Nella convinzione di rendere cosa gradita ai nostri lettori che leggono sulla nostra rivista gli articoli letterari del nostro stimato e prestigioso collaboratore, padre Ferdinando Castelli s.j., con il suo consenso pubblichiamo parte della prefazione al volume «Sentinelle dell’Assoluto. Monaci, frati e suore raccontati dagli scrittori». In questo volume si possono leggere quindici classici che hanno descritto monaci, frati e suore. Si passa da Dostoevskij a Luca Desiato, da Léon Bloy a Diego Fabbri, da Georges Bernanos a Mario Pomilio, da Gilbert Cesbron a Rodolfo Doni, ecc…
Thomas Merton è un giovane dalla vita disordinata e dissoluta, aspirante poeta. Visitando le basiliche paleocristiane di Roma, viene a trovarsi dinanzi al mosaico del Cristo giudice dominante l’abside dei Santi Cosma e Damiano. «L’effetto di quella scoperta fu terribile», confessa raccontando la sua conversione nel volume “La montagna dalle sette balze”. Fu il rivelarsi del divino sull’umano, dello spirito sulla materia, della vita sulla morte. «Fu là che vidi per la prima volta Colui che ora servo come mio Dio e mio Re, Colui che presiede e governa la mia vita». Che cosa ha visto, col passare dei giorni, scrutando l’immagine di Cristo? Ha visto «un abisso di amore e di pace, quell’abisso era Dio».
La rivelazione lo sconvolge; all’amore non si può resistere. A ventisei anni, nel 1941, entra nell’abbazia trappista di Nostra Signora di Gethsemani, nel Kentucky, consacrando la sua vita a cantare l’amore di un Dio che per noi si è fatto uomo, amandoci fino al dono supremo di sé. Il suo canto raggiunge i toni alti quando esprime la gioia del dono totale di sé a Colui che per noi ha donato tutto se stesso. Thomas Merton, morto nel 1968, è l’icona di una vita che si dona all’Amore.
La vita consacrata si fonda e si sviluppa su una verità sconvolgente rivelataci da San Paolo nella Lettera ai Galati (2,20): «Dio mi ha amato e ha consegnato se stesso per me». La conseguenza che ne deduce un’anima nobile, illuminata dall’Alto, è immediata: amerò Dio e consegnerò me stesso per Lui.
Ecco la definizione della vita donata totalmente al Signore. Mentre l’ateismo e la secolarizzazione rifiutano o accantonano Dio, negando o dimenticando la sua sovranità, la consacrazione religiosa si fonda sul primato di Dio e sulla fede nel Cristo redentore; stabilisce pertanto una vita nel regno di Dio, dilatando al massimo questo regno che il battesimo e la cresima hanno instaurato nell’anima.[…]
In questo volume presento sedici significativi testi sulla vita consacrata di altrettanti autori, narratori o drammaturghi. In essi ci si interroga sul significato di questa scelta, le sue motivazioni di fondo, le sue dimensioni, la sua incidenza sulla persona e sulla società, le difficoltà che in essa si incontrano, l’importanza dell’aggiornamento e della fedeltà al carisma del fondatore. […]
«La carrellata continua» ho intitolato l’ultimo capitolo del volume. In realtà, l’argomento richiederebbe una trattazione più vasta e articolata. Per motivi di spazio ho dovuto fermarmi, limitandomi a una sintetica ed essenziale presentazione di alcuni autori che sulla vita consacrata - non sui semplici preti, si badi, chè la trattazione sarebbe sconfinata - hanno pubblicato volumi particolarmente significativi. Se mi si chiedesse di sintetizzare in una semplice battuta la concezione che quasi tutti gli autori presentati hanno della vita consacrata, riporterei l’affermazione di Julien Green dopo aver incontrato Jacques Maritain, «consacrato» con la moglie Raissa in un «Ordine speciale»: «Mi trovavo dinanzi a uno di quegli uomini che danno l’impressione di essere venuti da un altro mondo».
La vita consacrata è la testimonianza di un altro mondo.
