I mosaici che “illuminano” l’abside, il catino absidale e l’arco trionfale che lo precede,
risalgono agli anni 1963-64 e sono stati eseguiti dai Fratelli Toniutti di Bollate (Milano)
della Scuola del Mosaico di Spilinbergo, su cartoni dei fratelli Pio e Silvio Eroli di Roma
I mosaici che ornano la facciata sono tre e sono collocati entro le lunette sopra i tre portali, risalenti alla costruzione della facciata, mentre i mosaici furono messi in opera nel 1937. Eseguiti dallo Studio Vaticano del Mosaico, presentano due angeli nelle lunette laterali e San Giuseppe col Bambino in quella centrale. Le figure sono colte tutte a mezzo busto per ottemperare le esigenze di visibilità in relazione allo spazio.
Il mosaico centrale presenta San Giuseppe che tiene, tra le braccia, il Bambino infante che allunga le manine quasi ad accarezzare la barba bianca del vecchio padre terreno. La dolcezza affettiva del gesto e dell’incrocio degli sguardi perfettamente si inserisce nell’ambientazione, offerta da un bosco rigoglioso, con in primo piano la pianta di melograno con i suoi frutti simbolo della Chiesa, che si apre su un lago dalle verdi sponde. La luce calda del giorno, ammorbidita quasi dal filtro degli alberi, avvolge i due protagonisti. Un bordo rosso perimetrale, appena visibile, accentua l’effetto di profondità.
L’arte non è una cosa puramente individuale, è un’istituzione sociale come la lingua,
l’architettura, la musica. è lo sviluppo di una tradizione che si modifica e cerca linguaggi
nuovi per offrire sempre un messaggio di bellezza, in particolare nell’arte sacra
Siamo quasi alla conclusione di questi «inserti» in cui abbiamo raccontato il pellegrinaggio storico della basilica di San Giuseppe al Trionfale. Abbiamo scritto le vicende del passato che hanno creato le condizioni favorevoli per l’inizio dei lavori.
Pur avendo solo cento anni la chiesa del Trionfale si presenta con dignità, raffinatezza e grazia come sintesi di un’opera d’arte che abilita e favorisce la preghiera. In questa fase conclusiva, dobbiamo condividere l’affermazione che «l’architettura è essenzialmente un’arte cooperativa»: infatti, l’ingegner Aristide Leonori è stato il tecnico e don Guanella è stato il mentore di alcune caratteristiche. Non dimentichiamo che è di don Guanella l’idea delle colonne marmoree delle cave di Baveno, sua l’iniziativa nel recuperare le porte smesse del duomo di Milano. L’arte, la pastorale e le esigenze dell’ambiente hanno consegnato alla storia una chiesa, ma soprattutto un’anima al popolo. Ammirando la basilica di San Giuseppe abbiamo la registrazione di un frammento importante della storia di questo Quartiere. L’uomo dimenticando ed escludendo Dio dalla sua vita non può fare altro che nutrire sentimenti di malvagia rivalità. Nella progettazione dell’ingegner Leonori emergono due elementi costitutivi: la lode a Dio e la dignità restituita agli abitanti poveri del Quartiere.
Da sempre, e soprattutto oggi, il Natale di Gesù è l’invito alla scoperta del Dio vicino. Un giorno ha detto agli apostoli: «Io sono con voi sino alla fine dei secoli». Gesù è il nostro contemporaneo e, quando ha parlato della fede, l’ha paragonata a un tesoro nascosto e ad un uomo che trovatolo investe in esso tutto quello che possiede.
Il tesoro di cui parlava Gesù non era il diamante d’inestimabile valore, ma il tesoro della fede, in cui Dio Amore regala il senso dell’esistenza, il timone che mantiene la rotta verso la meta della santità.
Da Betlemme parte l’avventura di Dio che si fa vicino a ogni persona e non ci fa sentire orfani.
Come San Giuseppe ha stretto tra le braccia Gesù, così Dio ci prende nelle sue braccia, ci solleva sino a guardarci negli occhi e ci ripete: «Non avere paura del futuro, ti sto accanto per aiutarti a vivere in pienezza la tua esistenza». Abbiamo bisogno di amore ed è questo respiro dell'amore a spingerci a ricercare il volto di Dio che, a Natale, si nasconde nelle sembianze di un bambino.
Il racconto evangelico di quell’evento singolare registra la presenza dei pastori, di umili personaggi del luogo, ma anche dei modelli dei cercatori di Dio: i Magi.
Questo libretto, il più diffuso dalla Pia Unione, è una raccolta di preghiere e invocazioni, per impetrare dal caro San Giuseppe il suo patrocinio e la sua intercessione per le grazie che attendiamo.
