Nella letteratura religiosa c’è un libro classico che ha aiuto tante anime a trovare il volto di Dio, è il «Diario di un pellegrino russo». Il protagonista è per l'appunto un pellegrino che attraversa l'Ucraina e la Russia portando nella sua bisaccia solo pane secco e la Bibbia. Questo pellegrino partecipando a una messa è rimasto colpito dall'esortazione di San Paolo a «pregare incessantemente». Inesperto si mette alla ricerca di chi gli insegni come fare a vivere la vita di ogni giorno e contemporaneamente avere la propria mente continuamente rivolta a Dio in preghiera. Incontra, infine, uno «starec», un padre spirituale, che gli insegna la cosiddetta preghiera di Gesù, cioè la «preghiera del cuore» che consiste nella ripetizione, come una litania, di questa espressione: «Signore Gesù Cristo, figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore».
Il pellegrino intraprende il suo viaggio e, alla sua costante preghiera a forma di litania, aggiunge la sua personale esperienza e quella di qualificati testimoni di fede che incontra lungo il viaggio. Lo scopo del pellegrinaggio è quello d’imparare a pregare così da incontrare Gesù, il maestro, «la via, la verità e la vita».
Il Padre, che ha generato un Figlio per amarlo, ha creato il fratello, copia minore di quel Figlio, perché noi possiamo amarlo. Il fratello è immagine di Dio: sua progenie, frutto del suo sangue: sì che in lui si ama Dio per effigie e per rappresentanza. Né basta: il fratello è tale perché figlio d'uno stesso Padre, Dio; ridivenuto figlio di Dio per l'incarnazione, passione e morte di Gesù. Si può dire che il fratello ci è stato dato perché ci ricordi, per similitudine, Dio [...].
Il quale, perché infinito, non si può vedere con pupille limitate: lo si vede, come in uno specchio, nel fratello. Infinito, Dio non si può amare con servizi congrui alla sua infinità. Lo si può servire nei fratelli, in cui è Cristo, poiché i fratelli abbisognano di servizi limitati, congrui alle nostre possibilità.
Mentre ripercorriamo con le labbra le dieci “Ave Maria”, seguiamo con gli occhi del cuore della Tuttasanta questo mistero, che segna l’inizio della vita pubblica di Gesù. Lo contempliamo insieme a quella folla dolente di peccatori, di tribolati, di “mendicanti di Dio”, che si reca a farsi battezzare: Gesù non ha bisogno di un battesimo, ma viene Lui a battezzarci nella potenza dello Spirito Santo; Egli cioè scende nelle acque perché quelle ricevano il suo Spirito, perché possano dunque rendere efficace il battesimo che noi stessi abbiamo ricevuto, che è un essere sepolti con Lui per risorgere con Lui. Egli dunque si immerge nelle acque perché noi potessimo essere immersi in Lui; egli si rende partecipe della povertà della nostra umanità perché tutti noi potessimo essere resi partecipi della sua ricchezza di Figlio di Dio. Dalla sua pienezza, infatti, noi tutti abbiamo ricevuto.
Nel precedente incontro abbiamo letto nel “discese all’Inferno” il mistero della salvezza in Cristo morto e risorto offerta a tutti gli uomini da sempre e per sempre. Questo però non vuol dire che tutto è solo cosa di Dio. Per coloro che li hanno ricevuti, quindi per noi, Battesimo e Cresima sono base della missione cristiana. La salvezza, per quanto dipende da Dio, è offerta in modo misterioso alla libertà di tutti gli uomini, di tutti i tempi e di tutti i luoghi, dalla misericordia infinita della grazia di Dio…