Le comunità guanelliane del Canton Ticino in Svizzera e alcune lombarde della Provincia Sacro Cuore e delle Figlie di Santa Maria della Provvidenza, hanno partecipato, il 27 gennaio, alla conclusione dell’anno centenario dedicato alla consacrazione episcopale di Mons. Aurelio Bacciarini. Lo hanno fatto in modo particolarmente solenne con una Santa Messa presieduta, nel Santuario del Sacro Cuore a Lugano, da mons. Valerio Lazzeri, vescovo diocesano, e concelebrata da don Marco Grega, superiore della Provincia Sacro Cuore, da don Bruno Capparoni, direttore del Centro Studi Guanelliani e da altri 20 sacerdoti dei quali 17 guanelliani e tre diocesani. Una liturgia eucaristica che ha visto anche la partecipazione di molte consorelle guanelliane, tra le quali la consigliera generale suor Antonietta Ripamonti, di alcuni Cooperatori Guanelliani e di numerosi “ospiti” delle case svizzere: Maggia, Tesserete, Riva san Vitale, e italiane: Como, casa-madre, Casa di Gino, Santa Maria di Lora, Cassago, Nuova Olonio, Milano. Riservata, ma numerosa anche la presenza delle Teresine, l’Istituto secolare, fondato a Lugano da mons. Bacciarini.
Monsignor Bacciarini promosse costantemente i pellegrinaggi, ritenendoli «uno storico trionfo di fede e di pietà», e anche una forma più efficace di apostolato moderno e parte importante del suo ministero episcopale.
In appendice alla sua Lettera, l’autore dell’epistola agli ebrei invita il cristiano a uscire dal suo “accampamento”, dal perimetro della propria vita per avviarsi sempre di più verso Gesù, la sorgente della nostra speranza. In un grappolo di raccomandazioni la Lettera elenca le opere di misericordia, sia corporali che spirituali, pagine bianche di un diario da scrivere con generosità e sempre con un piede alzato per avvicinare e aiutare il povero.
Il 30 giugno 1912 don Bacciarini riceve l’investitura di parroco
e otto giorni dopo ufficialmente promuove e organizza la carità verso i poveri con le Dame di San Vincenzo
con il compito di visitare gli infermi a domicilio e le famiglie dei poveri e portare loro aiuti materiali e spirituali.
Non poteva essere diversamente per un prete di don Guanella. Pur diverso dal «padre dei poveri» per temperamento, per formazione e sensibilità culturale, Bacciarini ne era fedele discepolo nella spiritualità e nella missione. Don Guanella aveva fatto di Matteo 25 la sua pagina di Vangelo da testimoniare davanti alla Chiesa e al mondo. Ogni suo seguace, ieri come oggi, non può non vibrare sulla stessa lunghezza d’’onda.
Accanto alle Madri cristiane, alle associazioni dei fanciulli e dei giovani,
a don Bacciarini stavano a cuore le migliaia di uomini, di padri che non frequentavano
la chiesa e diceva: «se bastasse la mia vita per attirarli a Dio,
la donerei oggi per far vivere la vita cristiana ai nostri uomini»
Non sapeva rassegnarsi a quanto le statistiche, ancor oggi, confermano: gli uomini, pur credenti, sembrano preferire il bar alla chiesa. La frequenza alla Messa, le sane pratiche tradizionali restano, ordinariamente, appannaggio, talvolta esclusivo, delle donne. In famiglia si addebita loro, quasi una tassa da pagare, il compito della rappresentanza davanti a Dio e alle autorità ecclesiastiche.
Nella sua strategia pastorale don Aurelio scommette sul genio femminile
e chiama a raccolta in associazione «le madri cristiane» e le mette sotto la protezione
di Santa Monica, la mamma di Sant’Agostino. Le preghiere e la forza educativa
delle anime erano energie vitali per salvaguardare la fede dei figli.
Se negli anni '50, a Roma, sentivi parlare della Parrocchia San Giuseppe al Trionfale, avevi la stessa impressione di quando, a scuola, da ragazzo, si parlava della prima della classe. Una bella parrocchia, ben organizzata, che esprimeva e si pregiava di un'associazionismo laicale tanto variegato, quanto numeroso; fornita di operatori pastorali laici con elevata formazione e professionalità nel servizio, note apprezzate anche a livello diocesano.
«Il parroco anche nella più piccola parrocchia del mondo,
è sempre un capitano nella grande famiglia di Cristo
e l’idea di una vasta solidarietà è inseparabile con il suo apostolato»
Esiamo nel lontano 1912.
Nessuna meraviglia. Lo ha, da tempo, anticipato Giovanni Paolo II: lo conferma ogni approfondimento culturale in merito; lo dice lo stesso termine. Da sempre, l'evangelizzazione o è nuova, o non è. Novità di un annunzio bello, atteso, che sorprende, affascina e orienta verso un futuro diverso e gioioso.
Il ministero di don Aurelio era peregrinare nella case e baracche del quartiere.
Ad imitazione di don Guanella che diceva che «i poveri bisogna andare a cercarli», don Aurelio era un moto perpetuo: battesimi ai piccoli e ai grandi, matrimoni da regolarizzare, infermi e vecchi da assistere, disoccupati, sfrattati. A tutti si interessava pur di guadagnare le anime a Dio
Il papa Benedetto XVI nel messaggio per la Giornata delle comunicazioni ha parlato del silenzio, affermando che «Dal silenzio deriva una comunicazione ancora più esigente che chiama in causa la sensibilità e quelle capacità di ascolto che spesso rivela la misura e la natura dei legami interpersonali». Sappiamo che don Aurelio Bacciarini, prima di essere parroco a San Giuseppe, aveva scelto di immergersi nel silenzio della Trappa delle Tre Fontane, ma Dio pensava altro per lui e, pur a malincuore, ha fatto di quel silenzio la miniera di sensibilità per la sua missione pastorale.