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Super User

Super User

di Eraldo Affinati

Essere presenti là dove siamo: sembra banale, quasi un ossimoro, eppure oggi bisogna conquistare tale centralità. Dal momento che abbiamo innumerevoli possibilità informative, rischiamo di perdere di vista la posizione in cui gli altri ci vedono. Tenere le radici ben salde potrebbe aiutarci a superare la frammentazione, uno dei peggiori mali contemporanei. Vivere a compartimenti stagni, da una parte il lavoro, dall’altra lo svago, qua i figli, là gli amici, dentro di noi i sogni, fuori di noi quella che Pavese definiva “la rugosa realtà”: credo sia questa la palude in cui stiamo sprofondando.

Giovedì, 02 Gennaio 2020 14:20

Una vita responsabile

Dio non ti chiede di più

di Eraldo Affinati

Una vita responsabile dovrebbe essere la base del patto pedagogico. La fondazione di qualsiasi legame educativo. Il traguardo da raggiungere per ogni genitore. Altrimenti la relazione dell’adulto con il giovane può ridursi a un discorso professionale, privo di densità emotiva, povero di emozioni. In questa prospettiva la semplice lezione o spiegazione del programma da svolgere è un misero scampolo di ciò che dovremmo aspettarci dalla scuola. Un’appendice che nessuno legge. è necessario evitare ogni voce microfonica. Quello che diciamo e facciamo dev’essere il frutto della nostra vita. Soltanto così potremo essere credibili.

di Rosanna Virgili

Giuseppe era stato costretto a lasciare la sua terra, spinto dalla paura e dalla preoccupazione per il suo figlioletto ricercato da Erode. 

Per ben quattro volte un angelo appare a Giuseppe di notte. Siamo arrivati alla terza “irruzione” celeste nel cuore dei sogni di Giuseppe. Ci troviamo in Egitto e possiamo immaginare come lì Giuseppe avesse, magari, trovato un’occupazione che gli permettesse di provvedere alla sua famiglia, mentre Maria era intenta ad accudire il neonato Gesù. Ma il desiderio di tornare in patria doveva tener sempre sveglio il cuore del padre.

Giovedì, 09 Aprile 2020 12:57

Giuseppe un padre a tempo pieno

di Rosanna Virgili

«Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Dall’Egitto ho chiamato mio figlio» (Mt 2,14-15).

Suggestiva e toccante la scena in cui volge il Vangelo di Matteo nel prosieguo del racconto della nascita di Gesù. Giuseppe, ormai divenuto per scelta e vocazione, il padre terreno di Gesù, inizia davvero il suo cammino verso il figlio. Nella notte il suo sonno è leggero e nervoso a causa di ciò che i Magi gli hanno fatto intuire.

Lunedì, 02 Marzo 2020 10:18

Figli delle stelle

di Rosanna Virgili

«Al vedere la stella (i Magi) provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra (…).

Lunedì, 03 Febbraio 2020 13:28

Padri padroni

di Rosanna Virgili

Il documento sinodale sulla famiglia Amoris Laetitia mette in risalto la persona di Giuseppe, coinvolgendola non solo in quanto esemplare di sposo e padre, ma anche per ricavare dalla sua figura biblica sempre attuali e preziosi suggerimenti. La sua paternità appare in contrasto col modello canonico del giudaismo dell’epoca, in cui il Vangelo di Matteo lo colloca, così come con quello vigente nella famiglia romana che l’Impero rappresentava. Occorre mettere, innanzitutto, una plausibile lente storica per capire la rivoluzione culturale che la paternità di Giuseppe introduce.

di Rosanna Virgili

Non c’è figura biblica che non porti nel suo nome un futuro e una memoria; così accade anche per Giuseppe. La prima volta che la sua identità viene citata è nella genealogia del Vangelo di Matteo dove, alla fine di tre cicli, ognuno formato da quattordici generazioni, è scritto: “Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo” (Mt 1,16). Seppure casualmente, dato che “Giacobbe” si riferisce a un ebreo vissuto molti anni dopo la deportazione in Babilonia, la stretta vicinanza tra questo nome e quello di Giuseppe non può non condurre la mente del lettore biblico a un’altra relazione parentale di padre e figlio notissima a tutti: quella del patriarca Giacobbe e il figlio amato Giuseppe. E anche se l’evangelista Matteo non avesse voluto creare questa allusione, pure noi non possiamo evitare il paragone tra Giuseppe padre di Gesù e Giuseppe figlio di Giacobbe sprezzato dai suoi fratelli e venduto come schiavo in Egitto. Ma c’è un altro elemento ancor più convincente che lega il nostro Giuseppe alla figura del fratello di Giuda ed è l’inclinazione originale che connota ambedue: l’arte di sognare!

