccolo della casa di mio padre». Non sono affatto quell’uomo forte e valoroso che tu pensi; io sono sproporzionato per quello che mi chiedi. Incurante delle proteste, il Signore rinnova la sua chiamata e la sua promessa: «Io sarò con te e tu sconfiggerai i Madianiti come se fossero un uomo solo» (v. 16). Ed è come se dicesse: sì, è vero, tu sei piccolo e debole, ma io sono la tua forza.
Gedeone comincia a comprendere che si tratta davvero di una chiamata divina. Perciò fa la sua offerta, sulla quale scende la benedizione del Signore: «La pace sia con te, non temere» (v. 23).
Tuttavia, nel suo cuore è ancora titubante; vuole un segno sicuro e lo chiede: «Io metterò un vello di lana sull’aia: se ci sarà rugiada soltanto sul vello e tutto il terreno attorno resterà asciutto, io saprò che tu salverai Israele per mia mano» (vv. 36-37). E così avvenne. Non basta ancora; ora vuole in contro-segno: resti asciutto il vello e sia bagnato di rugiada il terreno attorno (v. 39). E così avvenne. Gedeone non può più tergiversare; non può abusare ulteriormente della pazienza di Dio… Deve proprio prepararsi alla grande battaglia. E lo fa secondo i propri criteri, che corrispondono ad una mentalità umana, molto umana. Cerca uomini disposti ad arruolarsi e ne trova molti, moltissimi. Forse comincia anche a sentirsi sicuro, a sentirsi davvero un uomo forte e valoroso.
Ma ora è il Signore che lo mette alla prova. Quell’esercito è troppo numeroso. E così lo decima una prima e una seconda volta, finché non restano se non trecento uomini: un’inezia per fronteggiare un nemico fortissimo e agguerrito, come una pulce di fronte ad un leone.
Eppure il Signore ancora non si accontenta. Quei trecento uomini sono troppo armati. Via le lance, gli scudi, le frecce. Via tutto. Andate a combattere con fiaccole, trombe e brocche. E Gedeone – mirabile conversione – non controbatte più. Facendosi docile strumento nelle mani di Dio per la salvezza e liberazione del popolo, accetta di ridurre il numero dei combattenti e accetta anche di combattere non con le armi, ma con il suono delle trombe, con le brocche e con le fiaccole accese, vale a dire con la preghiera, con la propria fragilità, con la fiducia nel Signore, sapendo che è Lui ad agire.
Così nel cuore della notte accade l’impossibile. Mentre regnano le tenebre, quei pochi uomini alla flebile luce delle fiaccole, suonano le trombe, spezzano le brocche… Tale è il fragore che i madianiti, svegliati di soprassalto, ma ancora in preda al sonno, pensano di essere assaliti da un esercito sterminato e, presi da grande paura, fuggono: fuggono senza neanche combattere. La vittoria è piena, la liberazione del popolo totale. Il nemico è sconfitto non con la forza delle armi, che non hanno, non con la potenza dei combattenti (sono delle povere brocche…), ma con l’obbedienza al Signore.
Come per Gedeone, anche per noi davanti ad una prova, a una sofferenza, a un problema insolubile è sempre difficile credere umilmente che in quella situazione Dio è con noi, è presente per salvarci e per manifestarci il suo amore; è molto facile, invece, lamentarci e persino rimproverare Dio di non prendersi cura di noi. Questo rivela la nostra incapacità a leggere la storia con uno sguardo soprannaturale. Quanti «perché» escono anche dalla nostra bocca!… Perché Dio ha voluto salvare il mondo sacrificando il suo Figlio? Non poteva salvarlo con una sola parola onnipotente come la sola parola ha creato l’universo intero? Perché? Non è facile rispondere a questi «perché» che sgorgano da cuori agitati e provati dalla vita. Dio stesso – e ci dà l’esempio – non risponde, non entra a contesa con Gedeone, lascia che si sfoghi. Dio ha pazienza, ma pian piano lo conduce alla fede, risveglia in lui la fiducia e dalla fiducia nasce l’obbedienza. La risposta agli umani «perché» va sempre oltre all’umana misura di comprendere… L’amore di Dio non sceglie ciò che è facile, ma ciò che costa di più, ciò che vale di più. Sceglie sempre il dono smisurato e pienamente gratuito. Questo ci chiede un superamento di noi stessi, di rinnovare il vostro modo di pensare (cf. Rm 12, 2). Noi, invece, come Gedeone, chiediamo segni su segni e, quando preghiamo, vogliamo vedere subito dei risultati concreti, secondo le nostre attese. Se ci pare di non essere esauditi, subito vacilliamo: «Ma il Signore c’è o non c’è, ascolta o non ascolta, è in mezzo a noi, con noi, sì o no?» (cf. Es 17,7). Cedendo al dubbio, cerchiamo di affrontare le situazioni difficili con mezzi umani, con le nostre sole – povere – forze. Ma l’episodio di Gedeone ci insegna che nella lotta quotidiana contro le tentazioni – ecco il Madian che vuole devastare i campi del Signore, l’umanità – dobbiamo ogni giorno ascoltare l’angelo che appare anche nella nostra aia, davanti ai nostri occhi interiori, se noi quotidianamente andiamo a “battere il grano” della Sacra Scrittura nella cella del nostro cuore, custodendola e meditandola anche mentre siamo impegnati nelle nostre normali attività. Allora anche per noi risuona la parola: «Il Signore è con te». Sì, sempre il Signore è con noi per aiutarci, per sostenerci, per farci superare le difficoltà, e addirittura per renderci a nostra volta un sostegno e un aiuto per i nostri fratelli.
Per affrontare le prove e mettere in fuga i Madianiti, che talvolta possono anche essere soltanto le nostre paure, abbiamo i mezzi di grazia davvero efficaci: la preghiera, fiaccola accesa nella notte, l’umiltà di non confidare nelle nostre forze, riconoscendo che siamo fragili come l’argilla, e la piena fiducia nel Signore, lasciando a Lui la regia della nostra vita, anche quando ci sembra che usi mezzi inadeguati, persino assurdi. Ma il Signore compie meraviglie che mai potremmo immaginare servendosi di strumenti umili, umilissimi. A noi sia concesso di aderire umilmente ai suoi piani, con il sì di Maria e con il grato stupore di Gesù che, esultando nello Spirito, loda e benedice il Padre: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza» (Lc 10,21).
Preghiamo anche noi il Padre, con piena fiducia, perché possiamo vivere sempre credendo al suo amore e perché sappiamo ringraziarlo riconoscendo la sua presenza nella nostra vita e nella storia.
(Testo tratto da registrazione)