Festa è un parola importante, necessaria quanto il lavoro, anzi: in questi tempi di diffusa crisi economica, solo il fatto di avere un buon lavoro oggi è già motivo sufficiente per fare festa». La festa è componente fondamentale di una vita che vuole essere pienamente umana, ma è necessario capire cosa è festa. L’uomo moderno, infatti, ha creato il tempo libero, ma ha perso il senso della festa e in particolare della domenica.
Per la famiglia l’esperienza della festa è esperienza di un tempo molto speciale: «Parte dell’emozione della festa è desiderarla, aspettarla e prepararla. Diciamo che essere in festa si apprende, la festa non si improvvisa come non si improvvisa essere amici. La festa è un ingrediente per creare legami che uniscono le persone che diventano parte della nostra vita. Nel focolare della famiglia, la festa è un giorno speciale, dove c’è posto per la contemplazione, l’adorazione, la gratitudine, come è la domenica».
La Chiesa è nata intorno all’Eucaristia e in essa «abbiamo qualcosa di più importante del divertimento: abbiamo l’amore portato agli estremi». Partendo da questa premessa, il card. Sean O’Malley, arcivescovo statunitense, ha proposto la sua riflessione su «Santificare la festa: la famiglia nel giorno del Signore». Secondo il cardinale, «la nostra celebrazione dell’Eucaristia, il sacrifico della messa, è per noi cattolici un pasto familiare. È lì che noi facciamo esperienza dell’amore di Dio e impariamo la nostra identità, chi siamo, perché siamo al mondo e cosa fare della nostra vita. Quando partecipiamo alla messa con loro, insegniamo ai nostri figli e nipoti una delle lezioni più importanti. I bambini che sentono dai loro genitori quanto e perché essi amano la messa, saranno meno portati a paragonare la messa con la televisione e considerarla noiosa».
Il prossimo non rivale, ma compagno di viaggio
L’intervento del card. Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio della famiglia, ha parlato all’Incontro mondiale sul tema: «La famiglia, il lavoro e la festa» e lo ha trattato alla luce del libro della Genesi riguardo ai «tre beni che si realizzano nella relazione con gli altri e con Dio». Questa relazionalità, ha suggerito il cardinale, è da valorizzare: «Gli altri non vanno guardati come rivali da sovrastare e utilizzare, ma come alleati con i quali aiutarsi, per crescere insieme. Non è lecito ridurli a strumento. Sono un bene in se stessi e meritano di essere rispettati, amati e valorizzati. In una stagione della storia nella quale la persona è ridotta ad individuo, la società a gioco d’interessi, la felicità a piacere, la verità a opinione, anche la famiglia, il lavoro e la festa subiscono riduzioni e distorsioni. Tutte le dimensioni della vita devono essere plasmate dall’amore». Nella riflessione del card. Antonelli «non solo nella famiglia e nella festa, ma anche nel lavoro e nell’economia deve prevalere la logica del dono, integrando utilità e gratuità, bene strumentale e bene voluto per se stesso. La famiglia è un fenomeno universale nella storia del genere umano. Ha una struttura permanente, costituita dal rapporto tra i due sessi, legame uomo-donna, e dal rapporto tra le due generazioni, legame genitori-figli, legami non solo affettivi, ma anche etici».
Il card. Antonelli ha concluso il suo intervento con un auspicio: «La cultura individualista, utilitarista, consumista, relativista ha impoverito le relazioni umane e ha compromesso la fiducia tra le persone; ha provocato la crisi dell’economia, del lavoro e della famiglia. La riscoperta dell’uomo come soggetto essenzialmente relazionale e la cura per la buona qualità delle relazioni porteranno al superamento della crisi del lavoro e della famiglia. La crisi fa emergere il malessere latente da tempo e apre prospettive nuove».