Attendere: ovvero sperimentare il gusto di vivere. Hanno detto addirittura che la santità di una persona si commisura dallo spessore delle sue attese. Forse è vero. Se è così, bisogna concludere che Maria è la più santa delle creature proprio perché tutta la sua vita appare cadenzata dai ritmi gaudiosi di chi aspetta qualcuno.
Perché i sacerdoti che vivono con fatica e nella solitudine il loro lavoro pastorale si sentano aiutati e confortati dall'amicizia con il Signore e con i fratelli.
Perché coloro che non hanno un lavoro trovino un’occupazione dignitosa, per cooperare al progetto divino della creazione.
Gesù, da duemila anni, tu sei nel cuore di tanti giovani che sentono il profondo desiderio di guardarti negli occhi e scrutare i panorami della storia, fatta di persone vissute al calore della tua «bella notizia», che Dio ci ama.
Gesù, molti sono i giovani che, alla luce della tua verità, manifestano l’aspirazione a costruire rapporti autentici, a conoscere il vero amore, a fondare una famiglia unita, che garantisca un futuro sereno e felice.
Gesù, che hai lavorato accanto a san Giuseppe nel laboratorio di Nazareth, fa’ che i giovani possano trovare un’occupazione che dia loro dignità, gioia di vivere e li faccia sentire utili; fa’ che nessuno spenga l’entusiasmo della ricerca di una vita più grande.
Cuore divino di Gesù,
io ti offro per mezzo del cuore immacolato di Maria,
madre della Chiesa,
in unione con il sacrificio eucaristico, le preghiere e le azioni,
le gioie e le sofferenze di questo giorno,
in riparazione dei peccati,
per la salvezza di tutti gli uomini,
nella grazia dello Spirito Santo, a gloria del divin Padre.
In particolare secondo le intenzioni del papa.
Pensando al miracolo sia della beatificazione come quello per la canonizzazione di Paolo VI mi è risonato nella memoria l’espressione del salmo 71 là dove si afferma:«siano confusi quelli che cercano la mia rovina». Durante il suo pontificato Paolo VI ha sofferto molto: ha sofferto per l’uccisione di Aldo Moro, ma soprattutto ha passato tempo in sofferenza per la pubblicazione dell’Humane vitae. Nel decimo anniversario della pubblicazione dell’Enciclica in un’omelia, il 28 giugno 1978, alla vigilia della solennità dei santi Pietro e Paolo, in cui ha parlato di aver “conservato la fede” che fu un testamento in articulo mortis (morirà poche settimane dopo: il 6 agosto), Paolo VI affermò: «Dell’Humanae Vitae ringrazierete Dio e me…
Iniziando, con l’aiuto di Dio, un altro ciclo di brevi meditazioni bibliche per questo nuovo anno, vorrei lasciarmi guidare da una sola parola, tanto breve quanto ricca di significato spirituale: “Eccomi!”. Essa esprime il sì della piena disponibilità alla volontà di Dio, il sì che fa dell’uomo un cooperatore di Dio nel compimento del disegno di salvezza, il sì della fede pura e fiduciosa. Al sì dell’obbedienza, l’“Eccomi” aggiunge una nota particolare: quella della prontezza, quasi dell’impazienza. Eccomi è la parola che pronunzia chi vive con l’orecchio sempre teso ad ascoltare la Parola di Dio, la sua voce che lo chiama, e al primo sussurro è pronto, già corre.
Perché nei Paesi asiatici i cristiani, come pure le altre minoranze religiose, possano vivere la loro fede con tutta libertà.
Perché i responsabili politici promuovano con onestà e saggezza il bene comune, mantenendo al centro la dignità della persona.
«Ciao Gesù! Eccoci davanti a te, non manca nessuno. Siamo i bambini senza famiglia. Nel senso che la nostra ci è sconosciuta, assente, spezzata, per dramma o per disperazione, per solitudine o abbandono. Siamo testimoni del dolore e della perdita, ma anche del miracolo che sempre può accadere quando qualcuno - un uomo e una donna - ci raccoglie per stringerci al petto, come pane profumato appena uscito dal forno. Senza dire: Chi «è costui?». Siamo senza famiglia e la difficoltà è la nostra grazia quotidiana; per alcuni è anche la sorpresa di una coppia che si china sulla nostra fragilità per farci vivere quello che di buono e vero nutre la loro vita, senza chiedere nulla in cambio, per puro gesto d’amore che nulla porta se non l’emozione di imparare a chiamarci figli.