Il romanzo di Graham Greene, Il potere e la gloria, ha una finale drammatica, che lascia pensosi. Siamo nel Messico, al tempo della persecuzione religiosa. Braccati dagli emissari dei Rossi, molti fedeli fuggono, si nascondono, storditi dalla paura. Padre José, prima prete energico e dignitoso, costretto alla clandestinità, è ridotto in uno stato che rasenta la bestialità. È l’ombra di se stesso. Tradito e fatto prigioniero, è condannato a morte.
Prima di morire, con la mente confusa, tutto uno straccio, fa il bilancio della sua vita, piangendo. “ Provava soltanto una delusione immensa, perché doveva andare verso Dio a mani vuote, senza aver fatto nulla. Gli pareva che sarebbe stato così facile essere santo! Ci sarebbe stato bisogno soltanto di un po’ di freno e un po’ di coraggio. Si sentiva come qualcuno che per pochi secondi avesse perduto l’appuntamento con la felicità…
La figura di Gesù non cessa d’interessare, inquietare e affascinare l’uomo di ogni tempo. Oggi forse più che nel passato. Si calcola che nel Novecento siano stati pubblicati centomila volumi – di teologia, di esegesi, di letteratura – sulla figura di Gesù. In questa foresta bibliografica è difficile orientarsi. Ci sono certamente opere notevoli per serietà e valore storico e teologico, ma anche pubblicazioni discutibili, superficiali e ambigue. Consideriamo pertanto un autentico dono – per la fede, la chiarezza teologica e il fascino delle prospettive che offre – il secondo volume di Gesù di Nazaret, firmato da J. Ratzinger – Benedetto XVI, recentemente pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana (pagine 348, € 20,00). È un autentico dono perché ci permette una visione chiara ed esauriente degli ultimi giorni della vita di Gesù, densi di significato e di mistero.
Il 30 giugno 1912 don Bacciarini riceve l’investitura di parroco
e otto giorni dopo ufficialmente promuove e organizza la carità verso i poveri con le Dame di San Vincenzo
con il compito di visitare gli infermi a domicilio e le famiglie dei poveri e portare loro aiuti materiali e spirituali.
Non poteva essere diversamente per un prete di don Guanella. Pur diverso dal «padre dei poveri» per temperamento, per formazione e sensibilità culturale, Bacciarini ne era fedele discepolo nella spiritualità e nella missione. Don Guanella aveva fatto di Matteo 25 la sua pagina di Vangelo da testimoniare davanti alla Chiesa e al mondo. Ogni suo seguace, ieri come oggi, non può non vibrare sulla stessa lunghezza d’’onda.
Accanto alle Madri cristiane, alle associazioni dei fanciulli e dei giovani,
a don Bacciarini stavano a cuore le migliaia di uomini, di padri che non frequentavano
la chiesa e diceva: «se bastasse la mia vita per attirarli a Dio,
la donerei oggi per far vivere la vita cristiana ai nostri uomini»
Non sapeva rassegnarsi a quanto le statistiche, ancor oggi, confermano: gli uomini, pur credenti, sembrano preferire il bar alla chiesa. La frequenza alla Messa, le sane pratiche tradizionali restano, ordinariamente, appannaggio, talvolta esclusivo, delle donne. In famiglia si addebita loro, quasi una tassa da pagare, il compito della rappresentanza davanti a Dio e alle autorità ecclesiastiche.
Nella sua strategia pastorale don Aurelio scommette sul genio femminile
e chiama a raccolta in associazione «le madri cristiane» e le mette sotto la protezione
di Santa Monica, la mamma di Sant’Agostino. Le preghiere e la forza educativa
delle anime erano energie vitali per salvaguardare la fede dei figli.
Se negli anni '50, a Roma, sentivi parlare della Parrocchia San Giuseppe al Trionfale, avevi la stessa impressione di quando, a scuola, da ragazzo, si parlava della prima della classe. Una bella parrocchia, ben organizzata, che esprimeva e si pregiava di un'associazionismo laicale tanto variegato, quanto numeroso; fornita di operatori pastorali laici con elevata formazione e professionalità nel servizio, note apprezzate anche a livello diocesano.
