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2° domenica dopo Natale
Anno A - 5 gennaio
Lezionario: Sir 24,1-4.8-12; Sal 147; Ef 1,3-6.15-18; Gv 1,1-18

Dio non serve più? Abbiamo bisogno di Dio

Per molti oggi questa «Parola» di Dio cade nel vuoto. Troppe volte Dio non fa più parte delle nostre abitudini. L’ateismo non è più soltanto il problema di pochi. «Dio non serve a niente», è l’obiezione più facile. In effetti, Dio non esiste per «servire» a qualche cosa, come molti ancora pensano; Dio non è il medico dei casi disperati, né un’agenzia di assicurazioni con dei pegni pagati con giaculatorie o pellegrinaggi, né un alibi per spiegare quello che l’uomo non capisce o ancora non riesce a fare.

Credere in un Dio così, è sedere nell’anticamera dell’ateismo.

Non è semplice fare un’analisi del complesso problema dell’irreligiosità moderna. Alla base del fenomeno dell’ateismo e dello scetticismo religioso c’è spesso l’ignoranza dell’autentico messaggio cristiano. Per questo la Chiesa ha teso la mano agli atei anche con l’Esortazione «La gioia dell’evangelo».


Il Battesimo di Gesù
domenica 12 gennaio
Lez.: Is 42,1-4.6-7; Sal 28;
At 10,34-38; Mt 3,13-17

Alla riscoperta del proprio battesimo

Nati e vissuti nella fede della Chiesa, i cristiani hanno bisogno di riscoprire la grandezza e le esigenze della vocazione battesimale. è paradossale che il battesimo, il quale fa dell’uomo un membro vivo del Corpo di Cristo, non abbia molto posto nella coscienza esplicita del cristiano e che la maggior parte dei fedeli non sentano l’ingresso nella Chiesa attraverso l’iniziazione battesimale come il momento decisivo della loro vita.

Il battesimo dato a noi nel nome di Cristo è manifestazione del preveniente amore del Padre, partecipazione al mistero pasquale del Figlio, comunicazione di una nuova vita nello Spirito; esso ci pone dunque in comunione con Dio, ci integra nella sua Famiglia; è un passaggio dalla solidarietà nel peccato alla solidarietà nell’amore.


2° domenica Tempo Ord.
19 gennaio
Lez.: Is 49,3.5-6; Sal 39;
1Cor 1,1-3; Gv 1,29-34

Gesù rivela Dio come salvatore e come liberatore

L’uomo moderno sembra davvero convinto di essere padrone del suo destino. L’uomo e la donna oggi hanno sostituito la speranza teologale con una speranza umana e terrena.

Oggi, però, si accorgono di avere avuto troppa fretta nel proclamare la loro completa autonomia e nel gridare che Dio non c’è, o è inutile. L’ubriacatura del progresso ha reso l’uomo cieco di fronte a questi squilibri che esistono nel mondo e ai fenomeni nuovi, preoccupanti nella loro stessa novità. L’esperienza scottante di due guerre mondiali, i campi di sterminio, le paurose devastazioni delle bombe atomiche, lo squilibrio prodotto nell’ecologia, l’inquinamento atmosferico, le fosche e apocalittiche visioni dei futurologi, gli ripropongono il problema di una «salvezza» che ha dimensioni più vaste e più profonde.


3° Domenica Tempo Ord.
26 gennaio
Lez.: Is 8,23b - 9,3; Sal 26;
1Cor 1,10-13.17; Mt 4,12-23

Gesù luce del mondo

La luce è uno dei bisogni primordiali dell’uomo. Essa non è solo un elemento necessario alla sua vita, ma quasi l’immagine della vita stessa. Questo ha influito profondamente sul linguaggio, per cui «vedere la luce», «venire alla luce» significa nascere, «vedere la luce del sole» è sinonimo di vivere.

Al contrario, quando un uomo muore, si dice che si è «spento», che «ha chiuso gli occhi alla luce». La Bibbia usa questa parola come simbolo di salvezza. Il salmo responsoriale pone la luce in stretto rapporto con la salvezza, mostrandone l’equivalenza: «Il Signore è mia luce e mia salvezza».

«Dio è luce e in lui non ci sono tenebre». Egli «abita una luce inaccessibile». In Gesù la luce di Dio viene a risplendere sulla terra: «Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo». «Io come luce sono venuto nel mondo, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre».

 

Con coraggio, con le mani cariche di opere di misericordia

di Gianni Gennari

Ancora sul “Credo”. Dopo la Resurrezione l’Ascensione del Signore Gesù “alla destra del Padre”. La volta scorsa sulla “missione”, che è appunto prima conseguenza dell’Ascensione: il Signore Gesù, Figlio di Dio, Dio stesso e figlio di Maria, crocifisso morto e risorto fa sì che i suoi discepoli, testimoni della sua resurrezione “vedano” anche il suo ritorno al Padre, manifestato nel modo appropriato del suo tempo: Dio “nell’alto dei cieli”. Ecco perciò: “Quello che abbiamo visto con i nostri occhi”, per ricordare il testo della Prima Lettera di San Giovanni, si arricchisce dell’ultima “visione” vera e propria. è l’immagine, raccontata da loro stessi, della “salita” al Cielo di Lui che nello stesso momento affida loro, attraverso la voce angelica, la missione dell’annuncio: “Che state a fare con gli occhi verso il cielo? Andate e annunziate…”

di Ottavio De Bertolis

Il senso di questa pagina stupenda del vangelo di Giovanni è che non siamo più sotto la legge, simboleggiata dalle sei giare di pietra per le purificazioni dei Giudei, ma sotto la grazia, cioè nell’impero dell’amore: Cristo infatti è il vero sposo, colui che ci regala la dote della giustizia e della fedeltà, ci dona quel che ci manca, e che la legge non può che denunciare. E così i nostri cuori cessano di essere cuori di pietra, proprio come le giare, e possono diventare cuori di carne, cuori cioè mossi dallo Spirito, dall’amore, e non dal timore e dalla legge: così San Paolo ci dice che non abbiamo ricevuto uno Spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma uno Spirito da figli, per mezzo del quale gridiamo “abbà, Padre”.

Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato

di Madre Anna Maria Cánopi, osb

La nostra vita è ritmata sullo scorrere del tempo, è scandita da cicli o ricorrenze annuali, mensili, settimanali, quotidiani. Eppure se ci si ferma a pensare che cos’è il tempo, anche noi dobbiamo confessare con sant’Agostino: «Che cosa è, dunque, il tempo? Se nessuno me ne chiede, lo so bene: ma se volessi darne spiegazione a chi me ne chiede, non lo so», e continua dicendo che il tempo è un vero mistero. Di esso noi tutti facciamo esperienza, eppure il passato non è più, ma vive solo nella memoria; il futuro non è ancora e vive solo nell’attesa; soltanto l’istante presente esiste, ma subito diventa passato… Pure san Benedetto nella sua Regola esorta a compiere all’istante ciò che vale per l’eternità.