A volte i santi ci passano accanto e non ce ne accorgiamo. Eppure la gioia di essere amati da Dio non si puònascondere. È la scoperta del filo d’oro che lega tutti i fatti dell’esistenza, è la tessera che completa il mosaico dell’umanità nel quale ogni uomo è inserito. È la gioia vera. Si legge sul volto, negli occhi, nei gesti. Si radica nel più profondo dell’essere umano e libera energie sepolte che non possono più fare a meno di agire. Gioia che contagia e libera e aiuta a leggere i fatti della vita. E’ la storia e l’esperienza di tanti quando fanno un incontro forte, che cambia la vita. Può essere l’incontro con un testimone, ma anche con un fatto della vita, una malattia, una morte di una persona cara, un’esperienza spirituale coinvolgente e profonda.
La testimonianza della propria vita è un vero e proprio contagio, vale anche per i non cristiani. Gandhi diceva di se stesso: sono un incorreggibile ottimista.
«Di ritorno da un viaggio c’è sempre qualcosa da raccontare». Ebbene la strada per giungere al traguardo della canonizzazione è una miniera di racconti interessanti. Un’avventura meravigliosa. Ho percorso sentieri con orme insanguinate di un giovane uscito in un modo singolare da un drammatico incidente. Sentieri carichi di buio per la ragione umana, tuttavia, una tenebra vibrante di mistero. Questa vicenda umana, fasciata dal dolore e dal timore di esiti drammatici, era pervasa da un’energia proveniente da un «altrove» che sorreggeva un dramma attraversato da una solida speranza irrobustita dalla preghiera d’intercessione a don Guanella.
Raccontare le settimane di ospedale del giovane William Glisson, il suo riaffacciarsi alla finestra luminosa della vita, il ritorno agli affetti familiari, lo sbocciare di un amore che lo porterà al matrimonio, è stato come percorrere una galassia di stelle scintillanti che si sta concludendo come una festa di fuochi d’artificio.
Nel «Giornale dell’anima» il Beato Giovanni XXIII ricorda il giorno della sua ordinazione con queste parole. «Visitai le chiese alle quali ero più affezionato, gli altari dei santi a me più familiari, le immagini della Vergine Maria. Furono visite brevissime, ma mi sembrò quella sera di avere qualcosa da dire a ciascuno di loro e che essi avessero qualcosa da dire a me, e, infatti, fu così».
Tutti coloro che saranno presenti a Roma o assisteranno attraverso la televisione o idealmente parteciperanno alla glorificazione di don Guanella in Piazza San Pietro il 23 ottobre 2011, certamente avranno avuto l’esperienza di essere stati in ginocchio davanti ad un’immagine di don Guanella, di aver chiesto qualcosa e di aver sentito nascere qualcosa di buono nel loro animo.
L’evento della canonizzazione sarà una circostanza privilegiata dello Spirito per far riecheggiare sentimenti positivi e propositi operativi e così continuare nella nostra storia l’esperienza di carità che costituisce l’aureola luminosa per don Guanella.
Nel giorno della canonizzazion, a don Guanella sarà idealmente affidato il titolo di «Maestro itinerante dell’amore del prossimo». Il suo magistero inizierà subito. Lo farà attraverso le onde magnetiche dei mezzi della comunicazione sociale, il suo messaggio di fraternità scenderà come acqua rigeneratrice nell’animo di tante persone e gli animi più sensibili sentiranno risuonare un canto ammaliante di nostalgia e una voglia di bene.
L’esempio della sua vita, a imitazione di Cristo, ancora per noi oggi si fa «pane spezzato» per la vita dei poveri: poveri di pane, di speranza, di affetto, di salute, d’intelligenza, di ruoli nella vita sociale.
Eminenza, secondo lei la Chiesa si sta riprendendo dalla crisi vocazionale?
Si, devo dire in primo luogo che a mio avviso non è vero che ci sia una generale carenza di vocazioni. Quando mi domandano su questo dico che è “a pelle di leopardo”: ci sono diocesi in cui le cose vanno bene e in altre meno bene. Per esempio nella diocesi di Cordoba in Spagna, la mia diocesi di origine, dopo la crisi post-conciliare il Seminario è stato chiuso per 12 anni, mentre adesso hanno tre seminari: minore, maggiore e missionario. L’anno scorso hanno ordinato 18 sacerdoti, adesso la media di età del clero oscilla intorno ai 40-45 anni; è rinata la diocesi, e così conosco altri nuovi seminari che erano chiusi e adesso si riaprono. è curioso perché dicono che avanza questo clima più che altro di secolarizzazione; io lo chiamo di paganizzazione nel vivere come se Dio non esistesse e viceversa. C’è una reazione nella mente del giovane, quando viene presentata la figura di Cristo così com’è. Cristo non invecchia mai. è per questo che attira fortemente i giovani, che tramite lui scoprono il cammino che porta verso la comprensione vera di Dio come Padre. Scoprono quella Verità piena con la maiuscola che Dio ha portato al mondo perché la bellezza della creazione, la pienezza di quella immensità di bellezza, di bontà e di giustizia rimane un ideale grande, sempre.
