L’evangelista Luca mostra con evidenza questa intenzione quando inizia il racconto della nascita di Gesù citando un decreto di Cesare Augusto: «In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città» (Lc 2, 1-3). Dalla storiografia latina risulta che, durante il lungo impero di Ottaviano Augusto, fossero stati da lui ordinati ben tre censimenti. La prassi del censimento è del resto frequentemente attestata nella storia, sia dell’Occidente sia dell’Oriente moderno e antico. Sembra che la prima venga dalla Cina, datata nel 4000 a.C. Anche la Bibbia presenta dovizia di censimenti. Il primo è narrato nel libro dell’Esodo quando: «Il Signore parlò a Mosè e gli disse: “Quando per il censimento conterai uno per uno gli Israeliti, all’atto del censimento ciascuno di essi pagherà al Signore il riscatto della sua vita, perché non li colpisca un flagello in occasione del loro censimento”» (Es 30, 11-13). Può apparire strano che per il conteggio del popolo in cammino verso la terra Promessa, si dovesse corrispondere un prezzo di riscatto. A questo censimento farà seguito quello del libro dei Numeri che proprio da esso prende il nome (cf Nm 1, 1-4). Venivano registrati gli uomini adulti, idonei per la guerra. Ma quel computo sembra fatto per una tragica beffa: dei circa seicentomila che erano usciti dall’Egitto, soltanto due entrarono in Canaan (Giosuè e Caleb)! Ancor più inquietante appare il censimento fatto dal re David: all’esaltazione per il grandissimo numero dei suoi sudditi (più di un milione) farà seguito la punizione di Dio con la peste e la morte di settantamila israeliti (cf 2Sam 24, 1-20).
La ragione della “colpa” del censimento sembra essere nella tentazione di “possedere” il popolo da parte del re e di usarlo per accrescere la propria grandezza. Come interpretare, dunque, la volontà di Luca di collocare la nascita di Gesù proprio durante un censimento questa volta da parte di Augusto? Fors’anche quella della ratifica dell’Imperatore come “padrone” di tutti gli abitanti delle province dell’Impero. Sappiamo come ogni re – e ancor più l’Imperatore – fosse considerato il padre del suo popolo; in questo modo egli diventava, in realtà, proprietario dello stesso, per mezzo di un dispositivo burocratico.
Il sangue dei figli
Il Vangelo di Matteo pone una seconda figura “paterna” a cornice della nascita di Gesù: quella di Erode il Grande. Re usurpatore, poiché Idumeo, tratta il popolo di Giuda come a Roma venivano trattati gli schiavi, con la violenza e l’arbitrio sia sulla vita che sulla morte dei suoi sudditi. Tacito narra di un prefetto romano – Pedanio Secondo – che, al tempo di Nerone, venne ucciso da uno schiavo. In seguito a ciò tutti gli schiavi della sua casa furono massacrati (comprese donne e bambini) ed erano quattrocento (Annali, XIV, 42,1). Invece di amare e custodire il suo popolo, Erode si comporta come i monarchi dei popoli oppressori di Israele. Come il Faraone d’Egitto che faceva uccidere i nascenti figli maschi degli schiavi ebrei. Per far fuori Gesù, temuto come il messia legittimo di Giuda che avrebbe potuto destituirlo, Erode non indugia a far uccidere tutti i neonati da due anni in giù. Tremendo esempio di una “paternità” dispotica che ha vessato per secoli non solo le nazioni ma anche le famiglie. Da queste paternità divoratrici dei figli, Giuseppe salva il Figlio di Dio: il bambino Gesù non sarà censito da Augusto né ucciso da Erode ma sarà riscattato, reso libero da suo padre Giuseppe.