Quel 20 aprile 1887 rintocchi di “campane a morto” si rincorrevano sulla superficie immobile del lago. Con il loro cadenzato lamento annunciavano il gemito di un popolo in lutto; ma tra i rami di peschi in fiore faceva eco un canto di speranza. Un gruppetto di bambine, raccolte in un angolo del cortile dell’orfanotrofio con gli occhi umidi di lacrime, si chiedeva: “Tornerà suor Chiara tra noi?”. Don Guanella, pur immerso nel dolore, confortava quelle bimbe dicendo loro che suor Chiara sarebbe tornata, anzi che loro l’avrebbero ritrovata nella grande festa finale, quando Dio avrebbe chiamato tutti a giocare eternamente con lui insieme ai suoi e ai nostri amici.
Ma Dio ha voluto che suor Chiara, incoronata di gloria, tornasse prima.
Rientrava nella scena del mondo come una regina vestita di splendore, con il volto luminoso di chi ha visto Dio e ha immerso lo sguardo nei suoi occhi.
Un premio Nobel della letteratura, il colombiano Gabriel Garcia Marques, ha lasciato scritto: «A un bambino regalerei le ali, ma lascerei che da solo imparasse a volare». Al piccolo Luigi Guanella le ali furono regalate nel «sogno» nel giorno della sua prima comunione, quando si trovava a custodire un grappolo di pecore sull’altura di Gualdera a un paio di chilometri dalla sua casa natale.
Era il giovedì santo. Allora il giorno della prima Comunione conservava il ritmo del quotidiano; era il mondo dell’invisibile inondato dalla luce della grazia divina. Allora, a differenza di oggi, non si conoscevano regali per la circostanza. Quel giorno la sveglia fu anticipata. Bisognava essere all’alba a Campodolcino, nella parrocchia, prima della messa. Poi la risalita a Fraciscio, una frugale colazione e, invece della scuola, al pascolo con le pecore.
San Luigi Guanella, nuovo santo del terzo millennio. Ricordo le parole del Papa che aprì questo nuovo millennio insieme ai giovani di tutto il mondo: “Non abbiate paura di essere i santi del nuovo millennio! Con Cristo la santità - progetto divino per ogni battezzato - diventa realizzabile...Gesù cammina con voi, vi rinnova il cuore e vi irrobustisce con il vigore del suo Spirito”. La santità, allora, è un progetto che, insieme a Cristo, ogni battezzato può realizzare. Bisogna contare su di Lui; credere alla forza invincibile del Vangelo e porre la fede a fondamento della speranza. Si può dire ancora di più: ogni progetto umano dovrebbe essere considerato nella prospettiva della santità, se vuole dare qualcosa di vero alla vita e durare persino oltre la vita. Con un po’ di fede si intuisce come Dio abbia su ognuno di noi un progetto, misterioso, tutto da scoprire e che esige impegno, fatica, anche sofferenza e lotta. Ne vale ogni pena, perché è salvifico, riguarda la salvezza. In Maria è tutto realizzato il progetto di bellezza, di felicità autentica e di amore, il progetto di santità che Dio ha per ciascuno di noi. Maria è il capolavoro a cui guardiamo con sicura speranza.
Un santo non è un divo. Un santo non somiglia ad un uomo di successo. I cristiani lo sanno. E sanno che c’è una bella differenza tra il successo nelle cose del mondo e quello nelle cose del cielo. Le cose del cielo, del resto, sono poi quelle stesse della terra ma vissute, per così dire, in modo centuplicato, in modo più povero, ma in modo senza fine, eterno com’è Dio. Così è scritto nel Vangelo, come è scritto nella vita di tutti i santi, quelli famosi e quelli meno noti, quelli di casa, della parrocchia, dei gruppi e dei movimenti ecclesiali.
Gente che ha vissuto nella ferialità del mondo, ma con la convinzione che non tutto finisce nel mondo. Gente che ha sperimentato e fatto vedere agli altri l’Infinito nelle cose finite. Il cielo dentro la terra, il centuplo quaggiù, che è una ricchezza di senso. Una ricchezza incalcolabile agli occhi di un mondo di terra.
di don Mario Carrera
«Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti, ma quasi tutti sono fatica, dolore; passano presto e noi ci dileguiamo». Con queste parole del salmo 90 Giovanni Paolo II apriva la sua lettera agli anziani.
Alla fine del Secondo millennio il Papa, ormai entrato nella terza età, ha sentito il desiderio di mettersi in dialogo con le persone coetanee per esprimere innanzitutto la sua gratitudine a Dio «per i doni e le opportunità che con abbondanza gli ha elargito».
