Per comprendere questa preghiera dobbiamo richiamare il Vangelo, e precisamente quando è detto che «lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo» (Lc 1, 35). La parola dell’Angelo a Maria richiama poi la presenza della Gloria di Dio nel santuario costruito nel deserto, a indicare che Maria è il nuovo e vero Santuario, il luogo ove Dio pone la sua tenda in mezzo a noi, del quale l’antico era solo ombra e figura: «allora la nube coprì la tenda del convegno e la Gloria del Signore riempì la Dimora. Mosè non poté entrare nella tenda del convegno, perché la nube dimorava su di essa e la Gloria del Signore riempiva la dimora» (Es 40, 34-35).
di Ottavio De Bertolis
Tutti Conosciamo le Litanie del Sacro Cuore: approvate da Papa Leone XIII nel 1899, sono un modo semplice e profondo di invocare il Cuore di Gesù, contemplato sotto varie aspetti e in diverse figure. Con oggi, iniziamo a proporre ai nostre lettori qualche riflessione sulle singole litanie, perché più facilmente possano sentire e gustare la profondità delle Scritture ivi racchiusa e in qualche modo concentrata. Iniziamo quindi dalla prima.
Antoine de Saint Exupéry, l’autore del celebre Il Piccolo principe, ha scritto che «se vuoi costruire un’imbarcazione, non preoccuparti tanto di adunare gli uomini per raccogliere legname, preparare attrezzi, affidare incarichi e distribuire lavoro. Vedi piuttosto di risvegliare in loro la nostalgia del mare e della sua sconfinata grandezza». Quella nostalgia per una vita più semplice, di cui ci eravamo dimenticati, che l’esperienza del lockdown da cui stiamo gradualmente uscendo, ha maturato in noi. Scelte e abitudini cambieranno e ci ritroveremo diversi, rinvigoriti, ma soprattutto più gentili, generosi verso il nostro mondo e le persone che lo abitano. Almeno lo speriamo!
Nella vita tutto è dono, tutto è grazia, per questo il “bouquet” di regali offerto in occasione dei cento anni della nascita di Karol Wojtyla non poteva passare in sordina.
Il pontificato di Giovanni Paolo II è iniziato sulla scia della forte corrente spirituale mossa dallo Spirito Santo. In quegli anni era iniziato un cambiamento d’epoca e, su sollecitazione di Giovanni Paolo II, la Chiesa doveva uscire dalla acque quiete del porto e prendere il largo nella storia contemporanea. Lo Spirito Santo ha messo al timone per il grande esodo un uomo di una travagliata esperienza umana, proveniente da una nazione di cultura slava, crocevia di popoli.
No, non mi rassegno. Questa non è una guerra, noi non siamo in guerra.
Da quando la narrazione predominante della situazione italiana e mondiale di fronte alla pandemia ha assunto la terminologia della guerra – cioè da subito dopo il precipitare della situazione sanitaria in un determinato paese – cerco una metafora diversa che renda giustizia di quanto stiamo vivendo e soffrendo e che offra elementi di speranza e sentieri di senso per i giorni che ci attendono.
Mie carissime figlie, ero incerta se lasciarvi una lettera in vista dell’ormai non più lontano evento del mio ritorno a Dio, ma ho poi deciso di mettere per iscritto qualche pensiero e sentimento che tengo nel cuore.
Desiderando essere essenziale, riassumo in tre punti il mio piccolo testamento o, più semplicemente, il mio congedo.
Non vi lascio
Il mio spirito sale a Dio – deponendo nella terra il fardello della carne (di poco peso veramente!) – ma rimane sempre anche con voi.
Con immenso amore vi ho spiritualmente generato e fatto crescere, sempre sostenuta dalla grazia di Dio, e così continuo e continuerò ad esservi madre generandovi nello Spirito.
Fedeltà alla vocazione monastica
Siate fedeli ad oltranza alla nostra vocazione monastica, alle nostre sagge tradizioni, allo spirito di profonda comunione.
Cresce ciò che è ben radicato, dura ciò che è compatto. Siate, dunque, concordi e stabilmente unite nella ricerca di Dio e del bene comune avendo a cuore anche tutti i fratelli che vivono nel mondo. La vostra “parola d’ordine” sia: Pace!
Non scenda mai la sera senza che tutti i vostri cuori si siano sinceramente riconciliati. L’angelo della “buona notte” non trovi mai nessuno con un’arma nascosta, nemmeno una spina nel cuore.
Di giorno e di notte la vostra “parola d’ordine” sia: “Pace!”.
Perché la vera pace si mantenga è necessario tenere il cuore disarmato, senza lasciarsi prendere dalla paura dei briganti. Quali briganti? Anzitutto quelli che sono nascosti dentro di noi, sempre pronti a saltar fuori per affrontare nemici immaginari, ombre oscure e minacciose che disturbano la mente e turbano il cuore.
