«Dar da mangiare agli affamati» è il messaggio forte che il calendario 2019 della nostra Pia Unione di san Giuseppe fa sobbalzare nella coscienza dei cristiani che vedono in san Giuseppe un possibile modello di santità anche nel provvedere il cibo necessario per far crescere il Figlio di Dio.
Il nostro mondo nella vita della fede cammina costantemente in una galleria di segni, immagine dense di contenuto. Il nostro spirito ricerca in questi segni il senso biblico, il valore e il significato spirituale di cui la liturgia l’ha rivestito oggetti e azioni. Ci chiediamo che valore ha un elemento materiale nell’arrivare a toccare i sentimenti raffinati dell’anima. L’olio appare spesso nelle pagine della Bibbia e racchiude sempre un forte messaggio. Lo troviamo nell’orcio vuoto nella casa della vedova a Sarepta. Lo troviamo nel corno delle mani di Samuele nella famiglia di Iesse per la consacrazione regale dell’adolescente pastorello David. È nella bisaccia del samaritano sula via di Gerico. La Bibbia loda le qualità medicamentose del ricavato delle olive. La Bibbia ci si riferisce anche ai profumi e agli aromi adottati nella cosmesi: significativo è il gesto della peccatrice narrato in Luca (7,37-38) e di Maria sorella di Lazzaro, presente nel Vangelo di Giovanni (12,1-8). Un olio balsamico particolare è usato anche nella liturgia cristiana nella celebrazione di alcuni sacramenti di guarigione.
Caro e amato san Giuseppe, tu sei un esperto privilegiato della vita umana e sai che ci sono ferite che restano aperte a lungo: sono quelle provocate dalla cattiveria degli uomini. L’hai provata tu e anche tuo figlio Gesù.
San Giuseppe, sappiamo che il tuo figlio Gesù può donarci la medicina come sollievo alle profonde ferite, che travagliano l'esistenza, con la tua intercessione puoi spargere l'olio che fa guarire i mali fisici e quelli causati da altri che provano un insano piacere a colpire, a umiliare e a provocare sofferenza.
San Giuseppe, con tanta fiducia spargiamo quest’olio benedetto sulle nostre ferite fisiche e morali e tu chiedi a tuo Figlio, il buon samaritano, di ottenerci la forza di non soccombere al male, ma di superarlo e così poterti lodare per la guarigione ottenuta.
Amen!
Il tempo sempre in fuga da noi e non ci aiuta a ricordare che siamo ospiti della vita e, quando termina la concessione dell’usufrutto, dobbiamo traslocare altrove. Il trasloco comporta il distacco dalla cose, ma soprattutto dalle persone, dagli affetti, dalle relazioni e dalla memoria. Inizia così un capitolo senza fine da scrivere con la luce della speranza.
Il far le valige per traghettare troppe volte è uno spazio da vivere in solitudine. È un parto inesplorato per un nuovo modo di esistere. È per questo che don Guanella ha chiamato la morte “madre”. Questa morte, dal volto pauroso, tuttavia nasconde nella sua fisionomia i sentimenti di una mamma la quale garantisce che in quel momento saremo circondati non solo dai volti dei nostri amici, ma anche dal sorriso accogliente dei battezzati che già vivono nella luce di Dio.
Tra le pratiche religiose, riguardanti san Giuseppe, troviamo anche «Le sette domeniche in onore di san Giuseppe». Questa devozione fu introdotta all’inizio del 1800, in un momento in cui la Chiesa subiva una costante lotta alla fede. Queste turbolenze partite dalla Rivoluzione francese, proseguite con Napoleone, costringendo persino il Papa a lasciare Roma, provocarono mali così gravi da far ritenere ai miscredenti che fosse giunta l’agonia dell’opera salvifica di Gesù! Ma sappiamo che ancora una volta «il desiderio degli empi è fallito»; anzi il popolo di Dio si rivolse con maggior fervore al Signore e nel supplemento di grazia crebbe la devozione alla Vergine Maria ed ebbe un rapido sviluppo anche quella in onore di San Giuseppe. L’amore verso di lui, tanto coltivato da Gregorio XVI, il 22 gennaio 1836 ebbe l’approvazione della pratica delle Sette Domeniche, anche in conseguenza dell’eccezionale protezione concessa dal nostro Patriarca al Santo Padre, Pio VII, liberato dalla prigionia e dall’esilio proprio nella festa di San Giuseppe.