Festa è un parola importante, necessaria quanto il lavoro, anzi: in questi tempi di diffusa crisi economica, solo il fatto di avere un buon lavoro oggi è già motivo sufficiente per fare festa». La festa è componente fondamentale di una vita che vuole essere pienamente umana, ma è necessario capire cosa è festa. L’uomo moderno, infatti, ha creato il tempo libero, ma ha perso il senso della festa e in particolare della domenica.
Per la famiglia l’esperienza della festa è esperienza di un tempo molto speciale: «Parte dell’emozione della festa è desiderarla, aspettarla e prepararla. Diciamo che essere in festa si apprende, la festa non si improvvisa come non si improvvisa essere amici. La festa è un ingrediente per creare legami che uniscono le persone che diventano parte della nostra vita. Nel focolare della famiglia, la festa è un giorno speciale, dove c’è posto per la contemplazione, l’adorazione, la gratitudine, come è la domenica».
La Chiesa è nata intorno all’Eucaristia e in essa «abbiamo qualcosa di più importante del divertimento: abbiamo l’amore portato agli estremi». Partendo da questa premessa, il card. Sean O’Malley, arcivescovo statunitense, ha proposto la sua riflessione su «Santificare la festa: la famiglia nel giorno del Signore». Secondo il cardinale, «la nostra celebrazione dell’Eucaristia, il sacrifico della messa, è per noi cattolici un pasto familiare. È lì che noi facciamo esperienza dell’amore di Dio e impariamo la nostra identità, chi siamo, perché siamo al mondo e cosa fare della nostra vita. Quando partecipiamo alla messa con loro, insegniamo ai nostri figli e nipoti una delle lezioni più importanti. I bambini che sentono dai loro genitori quanto e perché essi amano la messa, saranno meno portati a paragonare la messa con la televisione e considerarla noiosa».
L’intervento del card. Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio della famiglia, ha parlato all’Incontro mondiale sul tema: «La famiglia, il lavoro e la festa» e lo ha trattato alla luce del libro della Genesi riguardo ai «tre beni che si realizzano nella relazione con gli altri e con Dio». Questa relazionalità, ha suggerito il cardinale, è da valorizzare: «Gli altri non vanno guardati come rivali da sovrastare e utilizzare, ma come alleati con i quali aiutarsi, per crescere insieme. Non è lecito ridurli a strumento. Sono un bene in se stessi e meritano di essere rispettati, amati e valorizzati. In una stagione della storia nella quale la persona è ridotta ad individuo, la società a gioco d’interessi, la felicità a piacere, la verità a opinione, anche la famiglia, il lavoro e la festa subiscono riduzioni e distorsioni. Tutte le dimensioni della vita devono essere plasmate dall’amore». Nella riflessione del card. Antonelli «non solo nella famiglia e nella festa, ma anche nel lavoro e nell’economia deve prevalere la logica del dono, integrando utilità e gratuità, bene strumentale e bene voluto per se stesso. La famiglia è un fenomeno universale nella storia del genere umano. Ha una struttura permanente, costituita dal rapporto tra i due sessi, legame uomo-donna, e dal rapporto tra le due generazioni, legame genitori-figli, legami non solo affettivi, ma anche etici».
Il card. Antonelli ha concluso il suo intervento con un auspicio: «La cultura individualista, utilitarista, consumista, relativista ha impoverito le relazioni umane e ha compromesso la fiducia tra le persone; ha provocato la crisi dell’economia, del lavoro e della famiglia. La riscoperta dell’uomo come soggetto essenzialmente relazionale e la cura per la buona qualità delle relazioni porteranno al superamento della crisi del lavoro e della famiglia. La crisi fa emergere il malessere latente da tempo e apre prospettive nuove».
«Cari ragazzi, vi dico con forza: tendete ad alti ideali, siate santi! Ma è possibile essere santi alla vostra età? Vi rispondo: certamente! Lo dice anche sant'Ambrogio, grande Santo della vostra Città, in una sua opera: ogni età è matura per Cristo. Non manchi poi la vostra preghiera personale di ogni giorno. Imparate a dialogare con il Signore, confidatevi con Lui, ditegli le gioie e le preoccupazioni, e chiedete luce e sostegno per il vostro cammino».
«Non siate pigri, ma ragazzi e giovani impegnati, in particolare nello studio: è il vostro dovere quotidiano e una grande opportunità che avete per crescere. Siate disponibili e generosi verso gli altri, vincendo la tentazione di mettere al centro voi stessi, perché l'egoismo è nemico della gioia».
Cari ragazzi, tutta la vita cristiana è un cammino, è come percorrere un sentiero che sale su un monte in compagnia di Gesù; con questi doni preziosi la vostra amicizia con Lui diventerà ancora più vera e più stretta. Questa amicizia si alimenta continuamente con il sacramento dell'Eucaristia, nel quale riceviamo il suo Corpo e il suo Sangue. Per questo vi invito a partecipare sempre con gioia e fedeltà alla Messa domenicale, quando tutta la comunità si riunisce insieme a pregare, ad ascoltare la Parola di Dio e a prendere parte al Sacrificio eucaristico. E accostatevi anche al Sacramento della Penitenza, alla Confessione: è l'incontro con Gesù che perdona i nostri peccati e ci aiuta a compiere il bene».