Per coltivare la pace occorre essere soprattutto vigilanti sul proprio cuore. È lì che facilmente si concentrano le emozioni che possono diventare un ostacolo ad una reale e serena visione della vita.
Pregate bene
Le esperienze fortemente emotive alterano facilmente la realtà; le danno una visione soggettiva. Il carattere oggettivo della preghiera liturgica rende possibile la vera concordanza ed armonia nel canto senza tuttavia togliergli l’afflato spirituale, la bellezza che deve caratterizzare la preghiera, che è la più nobile attività del cristiano.
Molto dipende però da come ci si dispone a celebrarla; con quale fede e devozione, con quale amore la si lascia sgorgare dal cuore e dalle labbra e visibilizzare anche nei gesti, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo. Dovrebbe essere come il fluire di una inesauribile sorgente che scende dall’alto e sale dal profondo.
Per questo è necessario predisporsi alle celebrazioni con un tempo di raccoglimento e di silenzio, aprendo l’anima all’accoglienza della stessa presenza del Verbo fatto carne, della Parola viva e vivificante.
In questa esperienza può accadere che il tempo passi senza che ce ne accorgiamo e quindi di trovarci là dove non pensavamo di andare, nel cuore del mistero. In tal caso non dobbiamo temere di avere sbagliato strada, ma di essere entrati nel cuore di una esperienza ineffabile. Non ci sono, infatti, parole adeguate per descrivere ciò che non si può racchiudere in un discorso, poiché appartiene solo all’esperienza del mistero.
Quando ero ancora nel mondo, impegnata nell’insegnamento delle materie letterarie, un giorno durante una pausa tra le varie lezioni, andai come era mia abitudine, a fare una visita al Santissimo nella cappella dell’Istituto.
Davanti al Santissimo nel tabernacolo mi accadde di lasciarmi sfuggire il tempo. Vennero a cercami e mi trovarono tranquillamente immersa in adorazione. «Non torni in classe?» mi chesero. «Vengo subito!» risposi, ma non sapevo che gli studenti mi stavano aspettando facendo… ricreazione da circa mezz’ora.
La misura del tempo era – e forse lo è ancora per me – molto soggettiva.
Onorare la preghiera e il lavoro
Certo, pregare bene non significa pregare a lungo o con ricercatezza, ma entrare in profonda comunione con il Signore, unirsi anche al coro degli angeli.
L’intensa dedizione alla preghiera non obbliga a trascurare le altre necessarie attività, ma avere sempre nella mente e nel cuore la preghiera come… un sottofondo musicale che accomuna tutte le altre azioni della giornata.
L’ineffabile sacramento dell’Eucaristia profuma tutta la giornata e anche il riposo della notte.
Mistero adorabile di un Dio che si fa vicino a noi più di noi stessi!
Nessuno di noi è solo, poiché da Dio a tutti, nel suo amore, è affidato e tutti gli sono affidati. Questa è la comunione dei santi, questo è il Paradiso che già inizia sulla terra.
Ognuno di noi procede da Dio, cammina sulla terra e a Dio ritorna, mai da solo!
«Quella di Pinocchio è la sintesi dell'avventura umana. Comincia con un artigiano che costruisce un burattino di legno chiamandolo subito, sorprendentemente, figlio. E finisce con il burattino che figlio lo diventa per davvero. Tra i due estremi c'è la storia del libro. Che è identica, nella struttura, alla storia sacra»: con queste parole, contenute in un’intervista dell’agosto 2000 a L’Espresso, il cardinale Giacomo Biffi (1928-2015) rispondeva alla domanda su cosa rappresentasse il burattino di legno tanto caro a milioni di bambini e ragazzi in ogni parte del mondo.
Gesù in questa giornata mondiale del malato invita tutti alla sorgente della gioia, infatti, quest’anno, lo slogan è un versetto del Vangelo di Matteo dove Gesù dice: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi ed oppressi, ed io vi darò ristoro». Come sede della Giornata di quest’anno è stata scelta la città di Calcutta, palcoscenico di un’eroica carità cristiana testimoniata e vissuta da Madre Teresa.
La Sacra Famiglia, giustamente, viene additata come modello delle famiglie migranti. Prototipo delle famiglie perseguitate a causa dell'odio e della violenza. Icona dei rifugiati e degli esiliati. Attualmente il brano evangelico della fuga in Egitto, della permanenza e del ritorno dall'Egitto viene richiamato e attualizzato più che mai nell'epoca contemporanea e dalla comunità ecclesiale odierna.
Reverendo don Mario Carrera,
grazie, mille volte grazie per il libro che parla del mio padre putativo come io considero san Giuseppe, il santo dei Santi, la mia devozione per questo grande mi accompagnerà fino alla fine dei miei giorni. Nei miei rosari, ad ogni decina gli dico di pregare per me e per i moribondi, sono certa che mi ascolta.