«Ifigli sono la pupilla dei nostri occhi [...] Che ne sarà di noi se non ci prendiamo cura dei nostri occhi? Come potremo andare avanti?», così Papa Francesco all’apertura della Giornata Mondiale della Gioventù in Brasile. Quest’anno 2014, la Conferenza episcopale italiana per la Giornata della Vita ha lanciato un messaggio con questo slogan: «Generare futuro». Il futuro è nei desideri di tutti perché ogni figlio è l’apparizione tra noi del volto del Signore «amante della vita» e sorgente di ogni futuro. Questa volontà di futuro è coltivata anche all’ombra della nostra basilica di San Giuseppe. Nel mese di giugno dello scorso anno la parrocchia di San Giuseppe al Trionfale ha inaugurato un Centro di ascolto e di aiuto alla vita nascente. In questa comunità ecclesiale è stato affidato a San Giuseppe il compito di essere il custode della vita dal momento della nascita al suo naturale partorire nell’abbraccio misericordioso di Dio per l’eternità.
Nell’accogliere i pellegrini di Pianello in arrivo a Roma ho provato i sentimenti di Giuseppe l’ebreo, quando ha incontrato i suoi familiari. È stato come un incontro di famiglia, legata da vincoli antichi con le radici nell’unica fede, che nella città santa di Roma ha conosciuto la testimonianza di migliaia di martiri.
Accanto all’immagine del lontano Egitto, c’era anche un accostamento tra Pianello del Lario e la sponda del lago di Genezaret a Cafarnao.
Come Gesù ha incontrato i suoi primi discepoli a Cafarnao, così don Guanella ha raccolto a Pianello le prime generose anime di ragazze per formare la sua nuova congregazione. Inoltre, come Gesù ha scelto Pietro per affidargli la Chiesa, don Guanella ha scelto e coltivato don Leonardo Mazzucchi per affidargli il futuro della congregazione dei Servi della Carità.
Ci sono tante anime eucaristiche nella Parrocchia di San Giuseppe al Trionfale! è una delle più belle e confortanti scoperte come parroco, da poco più di un anno, della parrocchia san Giuseppe al Trionfale.
L’occasione per questa piacevole constatazione è venuta, quando il 1 Novembre u.s. il consiglio presbiterale con il consiglio pastorale, iniziando a concretizzare il progetto pastorale della parrocchia per il triennio 2011-2014, approvato nella giornata/ritiro del 01 ottobre presso il Santuario della Mentorella, ha fatto partire, sotto il coordinamento di Stefano Marchionni, l’iniziativa della «Adorazione eucaristica quotidiana continua».
Se a novembre si comincia a sentire sensibilmente la diminuzione del flusso degli alimenti che arrivano dalla terra sulla tavola, a dicembre si avverte che la natura è entrata nel suo riposo annuale. Un tempo le massaie si difendevano con i diminuiti prodotti dell'orto e le riserve conservate: la frutta sui cannicci o secca, i pomodori appesi ai tralicci, carne e ortaggi sott'olio, sott'aceto, seccata, affumicata, funghi secchi, conserve, fagioli, ceci, lenticchie, castagne, fave, crepide, olive secche, pesce salato e altre risorse derivanti dai sistemi di conservazione elementare, come le uova che si mettevano sotto la cenere o sotto la sabbia per poterle consumare in questo periodo che le galline si riposano fino a gennaio.
Per le nostre zone settembre è il periodo più generoso di frutti e alimenti donati dalla terra: dall'orto ai campi; gran parte delle risorse alimentari si raccolgono in questo tempo e tale è l'abbondanza che perfino le siepi sono piene di bacche e l'uomo, con gli animali, non riescono a utilizzare tutti i beni che sono a disposizione. Questo appare come uno spreco della natura, soprattutto agli occhi di coloro che un tempo potevano conservare pochissimo e avevano scarsi mezzi per farlo: la salatura, l'affumicatura, l'essiccamento al sole e in forno, la preparazione delle conserve, la messa sotto aceto, sotto spirito, sott'olio, ma si trattava di poche cose.
La natura però guarda lontano pensando a tutti e questa abbondanza esagerata torna utile per gli animali, molti dei quali si rimpinzano di tutto questo ben di Dio con una provvidenziale ghiottoneria. Molti infatti col freddo dovranno cadere in letargo e il grasso accumulato in questo periodo d'abbondanza servirà loro per vivere nell'inverno dentro le loro tane, sotto la terra, nel fango, nelle tane degli alberi, dentro gli alveari. Altri come gli uccelli si preparano alle migrazioni e anche loro hanno bisogno di riserve alimentari ed energetiche per attraversare i mari, percorrere immense distanze.
Le piante alimentari che in questo periodo di calura offrono i loro frutti, le foglie, i tuberi da mettere in tavola sono tante (L'estate è la mamma dei poveri, dice un proverbio) che se ne presentano un paio, più caratteristiche e rappresentative, una delle quali è certo la cipolla, ingrediente fondamentale della cucina povera e ricca,
diciamo pure da sempre.
Scrive Plinio nella sua Storia naturale (XX, 20): «In Egitto l'aglio e la cipolla sono considerati come divinità e vengono invocati nei giuramenti. I Greci distinguevano le seguenti specie di cipolla: quella di Sardi, la samotrace, l'alsidena, la setania, la schista e l'ascalonia, così chiamata dalla città che si trova nella Giudea. Tutte quante possiedono un odore che fa lacrimare gli occhi: al massimo grado la qualità di Cipro, al minimo quella di Cnido. Tutte hanno il corpo rivestito di tuniche cartilaginee... Da noi ci sono due specie principali: una impiegata per insaporire i cibi, che viene detta getion dai Greci e pallacana in latino, l'altra specie è quella "a testa grossa": si semina dopo l'equinozio d'autunno oppure dopo che ha cominciato a soffiare il favonio».
Due proverbi indicano l'importanza che ebbero queste due piante nel passato quasi fino ai nostri giorni: L'aglio è la farmacia dei contadini; I fagioli sono la bistecca dei poveri. Infatti senza questi due elementi la vita della povera gente un tempo sarebbe stata assai più tribolata: l'aglio oltre al sapore che con l'uso moderato conferisce agli alimenti, costituisce un antisettico prodigioso che preserva da malattie e contagi; i fagioli costituiscono un deposito di proteine che hanno una capacità alimentare vicina a quella della carne.
Giugno (oggi con coltivazioni speciali ci sono anche prima i mangiatutto oppure burrini) è il tempo della raccolta degli agli e della comparsa negli orti dei primi fagioli da sgranare, per cui è bene arrivare a questa scadenza dopo aver esaurito completamente le provviste dei fagioli e degli altri legumi secchi.
Mentre la stagione volge al caldo molte delle insalate di campo volgono al seme, lasciano la forma giovane di piante da poco spuntate per irrobustirsi e mettere gli steli sui quali nascono i fiori: diventano dure, spesso mutano sapore e non sono più buone per la tavola. I campi offrono ancora insalate di campo buone come la barba di becco, la betonica (lessa per fare frittate), asparagi selvatici, la crepide (insalata che si trova tutto l’anno e si può anche lessare), polloni di luppolo e di vitalbe. Se la stagione è propizia anche funghi, rari ma buoni.
Le piante sono nello stato di maggior vigore preparandosi ai fiori ed esprimono al massimo le loro virtù che si traducono in sapore, ma anche in qualità curative, alcune medicinali come la camomilla (Matricaria chamomilla), pianta annua, verde con piccoli capolini. È erba comunissima nei campi, luoghi erbosi, abbondante lungo le strade campestri e le siepi. Se ne ottiene una bevanda gradevole, profumata e benefica, se non altro consolatrice. Viene usata infatti per calmare dolori, disturbi nevralgici: sciatica, mal di denti, trigemino, nervo sciatico, dolori reumatici, lombaggine, torcicollo e altro.
Già dalle ultime giornate fredde si cominciano a vedere in mezzo ai campi ancora non coltivati delle figure un po' infagottate, incerte nelle nebbioline mattutine e serotine, che si aggirano qua e là per la campagna, guardando per terra e chinandosi ogni tanto per raccogliere qualcosa. Sono i cercatori e le cercatrici di insalate di campo raccolte ancora da molti per passatempo, per gusto della tavola e anche per salute, perché è rimasta nella tradizione orale una conoscenza antica delle erbe salutari e della pratica che era a queste collegata.
Un tempo l'insalata selvatica era una componente fondamentale dell'alimentazione nella quale le erbe commestibili spontanee che si raccolgono nei periodi opportuni erano importanti integratrici degli scarsi mezzi di sussistenza fondamentali. In particolare le insalate si cercano nei mesi invernali non appena i primi freddi intensi, le gelate le hanno rese tenere e liberate da ogni parassita continuando fino nella primavera, fino a quando non s'induriscono producendo il seme. Vengono raccolte per semplice consumo, ma oggi soprattutto non servono più per cacciare la fame e si usano come cose ghiotte, sapori rari, componenti di altri alimenti, ai quali danno sapore e fragranza.
Segno della fine del freddo era un tempo l'apparizione del carciofo Cynara cardunculus scolymus che spunta negli orti con le ultime brezze gelide e i timidi venti primaverili. Oggi le tecniche di coltivazione e le importazioni riforniscono i mercati di questi ortaggi durante gran parte dell'anno, mentre assai pregiata è anche la nostra produzione autunno-vernina.
La massaia, quando vedeva sulle piante spuntare i carciofini si rincuorava: la penuria, la scarsità di alimenti stava finendo e la terra cominciava a dare di nuovo i suoi prodotti. Il carciofo poi, arrivando quando le risorse sono tutte esaurite o quasi, aveva la qualità di essere in cucina un prodotto che, a differenza degli erbaggi che finiscono in gran parte come contorni di relativa sostanza, si presta ad essere cucinato in tante maniere e a soddisfare diversi bisogni.