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Mercoledì, 11 Gennaio 2012 12:18

Un tempo liturgico carico di luce

di Madre Anna Maria Cánopi

«Tutti vengono a te», canta ancora
la liturgia; ma questo “andare”
è sempre all’inizio, ha sempre bisogno
di essere nuovamente sospinto

Sulla soglia del nuovo anno troviamo ad accoglierci, con sorriso rassicurante, Colei che il Concilio di Efeso ha riconosciuto a pieno titolo “Madre di Dio”. Come umile e insieme altissimo trono, ella regge sulle ginocchia il Rex Pacificus. Felicemente perciò la Chiesa ha fatto la scelta di celebrare proprio il 1° gennaio anche la “giornata della pace”.
Quasi presi per mano e guidati da Maria, ci avviamo, dunque, per i sentieri di questo nuovo spazio di tempo che il Signore ci dona per ritornare a lui con tutto il cuore.
La liturgia ci fa ancora sostare alla grotta di Betlemme, dove troviamo la Vergine Madre che, dopo la visita dei pastori, va meditando nel suo cuore quanto sta accadendo attorno a lei e quanto si va dicendo del Bambino che stringe tra le sue braccia.

Giovedì, 05 Dicembre 2013 15:34

Terra terra, cielo cielo

di Igino Giordani

Il Padre, che ha generato un Figlio per amarlo, ha creato il fratello, copia minore di quel Figlio, perché noi possiamo amarlo. Il fratello è immagine di Dio: sua progenie, frutto del suo sangue: sì che in lui si ama Dio per effigie e per rappresentanza. Né basta: il fratello è tale perché figlio d'uno stesso Padre, Dio; ridivenuto figlio di Dio per l'incarnazione, passione e morte di Gesù. Si può dire che il fratello ci è stato dato perché ci ricordi, per similitudine, Dio [...].
Il quale, perché infinito, non si può vedere con pupille limitate: lo si vede, come in uno specchio, nel fratello. Infinito, Dio non si può amare con servizi congrui alla sua infinità. Lo si può servire nei fratelli, in cui è Cristo, poiché i fratelli abbisognano di servizi limitati, congrui alle nostre possibilità.

 

Mercoledì, 11 Gennaio 2012 12:30

Siete la luce del mondo

«Entrai nell’intimità
del mio cuore…
e vidi con l’ochio
dell’anima mia
una luce inalterabile…
non era una luce terrena.
Era un’altra luce…
era la luce
che mi ha creato.
Chi conosce
la verità
conosce
questa luce».

Sant’Agostino,
Le confessioni

Mercoledì, 19 Dicembre 2012 11:18

Grotta o stalla?

di Gabriele Cantaluppi

Nel buio misterioso di una cavità naturale la venuta di Gesù Bambino appare un luminoso contrasto. Spesso, nelle rappresentazioni, in lontananza sullo sfondo, sorge la turrita città di Gerusalemme quasi a ricordare il luogo della futura passione, già in qualche modo presagita dall’umile nascita del Figlio di Dio. Luca parla solo di una stalla e di una mangiatoia. Il bue e l’asino appartengono ad una forma di idillio rurale


Giovedì, 06 Settembre 2012 13:23

Maria presentata al tempio

di Gabriele Cantaluppi

Se poco sappiamo circa l’infanzia e l’adolescenza di Gesù, ancor minori notizie abbiamo della fanciullezza di Maria. L’autore del Protoevangelo di Giacomo, scritto apocrifo del secondo secolo,  racconta che all’età di tre anni Maria fu accompagnata dai suoi genitori Gioacchino e Anna al tempio, dove un sacerdote l’accolse e la benedisse, facendola sedere sul terzo gradino,  cioè il più vicino possibile all’altare; il Signore effuse su di lei la sua grazia ed ella si mise a danzare.
Il racconto apocrifo nasconde un grande messaggio: il cuore di Maria fu sempre interamente dedicato a Dio solo. Come molte feste mariane antiche, anche questa nasce dalla dedicazione di una basilica in onore di Santa Maria, costruita dall’imperatore Giustiniano (527-565) a Gerusalemme e dedicata il 21 novembre 543, sul luogo in cui la Vergine avrebbe trascorso la propria infanzia consacrata al servizio divino.

Giovedì, 12 Luglio 2012 09:56

Sosterrai lo straniero e l'ospite

di Gabriele Cantaluppi

“Midrash” è la parola che nella lingua ebraica indica il modo di interpretare la Bibbia che, andando al di là del senso letterale, scruta il testo in profondità per renderlo attuale alla vita del lettore, traendone applicazioni pratiche e significati nuovi che non appaiono a prima vista.  Con questo criterio vanno letti i primi capitoli dei Vangeli di Matteo e di Luca, detti “Vangeli dell’infanzia”, dove Gesù è presentato come colui che dà compimento alle profezie.
San Matteo cita molte volte l’antico testamento, per dimostrare che Cristo realizza quello che avevano promesso la legge di Mosé e i profeti, e lo fa anche nella narrazione della fuga della Santa Famiglia in Egitto nel secondo capitolo del suo vangelo.
Gesù già da bambino partecipa così alla vita del suo popolo: l’Egitto diventa per lui il rifugio, come lo fu per i patriarchi  Abramo, Giuseppe e Giacobbe, la terra dove il Cristo Bambino, appena nato, si rifugiò  e visse per sfuggire alla persecuzione del re Erode.