«La santità è la via normale del cristiano: non è riservata a pochi eletti, ma aperta a tutti. Naturalmente, con la luce e la forza dello Spirito Santo! E con la guida di nostra Madre. Chi è nostra Madre? È la Madre di Gesù, Maria. A lei Gesù ci ha affidati tutti, prima di morire sulla croce. La Vergine Maria custodisca allora sempre la bellezza del vostro 'si" a Gesù, suo Figlio, il grande e fedele Amico della nostra vita».
Ti prepari per tre anni a questo 7° incontro mondiale delle famiglie. Poi ti basta salire sull’auto che viene a prenderti alla stazione e scambiare qualche parola con l’autista, uno dei cinquemila volontari. è un operaio, sindacalista nella sua fabbrica. Ha preso le ferie per lavorare da volontario. Gli basta essere vicino a tante famiglie, lui che la famiglia non l’ha avuta da quando è nato: genitori subito separati; fratelli e sorelle rintracciati – a stento – dopo decine di anni; darebbe chissà che cosa per conoscere e frequentare almeno i nipotini. E per di più ci ringrazia di essere venuti, di portare aria di famiglia, di raccontare che la famiglia c’è e vuole contare. “Vi prego, fatelo anche per me”.
Poi arrivi al banco dell’accoglienza: ragazzi con la maglietta dei volontari e col sorriso pronto ad accogliere, ascoltare, rispondere, accompagnare, risolvere. Sono schierati come piccoli plotoncini; ognuno con la sua guida che, subito, allerta: “Ai posti, ragazzi, sta arrivando il mondo!”.
E' stata festa, sì, il VII Incontro mondiale delle famiglie a Milano. è stato incontro, allegria, gioia. è stato sventolii di bandiere in piazza Duomo quando il Papa ha fatto il suo primo ingresso nel capoluogo lombardo. è stato allegria e commozione sabato sera a Bresso, in occasione della festa delle testimonianze, e soprattutto, è stata festa domenica, quando un milione di famiglie si sono radunate sulla spianata dell’aerodromo per la Messa. Ma è stato anche lavoro. Un lavoro iniziato già mercoledì negli spazi della Fiera di Milano, dove per tre giorni si è svolto il Congresso teologico pastorale dedicato alla famiglia che ha fatto da cornice all’incontro.
“Festa” e “lavoro”, quindi, come recita il sottotitolo di questo VII Incontro mondiale che ha visto la partecipazione di famiglie provenienti da 153 Paesi e che è stato capace di trasformare la “Milano degli affari” nella “Milano degli affetti”. Sempre affannata e di corsa, Milano ha saputo fermarsi per dare, per una volta, spazio ai passeggini e alle carrozzine e adeguare il suo passo a quello incerto e caracollante dei bambini . Non solo all’interno della fiera dove c’erano spazi-gioco riservati esclusivamente a loro, ma anche all’interno stesso del congresso dove bambini e ragazzi hanno avuto la possibilità di partecipare essi stessi ad un congresso a misura loro dal titolo “il Giardino”. In 900, provenienti da tutte le parti del mondo, vi hanno partecipato accuditi da 150 animatori .
Nell’attuale periodo di crisi, la famiglia è il vero – e spesso unico – ammortizzatore sociale, al contempo bersaglio e protagonista della crisi. Da questo presupposto prende le mosse una delle molte iniziative di carattere culturale in preparazione al VII Incontro mondiale delle famiglie, che si terrà a Milano dal 30 maggio al 3 giugno: un ciclo di incontri organizzati dalla Fondazione “Milano Famiglie 2012” in collaborazione con il “Gruppo 24 Ore”. Il percorso è stato presentato nel corso di una conferenza stampa tenutasi a Milano nell’aprile scorso.
I quattro appuntamenti (il 12 e il 19 aprile e il 10 e il 17 maggio nel capoluogo lombardo), hanno messo a fuoco alcuni temi nodali attraverso altrettante centrature nei titoli proposti: “I giovani: come dialogare con le nuove generazioni”, “L’evoluzione della società e della famiglia oggi”, “L’economia in tempi di crisi, quale sostegno alla famiglia?” e “Nuove politiche sociali e di lavoro per la sostenibilità della famiglia”. Ciascun incontro, oltre agli esperti, ospiterà di volta in volta l’intervento di un cardinale: porteranno la loro voce il card. Dionigi Tettamanzi, arcivescovo emerito di Milano, il card. Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia, il card. Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, e nell’ultimo incontro il card. Angelo Scola, arcivescovo di Milano.