Eminenza, l’Anno della Fede che iniziamo in questi giorni, voluto dal Santo Padre Benedetto XVI, interroga le nostre comunità e la loro fedeltà al vangelo. Come si può nel mondo d’oggi, comunicare la gioia della fede, specie in un momento di crisi di valori.
Dobbiamo, innanzi tutto, recuperare la lucida consapevolezza che la fede non è una poltrona nella quale possiamo sederci comodamente una volta per sempre. Non, non è così! La fede è una strada da percorrere: ogni giorno dobbiamo metterci in cammino come un viandante e dobbiamo lottare per togliere gli spazi di incredulità e il tarlo della mediocrità che tutti ci portiamo dentro.
Una comunità cristiana più umile, una comunità cristiana desiderosa di crescere nella fedeltà al proprio Signore è già un bel segno di fronte al mondo.
Andrea Olivero è Presidente nazionale delle ACLI (Associazioni Cristiane Lavoratori) dopo avere maturato esperienze nel volontariato e nell’associazionismo cattolico. Attualmente presiede anche la Fai (Federazione Acli internazionali) ed è componente del Cda della Fondazione per il Sud, oltre a far parte dell’Osservatorio nazionale sull’associazionismo e dell'Osservatorio nazionale sulla famiglia. è membro inoltre del Forum del Progetto culturale della Cei ed ha acquisito una significativa competenza nei temi della solidarietà sociale, della tutela dei diritti, della riforma del welfare e l’educazione, nonché sulla cooperazione internazionale. Dall’11 dicembre 2008 è portavoce unico del Forum del terzo settore.
Conta centinaia di milioni di devoti al mondo. Sono milioni i bambini e le bambine che portano
il suo nome. È ben presente nel Vangelo,
nel presepio e nelle chiese, ma la sua vicenda umana e la sua rilevanza nella storia della salvezza sono poco conosciute.
Stiamo parlando di San Giuseppe, sposo di Maria e padre adottivo di Gesù. Riportiamo alcuni passaggi di un’intervista realizzata da Zenit
al professore don Salvatore Vitiello, coordinatore del Master in architettura, arti sacre
e liturgia dell’Università Europea di Roma
e del Pontificio Ateneo Regina Apostolorum
Ernesto Olivero ed il Sermig sono una sola cosa. L’opera da lui “pensata” nel 1964 resta tra le più grandi intuizioni profetiche ad oggi realizzate da un laico, che è sposato, padre di tre figli e conta sette nipoti. E’ nato nel 1940 a Mercato San Severino in provincia di Salerno. Dopo avere lavorato in varie industrie del torinese e poi in banca, nel 1991 rassegna le dimissioni. Nel 1964 fonda a Torino il Sermig, Servizio Missionario Giovani, insieme alla moglie Maria e ad un gruppo di giovani. Nel 1983 viene assegnato al Sermig in comodato dal Comune di Torino l’ex Arsenale Militare di Piazza Borgo Dora. Olivero, incoraggiato da Giorgio La Pira, sente che questo sarà il primo grande passo di una profezia di pace. Ne inizia la trasformazione con l’aiuto gratuito di migliaia di giovani, di volontari, di uomini e donne di buona volontà da ogni parte d’Italia. L’11 aprile 1984 è il Presidente della Repubblica Sandro Pertini ad inaugurare l’Arsenale della Pace.
Quando Qualcuno, Lui… il Signore, ha comunicato se stesso e io, noi lo abbiamo ascoltato, è necessario e… educato rispondere. La comunità si alza in piedi per gridare con il cuore: Tu ci hai rivelato la strada della vita e noi ci fidiamo di Te, perché Tu sei l’Amore che non tradisce per tutte le generazioni. “Credo” è il grido ripetuto varie volte in questo simbolo che è davvero il… manifesto dei credenti della Chiesa Cattolica Romana. Una sintesi meravigliosa della fede che si è formata nei secoli attraverso il cuore ecclesiale e il soffio dello Spirito Santo che mai è mancato come sorgente di verità. Per l’Assemblea della Santa Messa sembra quasi una nenia a memoria mentre invece possiede una energia sempre rigenerante della fede.
I giovani ammirano chi sa loro rispondere
alle provocazioni tipiche della loro età
e ritengono queste persone come riferimenti importanti con i quali relazionarsi
“Uffa mamma, basta con le prediche! Ma perché sempre le stesse cose? Ma non potresti inventarti qualcosa di nuovo?”. E in chiesa, guardando l’orologio: “Uffa, ma quando la smette questo prete? Sono già dieci minuti e poi… sempre le stesse cose! Ma quando dirà qualcosa di interessante?… oh!... adesso parla anche di politica… ma che parli del Vangelo e di Gesù Cristo…!”.