«Il parroco anche nella più piccola parrocchia del mondo,
è sempre un capitano nella grande famiglia di Cristo
e l’idea di una vasta solidarietà è inseparabile con il suo apostolato»
Esiamo nel lontano 1912.
Nessuna meraviglia. Lo ha, da tempo, anticipato Giovanni Paolo II: lo conferma ogni approfondimento culturale in merito; lo dice lo stesso termine. Da sempre, l'evangelizzazione o è nuova, o non è. Novità di un annunzio bello, atteso, che sorprende, affascina e orienta verso un futuro diverso e gioioso.
Il ministero di don Aurelio era peregrinare nella case e baracche del quartiere.
Ad imitazione di don Guanella che diceva che «i poveri bisogna andare a cercarli», don Aurelio era un moto perpetuo: battesimi ai piccoli e ai grandi, matrimoni da regolarizzare, infermi e vecchi da assistere, disoccupati, sfrattati. A tutti si interessava pur di guadagnare le anime a Dio
Il papa Benedetto XVI nel messaggio per la Giornata delle comunicazioni ha parlato del silenzio, affermando che «Dal silenzio deriva una comunicazione ancora più esigente che chiama in causa la sensibilità e quelle capacità di ascolto che spesso rivela la misura e la natura dei legami interpersonali». Sappiamo che don Aurelio Bacciarini, prima di essere parroco a San Giuseppe, aveva scelto di immergersi nel silenzio della Trappa delle Tre Fontane, ma Dio pensava altro per lui e, pur a malincuore, ha fatto di quel silenzio la miniera di sensibilità per la sua missione pastorale.
Apochi mesi dalla proclamazione a Santo di Don Luigi Guanella (23 ottobre 2011), è stato pubblicato un consistente bilancio della sua vita e del suo grande lascito che dalla prima attività di un povero prete in mezzo a difficoltà e ostilità ha cominciato a fiorire e si trova oggi in piena espansione nel momento della glorificazione del fondatore dell'Opera e della Congregazione.
Il libro, pur dando spazio alla celebrazione e diffondendosi nella parte descrittiva e nella splendida documentazione fotografica, ha evitato quel compiacimento tipico di queste pubblicazioni mirando, negli interventi e nella parte documentaria, a fornire un quadro completo, nei limiti dello spazio predisposto, della storia, della situazione sociale, del tempo, dei fatti, del pensiero del Santo, autore anche di numerosi volumi, dello spirito religioso e pedagogico, delle figure che lo hanno affiancato e poi hanno proseguito la sua opera fino ai nostri giorni. Un volume che è un tributo e un ringraziamento al Fondatore e all'Opera Guanelliana, ma anche uno strumento utile e pratico per chiunque voglia sapere chi è stato San Luigi, cosa ha fatto, detto, predicato, da dove sia venuto e dove sia approdata la sua Opera quando ha lasciato la terra per il Cielo e come sia proseguita.
Don Luigi Previtali è subentrato nel ruolo di parroco a Don Aurelio Bacciarini, il quale alla morte del Fondatore è stato chiamato a governare la giovane Congregazione, erede naturale fu don luigi Previtali che si trovava a Roma ancora prima che arrivasse don Aurelio. Era un giovane promettente, laureato in Diritto canonico e discepolo di grandi maestri: da ragazzo, nel seminario di Bergamo, ha avuto come educatore il giovane Angelo Roncalli, il futuro Beato Giovanni XXIII. Don Guanella se l’è tenuto accanto con affetto e stima. Nei tre anni in cui è stato a coadiuvare il Venerabile Aurelio Bacciarini ha appreso lo stile e l’ardore pastorale di questo santo prete. L’ha imitato talmente bene che al termine del suo mandato di parroco al Trionfale, come del resto era un desiderio mai cancellato di Bacciarini, si ritirò in un monastero di clausura, nel Romitorio di Calmaldoli, ma per la sua fragile salute dovette desistere e ritornare in Congregazione.