Un’altra cosa impara chi ci accoglie: la realtà cambia contorno, tutto prende nuovo valore: sei Tu, Gesù, che ti manifesti ai loro occhi. Sì, perché noi siamo una tua presenza. Siamo il Natale di ogni giorno e chi si china su questa mangiatoia di Betlemme si rialza con uno sguardo diverso, capace di accogliere il destino di un altro».
Cuore divino di Gesù, io ti offro
per mezzo del Cuore immacolato di Maria,
madre della Chiesa,
in unione con il sacrificio eucaristico,
le preghiere e le azioni,
le gioie e le sofferenze di questo giorno,
in riparazione dei peccati,
per la salvezza di tutti gli uomini,
nella grazia dello Spirito Santo,
a gloria del divin Padre.
In particolare secondo le intenzioni del papa.
Con l’auto di grossa cilindrata parcheggia dritto nel posto riservato ai disabili. Sembra quasi un fatto di cronaca, di quelli registrati anche di recente con epiloghi incresciosi. Invece è l’inizio del film Ho amici in Paradiso, opera prima del regista Fabrizio Maria Cortese (uscito al cinema nel febbraio 2016, passato poi in tv su Rai 1 a fine luglio scorso e ora disponibile su Raiplay), ambientato a Roma nella Casa San Giuseppe dell’Opera don Guanella con il coinvolgimento degli ospiti stessi dell’istituto per disabili fisici e intellettivi (prodotto da Golden Hour Films e Rai Cinema con il supporto dell’Opera don Guanella e il patrocinio dell’Ufficio nazionale per le Comunicazioni sociali della Conferenza episcopale italiana e la Fondazione Ente dello Spettacolo).
Chi ha studiato l’amicizia nei suoi elementi peculiari, ha notato che essa non può essere esclusiva, proprio perché rivela un aspetto, di sé e dell’altro, differente per ogni amico; in questo senso la ricchezza delle relazioni aiuta a comprendersi, perché l’essere dell’uomo è l’essere della relazione: ci si può conoscere solo in rapporto a un altro cui ci si rivela.
Ingredienti per 4 persone: 1 kg di spinaci o cicoria, 3 uova, 5 cucchiai di parmiggiano, 50 g di farina bianca “00”, 1 pizzico di cannella, olio di semi per friggere, sale
Lessate gli spinaci ben lavati e mondati in acqua salata e, appena saranno cotti, scolateli e strizzateli molto bene. Tritateli con la mezzaluna e amalgamatevi le uova precedentemente sbattute, il parmiggiano grattugiato, la farina, il sale e la cannella in polvere.
Quando avrete ottenuto un composto omogeneo ricavate tante polpette piccole e schiacciate. Scaldate abbondante olio di semi in un tegame e poi friggetevi le polpette finché saranno ben dorate.
Scolatele e fatele asciugare su carta assorbente da cucina.
La luce è la protagonista della Grande Veglia pasquale, tanto da darle il nome stesso di «lucernario». Essa si apre con la benedizione del fuoco nuovo, tratto a uso dell’uomo dalla pietra. Questo fuoco però nel suo essere simbolico non viene dalla terra ma dal cielo; non è infatti un’opera umana ma di Dio.
La simbologia del fuoco che scende dall’alto ritorna nell’evento di Pentecoste, come allusione al dono dello Spirito Santo che accende la testimonianza evangelica degli Apostoli riuniti nel cenacolo con Maria, icona della Chiesa (cfr. At 2). Tuttavia già nel mistero dell’incarnazione ci è dato di contemplare la discesa del Signore come il fuoco che fa lievitare la pasta dell’umanità. Dio facendosi uomo è come un fuoco divorante (cfr. Dt 4,24) che scende sulla terra per illuminare la nostra natura, fatta a immagine e somiglianza di Cristo, per incendiare il nostro cuore con la carità e purificare la nostra mentalità per renderla conforme al Vangelo.
In Germania è sempre più frequente assistere e partecipare a funerali della Chiesa cattolica senza alcun sacerdote o diacono al seguito del feretro. Il fenomeno della diminuzione dei preti e dei religiosi rende il numero delle parrocchie prive di pastori in costante crescita. Ma i vescovi possono istruire in situazioni particolari donne e uomini per assumere la responsabilità del servizio funebre, dopo una preparazione teologica, liturgica e pastorale adeguata. Si tratta sempre di persone conosciute all’interno delle comunità locali, che abbiano svolto attività pastorale e di volontariato attivo. L’esperienza è molto differenziata tra le varie diocesi tedesche, sia per il numero dei sacerdoti in servizio, sia per la presenza sempre maggiore di laici formati che si occupano della vita delle comunità. Il fenomeno, che non è una eccezione liturgica, rientra nell’ambito della pastorale dei laici, confermata sia dalla Congregazione per il clero, sia dalla Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti.