La scoperta della corporeità e l’educazione alla vita sessuale ed affettiva è un cantiere, un’impresa. è anche un’arte, con la speranza di arrivare al cuore della bellezza. E il cuore è nel mistero della creazione di Dio che ci ha fatti a sua immagine. A questo vanno condotti i giovani, pian piano, ma con decisione. Essendo noi stessi, per primi, a farne esperienza, sia nella famiglia che nella vita consacrata.
L’educazione dei giovani all’amore comprende la trasmissione della dottrina e delle idee, il racconto delle storie esemplari, l’incontro con i modelli e le esperienze significative, l’esercizio pratico nella vita quotidiana, l’amicizia con Gesù, sorgente dell’autentico amore.
In Europa solo il 51% di giovani (tra i 16 e i 24 anni) sono economicamente dipendenti dalle famiglie d’origine, mentre in Italia raggiungiamo quota 74%.
Da un’indagine risulta che il 55% dei giovani italiani non parla di denaro in famiglia. è il dato emerso appena qualche anno fa da una ricerca su “I giovani e il denaro” realizzata al termine di un programma didattico che ha coinvolto 800 scuole e 96.000 studenti in 12 città italiane, ideato per trasmettere ai ragazzi le nozioni basilari delle regole economiche. Su un campione di 2.537 persone, di età compresa tra 11 e 25 anni, sono emersi alcuni atteggiamenti piuttosto diffusi tra i ragazzi nei confronti del denaro: più della metà degli intervistati non viene coinvolto nelle decisioni economiche che riguardano la propria famiglia e il 46% non parla con i genitori né di denaro né di economia. Questa mancanza di dialogo e di educazione finanziaria determina nei giovani, rispetto ai genitori, un atteggiamento molto più disinvolto verso l’utilizzo del denaro: il 19% non pensa a risparmiare e spende il denaro di cui dispone in modo impulsivo, senza pensarci troppo. Eppure per più di 8 ragazzi su 10 è importante imparare ad usare e gestire bene il proprio denaro.
Si comincia dal … principio, precisamente dal “principio d’identità”, dal riconoscimento che il giovane è… giovane! Il giovane, cioè, va riconosciuto come un soggetto non ancora approdato ad una condizione adulta, quindi uno che ha bisogno – anche se non l’ammette – di essere accompagnato, affiancato. Questo, dall’altro versante, vuol dire che l’educatore è… l’educatore!
Non bisogna temere nel mantenere questa distanza pedagogica giacché non si aiuta il giovane assumendo lo stesso livello, lo stesso linguaggio, lo stesso stile. Si è, invece, educatori dei giovani se si è adulti-vicini-ai-giovani, capaci di intercettare i giovani, ma anche capaci di porre una alterità. Il rapporto con i loro “pari” i giovani già ce l’hanno, mancano del rapporto con i “dispari”. E gli adulti devono offrire proprio questa “disparità”, custodendola in loro stessi. Applicato ai sacerdoti, il principio di identità suona: “tu prete, sii prete”. Il dono più grande che i genitori possono fare ai figli è mostrare loro che si amano veramente. L’amore reciproco tra i genitori è più importante anche dell’amore di ognuno di essi per i figli. E’ soprattutto da quell’amore reciproco che i figli imparano ad amare.
Gli accordi suggellati con il pranzo del 26 Maggio 1903 in casa di mons. Radini Tedeschi sarebbero stati mantenuti qualche mese dopo, il tempo di organizzarsi reciprocamente. Si doveva iniziare in agosto, poi si era slittato perché don Guanella aveva fatto leggere la bozza del contratto all’amico agronomo di Chiavenna, Cerletti, il quale sconsigliava di accettare perché la cosa sapeva di capestro e si intravedevano solo perdite all’orizzonte. Don Guanella fa presente le sue rimostranze a Radini Tedeschi e questi risponde per le rime redarguendo don Guanella circa la superficialità delle osservazioni dell’agronomo, fatte a tavolino, e aggiungendo il monito a non trattare la vicenda con spirito commerciale.
l primo documento che riporta una ‘voglia di Roma’ da parte di don Guanella appartiene al suo triennio salesiano; nell’estate del 1877, chiuso il Collegio di Trinità per vacanze, don Guanella scrive a don Bosco: “…mi pare di essere l’uomo più inutile della terra; mi procuri un impiego a Roma”.
Solo nell’autunno del 1903, ventisei anni dopo, quel desiderio sarebbe diventato realtà, almeno per le sue Congregazioni. Era nell’aria e nei voti da qualche anno ed è don Guanella stesso a raccontarne il primo reale tentativo:
“Già nel 1893 la Reverenda Suora di carità G. Rossi, sorella di un sacerdote già coadiutore a Olgiate Comasco, e morto nella nostra casa di Milano, ci aveva offerto una scuola ed un asilo nei pressi del Vaticano. E noi che anelavamo ad insediarci in Roma santa, ne porgemmo domanda all’Em. cardinal Parocchi, il quale non credette opportuno d’appoggiarla”.
Si trattava delle Scuole annesse al piccolo Oratorio quattrocentesco della Madonna del Riposo (otto locali con piccola chiesa); la suor Rossi si interpose perché il Guanella vi inviasse due Suore e la direttrice Enrichetta Ambrogi ne avvisò il Vicariato di Roma; ma il 24 Agosto del 1893 arrivò la risposta che, per allora, in Roma non erano previste nuove fondazioni religiose.
Il 1893 segna però una svolta nel rapporto con Roma: don Luigi torna a Como con la benedizione di Leone XIII sulla Piccola Casa e sul Bollettino da quel momento non mancherà mai un cenno a Roma, alla Chiesa, al Papa.
Un giorno fu chiesto a padre Claudio Benedetti, redentorista, di tracciare un ricordo di don Guanella. Era iniziata come collaborazione di lavoro la loro amicizia, essendo padre Claudio consultore presso la Curia romana mentre don Guanella tentava di ottenere l’approvazione delle sue due Congregazioni. Don Luigi aveva la qualità straordinaria di trasformare anche le relazioni formali ed amministrative in cordialità e appartenenza duratura.
In quella sua testimonianza appassionata e delicatissima l’anziano redentorista se ne uscì con un’espressione che, sola, vale il titolo di una biografia: chi era don Luigi? “Un uomo con la valigia in mano”. In viaggio.
Come attitudine radicale del povero di Dio che, alla chiamata, si muove.
Quanti viaggi…quante stazioni ha conosciuto quella valigia!
Chi conosce un po’ l’animo di San Luigi e il suo sentire verso la Chiesa,
sa che verso il Papa nutriva fede, semplicemente fede,
non meno che la fede nella Scrittura e nei Sacramenti
Aveva solo quattro anni don Guanella quando fu eletto Papa Pio IX ed era già trentaseienne quando questi morì; metà della sua vita fu segnata dalla figura di Papa Mastai, infanzia, adolescenza, primo sacerdozio; poi visse per altri 25 anni sotto Leone XIII che fu il papa della sua esperienza di Fondatore, nell’arco di tempo che lo vide aprire a Como e arrivare a Roma; maturo di anni e di fama, già additato come santo, la Provvidenza gli regalò il veneto Pio X, un Papa amico che lo trattava quasi alla pari e gli apriva le porte più impraticabili; nell’ultimo anno di vita, dopo umiliazioni inenarrabili, la gioia di sapere che le sue Suore, ricevute dal nuovo Papa, Benedetto XV, si erano sentite dire: “Se voi siete di don Guanella… io voglio vederlo questo don Guanella”.
Sentì suonare le campane della Città e scoppiò a piangere per l’emozione. Per don Guanella mettere radici a Roma non fu un evento funzionale, ma una sorta di abbraccio con la Chiesa: Roma era il Papa, il Papa era la Chiesa, la Chiesa era la Madre di cui aveva scritto tanto negli anni giovanili, prima e dopo la morte di sua mamma, avvenuta nel 1879 quando don Luigi aveva 37 anni e attraversava la stagione più promettente e più ostacolata della sua vita, a Traona.
Naturalmente il suo sentire la Chiesa era maturato lungo gli anni da una visione unilaterale, battagliera e quasi ingenua ad una passione più intima e anche più consapevole, ma era stato il suo primo amore e non lo tradì mai. Fino alla morte sentì che la Chiesa era davvero il capolavoro di Dio realizzato con i deludenti materiali umani, di cui uno era lui stesso.
La Chiesa per lui aveva il volto dei Pastori che aveva visto ostacolati nel ministero, perché veniva loro negato il riconoscimento civile e non potevano raggiungere le rispettive sedi; il volto di mons. Frascolla, Vescovo prigioniero che lo consacrò prete e gli suscitò amore eterno verso tutti i perseguitati per causa della giustizia che poi avrebbe trovato; il volto paterno e incoraggiante del cardinal Ferrari, che lo sostenne e lo lanciò nell’avventura di Fondatore; il volto dei Vescovi che spesso lo ostacolarono e lo isolarono, riservandogli pochi elogi, quasi sempre serviti in salsa amara; il volto dei suoi fedeli di Prosto, Savogno, Traona, Gravedona, Olmo, dei poveri che hanno fame e sete di Dio.
La nostra epoca tecnologica vive in simbiosi con il computer, tuffata nella sua oceanica memoria. In quel serbatoio di notizie troviamo tutto. In questa navigazione, però, è indispensabile una guida, infatti «se non c’è una mente che seleziona, elabora, interpreta, e comprende, quell’immensa massa di dati può solo creare l’illusione di sapere». Senza un «maestro» questo sapere è volatile come fumo, nebbia, rugiada evaporata al primo sole.