Noi creature umane siamo per natura esseri sociali e possiamo realizzarci solo attraverso le relazioni fra di noi. Compito dello Stato è di garantire le condizioni di libertà, combattendo le ingiustizie e favorendo l’armonia tra i singoli, così che ogni cittadino possa raggiunger il proprio fine. Il pagamento delle imposte non è espressione di sudditanza degli abitanti di un Paese allo Stato ma, piuttosto, gli fornisce le risorse necessarie per perseguire i propri fini istituzionali a favore dei singoli membri della società e principalmente difendere il diritto, altrimenti la libertà sarebbe assoggettata alla legge del più forte.
Certamente il primo dovere morale compete a lui, allo Stato, in quanto deve dimostrare, attraverso i suoi atti, di comportarsi con onestà, particolarmente in ambito tributario. San Tommaso d’Aquino, da gran teologo, ammoniva che i governanti con la tassazione possono peccare sia «se non si prefiggono l’utilità del popolo, bensì mirano solo a depredarlo», sia se tassano «al di sopra della capacità contributiva del popolo» (Commento alla Lettera ai Romani).
La Chiesa, nella sua dottrina sociale, precisa che ogni cittadino deve farsi carico di una parte delle spese pubbliche come «dovere di solidarietà» e lo Stato, in quanto incaricato di proteggere e di promuovere il bene comune dei cittadini, ha l’obbligo di ripartire fra essi soltanto oneri necessari e proporzionati alle loro risorse (Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, 355); e il Catechismo della Chiesa Cattolica precisa che «La sottomissione all’autorità e la corresponsabilità nel bene comune comportano l’esigenza morale del versamento delle imposte» (n. 2240).
Don Guanella, nella sua operetta Il Montanaro, scritta nel 1885, così riassume come in uno slogan la convinzione dei suoi convalligiani: «Meglio pagare le imposte al governo che le tasse al giuoco, al lotto, all'osteria» (III,995).
In tempi di corsa al gioco d’azzardo come i nostri, chissà che questa massima non valga ancor oggi!