Il coraggio e la bellezza

Per entrare nell’intimità onirica del padre di Gesù dobbiamo seguitare a leggere il testo di Matteo (cf 1,18-2, 23) poiché l’evangelista Luca, non pone alcuna nota su questi fatti essendo concentrato maggiormente su quanto accade a Maria. Secondo le parole di Matteo, Giuseppe è un sognatore assiduo che riceve in sogno la visita di un angelo. Le parole che escono dalle sue notti visionarie diventano decisive per il giorno e tutta la vita di Giuseppe e per il destino stesso di Gesù. Così era stato anche per il primo Giuseppe quando sognò di essere un covone che si ergeva sugli altri a segnalare che sarebbe stato lui a governare su tutti i suoi fratelli (cf Gen 37,5.9). A causa dei suoi sogni il figlio di Giacobbe fu perseguitato da loro, ma, alla fine, fu lui a salvare la vita a tutta la famiglia.

Simile al patriarca Giuseppe è, allora, il padre di Gesù: padre di un Salvatore che, per primo, fu salvatore del figlio! Se non ci fossero stati, infatti, quei sogni, se non fosse venuto l’angelo a indicargli la strada, se Giuseppe non avesse ascoltato la voce di Dio che gli parlava quando Erode voleva uccidere Gesù, quale sarebbe stato il destino del Figlio e di sua madre? Benedetto è il ritornello con cui il Vangelo ci racconta dei sogni di Giuseppe: “Ecco gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse…” (Mt 1, 20; 2, 13). Quattro volte si rende presente quest’angelo, quattro sogni, quattro tappe dell’uomo, dello sposo, del padre che fu Giuseppe. Nella tradizione biblica il sogno rappresenta un’esperienza preziosa e sacra; esso è considerato come il primo grande luogo di mediazione, il primo canale utilizzato da Dio per entrare in dialogo con l’umano. Il primo “linguaggio” dei profeti (cf Ger 23, 25). I sogni regaleranno a Giuseppe la grandezza di una paternità che vuol dire accoglienza e non titolo né possesso dei figli. Vuol dire innamorarsi e servire la vita che viene da Dio, proteggerne il presente e custodirne il futuro. Guardarne i contorni dorati, sognando il loro illuminarsi, crescere, dilatarsi in splendore d’amore, carezzandoli con occhi casti e cuore puro. 

di Gianni Gennari

Gesù disse: “Io sono il pane che dà la vita. Chi si avvicina a me con fede, non avrà più fame; chi mette la sua fiducia in me, non avrà più sete” (Gv 6, 35)

Il pane, la vita, la fame e la sete. Il Signore ritorna, qui, sull’affermazione centrale, che fa riferimento a lui stesso: «Io...», questo «io» che esce dalla bocca di Gesù, e che è il segno della sua coscienza totale. Gesù sapeva bene chi lui era, quale era la sua missione, quale era il suo cammino, quale era la volontà del Padre che lo aveva inviato, che lo aveva generato nell’eternità e nella storia, quale era il cammino che avrebbe dovuto percorrere insieme con in fratelli, questi poveri, piccoli, ignoranti, deboli peccatori che lui ha scelto attorno a sé e vuole attirare con sé fino al Padre.

Giovedì, 09 Aprile 2020 12:51

Piangere cercando Qualcuno

Come Maria chi cerciamo veramente?

di Gianni Gennari

Il pianto di Maria di Magdala al sepolcro vuoto... «Mentre Maria parlava si voltò e vide Gesù in piedi, ma non si avvide che era lui. Gesù non le disse: «Donna, perché piangi?», ma: «Chi cerchi?». (cf. Gv 20, 14)


Gli angeli glielo avevano già chiesto a Maria del “perché” piangesse e ora Gesù stesso raddoppia la domanda, però non ripete «Perché piangi?», ma precisa: «Chi cerchi?».  È importante per l'interpretazione autentica di ogni pianto umano degno di questo nome. Il pianto non può essere puramente e semplicemente il rimpianto del passato; il pianto, degno di avere cittadinanza nella storia, è ricerca: il piangere senza cercare il motivo infatti è distruggersi, mentre piangere cercando è voler ricostruire un mondo diverso, un mondo in cui sia possibile non piangere più. 

Sabato, 29 Febbraio 2020 17:34

Dove prendi l’acqua viva?

Aprire a Cristo che bussa al cuore

di Gianni Gennari

Una donna samaritana intanto viene al pozzo a prendere acqua. Gesù le dice: «Dammi un po’ d’acqua da bere». Risponde la donna: «Perché tu che vieni dalla Giudea chiedi da bere a me che sono una samaritana?

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