Il libretto presenta la devozione di San Luigi Guanella verso San Giuseppe; una devozione insita nel suo animo fin dalla fanciullezza, che lo accompagnerà per tutta la vita e nella sua attività di Fondatore, tanto da edificare nel quartiere Trionfale una chiesa in suo onore, oltre ad eleggerlo come “patrono” dell’Opera.
Don Guanella lo ripeteva spesso: «è Dio che fa». L’idea nasce nel cuore delle vicende umane,
ma la sua realizzazione è frutto dell’energia divina congiunta alla passione degli uomini.
Lo è stato anche per la Pia Unione del Transito di San Giuseppe: un’idea nata dal cuore
di don Guanella e realizzata e diretta da generosi e validi collaboratori. Questo manipolo
di uomini ha tessuto con passione ed entusiasmo questi primi cento anni di luce,
di grazia e partecipazione, a momenti impegnativi nella vita di milioni di persone.
Don Guanella aveva un carattere intrepido. Alla vigilia della sua ordinazione sacerdotale tra i suoi propositi si leggevano parole di un ardore incandescente: «Voglio essere spada di fuoco nel ministero sacerdotale» e lo fu, tant’è vero che il papa Pio XI lo ha definito: «il Garibaldi della carità». La sua tensione e passione verso il bene da compiere egli stesso la paragonava all’impetuoso torrente «Rabbiosa», che lambiva le case del suo paesino.
In una stagione difficile per la Chiesa, come fu il periodo dell’Unità d’Italia, don Guanella si fece tenace banditore del bene che le comunità cristiane andavano seminando nel paese. Far conoscere il bene compiuto non era orgoglio o vanità, ma far conoscere l’agire di Dio nella storia degli uomini. Don Guanella ripeteva spesso: «è Dio che fa». Il bene e la carità degli uomini non è altro che il prolungamento dell’azione di Dio nella nostra vita concreta.
Il primo iscritto alla Pia Unione fu San Pio X, fu seguito con uguale entusiasmo da Benedetto XV, al quale si aggiunsero altri santi come San Massimiliano Kolbe, San Luigi Orione,
il Beato Giacomo Alberione, Giovanni Calabria e decine di migliaia di sacerdoti iscritti
sia alla Pia Unione di preghiere per i morenti che alla Messa perenne.
Accanto ai sacerdoti e vescovi si aggiunsero centinaia e centinaia di migliaia di laici.
Alla fine del 1913 gli iscritti alla Pia Unione solo in Italia arrivavano a 1.700.000.
I primi riferimenti sul bollettino “La Divina Provvidenza”, edito dalla Casa Madre di Como come organo di informazione delle opere guanelliane, riportano che, nell’ottobre del 1908, il Papa Pio X propone a don Guanella di erigere una chiesa in una zona bisognosa e di forte espansione in Roma. Una chiesa «da dedicarsi a San Giuseppe in omaggio a Pio X». Il mese successivo, sempre su “La Divina Provvidenza”, si precisa che la chiesa sarà «dedicata al Transito di San Giuseppe».
Nel marzo del 1909 si specifica ulteriormente: «Sarà dedicata a San Giuseppe in onore del papa Giuseppe Sarto, in occasione delle feste giubilari».
La nostra società ha emarginato le realtà importanti della vita.
In questo cassetto è finito il senso di responsabilità, il valore dell’onestà, il culto della pace
così sono state segregate le verità forti che riguardano «il» fine e «la» fine della vita
Dal momento in cui Adamo ed Eva hanno trovato morto ai loro piedi il figlio Abele, una domanda sta percorrendo la storia dell’umanità: il mistero della morte. L’istinto insopprimibile alla vita viene soffocato dalla morte. Dice un proverbio arabo: «Non c’è nulla di più scontato dell’aria. Ma guai a non respirarla!». è talmente naturale respirare senza pensare così come avviene anche per la morte… degli altri. La nostra società ha emarginato le realtà importanti della vita. In questo cassetto è finito il senso di responsabilità, il valore dell’onestà, il culto della pace così sono state segregate le verità forti che riguardano «il» fine e «la» fine della vita.
La visitazione di Maria alla casa di Elisabetta ci dice che non ha fatto di questo singolare privilegio un vanto, ma un servizio. Per accogliere bisognauscire da sé; per edificare è necessario faticare: il sudore della strada, l’impegno a pregare, il sacrificio nel donare tempo, sorriso, conforto, consolazione agli altri. Maria è uscita fisicamente da casa. Elisabetta esce in strada per accogliere Maria e annunciare la benedizione di tutte le genti a Maria per aver creduto e insieme lodano Dio.