Anche quest’anno terremo in basilica del Trionfale questa pratica. Inizieremo il 28 gennaio 2018, alle ore 16.00 avremo un’ora di spiritualità in onore di san Giuseppe e poi la celebrazione della Santa messa.
Le 7 domeniche sono una bella opportunità per prepararci alla solennità di san Giuseppe. La scia luminosa di queste domeniche ci porterà proprio alla vigilia della solennità, inoltre ridonerà «un’anima alla domenica e la domenica all’anima». Per i lettori della nostra rivista che abitano a Roma l’invito è a partecipare fisicamente e alle migliaia di iscritti alla Pia Unione di unirsi al coro della nostra preghiera.
Il numero “sette” e i suoi multipli fanno parte del pentagramma musicale dei numeri simbolici delle Bibbia. Sette sono i giorni della creazione e questa settimana fa del numero sette la radice di ogni realtà perfetta. Infatti al settimo giorno Dio si compiacque della creazione, la trovò «assai buona». Scorgiamo nel numero sette la cifra del perdono a Caino dopo l’uccisione del fratello Abele. A Noè Dio ordina di portare nell’Arca «sette paia di animali». Sette sono le lampade che devono ardere nel primo santuario costruito in onore di Jaweh.
«Daesh» è un acronimo arabo, che definisce lo stato islamico fondamentalista, ed è il grande timore dei siriani, soprattutto dei cristiani. Tutti ricordano l’epurazione compiuta a Mossul in Iraq nel giugno dell’anno scorso, quando l’Isis svuotò la città dai cristiani e, purtroppo, distrusse irreparabilmente memorie storiche architettoniche e letterarie. “Noi non ce ne andiamo, restiamo a fianco dei più deboli, dei poveri, dei vecchi che non hanno il denaro o la forza fisica per lasciare Aleppo” sono le parole risolute con cui Boutros Marayati, arcivescovo degli armeni copti di Aleppo, conferma la presenza di una comunità cristiana che non ha voluto emigrare da una città martoriata.
Il calendario 2016 ogni mese è accompagnato da episodi della vita di Gesù raccontati dai «vangeli apocrifi», quasi dei fiumi sotterranei che sostenevano la fede popolare dei primi cristiani. Il prof. Franco Cardini, docente di storia della Chiesa, illustra queste «buone notizie nascoste» che non fanno parte del canone della Chiesa. Nel prossimo numero verranno illustrati gli acquarelli che illustrano i singoli episodi.
La parola greca apòkryphos significa “nascosto”: era così che nelle Chiese cristiane dei secoli I-II s’indicavano quei testi evangelici ebraico-cristiani che venivano tenuti segreti e che si riteneva opportuno non divulgare. E’ ovvio che essi divenissero, col tempo, materia di tradizione iniziatica e che alcuni li ritenessero portatori di verità più alte e profonde, da attingere a un livello esoterico, vale a dire riservato a chi avesse avuto accesso a superiori livelli di conoscenza teologica o mistica.
Il tradizionale calendario della Pia Unione di San Giuseppe per l’anno 2016 si è messo in marcia con Gesù, Giuseppe e Maria lungo le strade della loro peregrinazione verso l’Egitto, per sfuggire alla persecuzione e la minaccia di morte da parte di Erode, geloso del suo ruolo di re incontrastato.
Il progetto è originale poiché segue la narrazione dei vangeli apocrifi che narrano la custodia, il coraggio e la dedizione di Giuseppe che per proteggere la sposa Maria e suo figlio Gesù, si avventura per le piste sconosciute nel deserto. Il calendario illustra alcuni episodi dell’infanzia di Gesù con la delicatezza dei colori e forme del pittore Alfredo Brasioli.
Il calendario può essere acquistato con un’offerta che sarà destinata all’ospitalità dei migrati nella case europee dell’Opera don Guanella in Italia, Spagna, Germania e Polonia.
Chi non è iscritto alla Pia Unione può ricevere il calendario prenotandolo tramite l'email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., inviando il proprio indirizzo per l’invio del calendario e anche un offerta, anche tramite carta di credito o paypal dal nostro sito, per sostegno all’ospitalità dei migrati.
È necessario prenotare il calendario entro il 30 settembre.
Tu, o San Giuseppe, sei davvero il modello della santità, non solo per la missione che Dio ti ha affidato, ma, soprattutto, per l’intimità vissuta con Gesù. Gesù ha imparato da te a gustare i sapori della nostra vita terrena e tu hai imparato da lui a essere specchio dei requisiti divini presenti nella tua vita. Il santo, infatti, è chi si lascia rivestire della santità stessa di Cristo Gesù.