Venerdì, 01 Giugno 2012 13:21

Maria, prendo te come mia sposa

di Gabriele Cantaluppi

«Tra poco Nazareth si addormenta sotto la luna, la cena è pronta, cena di povera gente: l’acqua della fonte, il pane di giornata e il vino di Engaddi… e poi c’è Maria che ti aspetta, o Giuseppe. Ti prego: quando entri da lei, sfiorala con un bacio, falle una carezza, pure per me, e dille che anch’io le voglio bene, da morire. Buona notte, Giuseppe». Con queste delicate parole don Tonino Bello, il compianto vescovo di Molfetta, ritrae una scena verosimile della vita quotidiana della Santa Famiglia.

Venerdì, 01 Giugno 2012 09:00

Maria di Nazareth la prima evangelizzatrice

di Gabriele Cantaluppi

Un giorno san Benedetto, immerso nella sua solitudine di eremita, ricevette la visita di un prete, che gli disse:  “Alzati e prendiamo un po’ di cibo, perché oggi è Pasqua”. Gli rispose il Santo: “Non lo sapevo, ma me ne sono accorto perché sei venuto a visitarmi”. Suscitare in ciascuno la lode e la condivisione, questa è anche la forza delle visite che ci rendiamo gli uni gli altri: ci incoraggiamo vicendevolmente e riprendiamo fiducia nell’avvenire, proprio come è il messaggio della Pasqua.
Appena venuta a conoscenza della propria maternità divina e di quella prodigiosa della cugina Elisabetta, Maria non può trattenere l’impulso di andare a farle visita:  “in fretta”, sottolinea il vangelo di Luca, ma una fretta motivata dalla premura e dall’amicizia che spinge al desiderio di essere e di rendere partecipi dei doni ricevuti.

Mercoledì, 11 Aprile 2012 12:02

Il Sepolcro di Gesù

di Gabriele Cantaluppi

Dopo che Pietro e l’ “altro discepolo”, forse San Giovanni, si sono allontanati dal sepolcro di Gesù il mattino di Pasqua, Maria Maddalena non riesce a staccarsene e si china per osservare meglio l’interno. è un gesto certamente dettato dall’entrata angusta, ma che può assumere una valenza spirituale anche per noi: per capire il mistero della Risurrezione occorre mettersi in atteggiamento di adorazione. Non per niente questa parola nella lingua greca, usata dai Vangeli, indica etimologicamente un gesto di sottomissione, di riconoscimento della propria piccolezza davanti alla maestà di Dio. Adorare è orientare la propria vita verso la volontà di Dio, cioè verso il bene e verso il vero.

Ma per completare il senso del termine, è bene mutuarlo anche dalla lingua latina, dove “adorare” indica il movimento dell’accostare la bocca: cioè del baciare, dell’amare.
Allora l’atteggiamento adorante si fonde con l’unione d’amore con Dio.
La Resurrezione di Gesù può essere vissuta nella sua profondità solo se ci si mette nell’atteggiamento dell’abbandono, della dimenticanza di se stessi per assumere quello dell’accoglienza e del dono. “Non mi trattenere” dice Gesù alla Maddalena, “perché non sono ancora salito al Padre”: è come dire che per cogliere la sua presenza è necessaria una prospettiva che esuli dall’esperienza puramente sensitiva, per entrare in quella degli affetti.
Benedetto XVI in un recente discorso metteva in guardia dall’uso esclusivo del metodo storico-critico nella comprensione del testo biblico, escludendo la comprensione dettata dal “sensus fidei” della comunità cristiana. Potremmo tradurre questa espressione affermando un “sesto senso” della comunità, un modo di percepire le verità della fede che le viene dato dallo Spirito Santo e che essa scopre di avere come carisma.

di Gabriele Cantaluppi

“Santa e dolce dimora/dove Gesù fanciullo/ nascose la sua gloria./ Giuseppe addestra all’umile/arte del falegname/ il Figlio dell’Altissimo./ Accanto a lui Maria/fa lieta la sua casa/ di una limpida gioia”: con queste parole la liturgia descrive la vita quotidiana nella casa di Nazareth. è messa in risalto, quasi posta al centro, la figura di Giuseppe, come padre ed educatore di Gesù, a cui rimane però rivolta tutta l’attenzione.
“Non temere di prendere con te Maria, tua sposa” gli aveva detto Gabriele, costituendolo così padre di Gesù, con tutti i diritti e doveri di questo ruolo. Se Maria, parente di Elisabetta e di Zaccaria, apparteneva alla stirpe di Aronne, Giuseppe invece era discendente di Davide: Gesù, divenendo suo figlio adottivo, acquistava tutti i diritti di un figlio carnale ed era a pieno titolo accolto  nella stirpe di Davide, compiendo così la promessa fatta.
Al museo del Louvre si trova un quadro di Georges de la Tour, un pittore francese del Seicento, che rappresenta Giuseppe intento di notte al suo lavoro di falegname; accanto a lui Gesù gli fa lume reggendo una candela accesa. Nella penombra della scena è pienamente illuminato il volto dell’adolescente, di cui colpisce lo sguardo sereno e affettuoso rivolto al padre che, pur intento a praticare un foro in una trave di legno, alza gli occhi per fissarli in quelli del figlio.

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