Ogni quattro anni si svolge un Simposio internazionale su San Giuseppe. A metà dei quattro anni si è introdotta la scelta di fare un simposio nazionale, organizzato dalla congregazione dei Giuseppini del Murialdo. Nella partecipazione all’ultimo simposio internazionale, celebrato in Messico, don Tullio Locatelli si è incontrato con il superiore generale degli Oblati di San Giuseppe (Giuseppini di Asti). In questa circostanza si è convenuto di tenere insieme il simposio nazionale che si è organizzato per il 1° e il 2 maggio scorsi.
Tra le composizioni poetiche riguardanti San Giuseppe merita di essere presentato un inno del Rito Ambrosiano, assegnato al diciannove marzo. L'autore è incerto. Ogni informazione in proposito ci sarà gradita, come pure su altri lesti ambrosiani riguardanti San Giuseppe. Cogliamo qui l'occasione per ricordare come sant'Ambrogio si sia distinto nel difendere la «verità» del matrimonio di Maria con Giuseppe in base al diritto romano, per il quale «non la perdita della verginità costituisce il matrimonio, ma il patto coniugale».
La pietà popolare è una fede ricevuta e incarnata nella spiritualità del pellegrinaggio.
Feriti dal dolore, toccati dalla grazia. La pastorale della salute che genera il bene è stato il tema del XXI convegno nazionale di pastorale della salute che si è svolto a Caserta dal 13 al 16 maggio scorso. Vi hanno preso parte i responsabili diocesani della pastorale sanitaria, gli esponenti di associazioni e realtà socio-sanitarie, oltre ad esperti, studiosi, medici e specialisti da ogni parte d’Italia. Rispetto ad altri ambiti della pastorale, quella “sanitaria” risulta molto trasversale e in grado di raccogliere una larga comunanza di vedute: il dolore tocca tutti, si è detto al convegno, e a tutti pone importanti domande di senso.
Obiettivo principale del convegno è stato mettere a tema la questione dei sensi come strumenti di conoscenza, di diagnosi e cura, di vicinanza e accompagnamento. Toccati dalla grazia, la seconda parte del titolo, non è da intendere solo in senso spirituale, ma anche concreto, pienamente umano: il saper “toccare” il malato, essergli accanto, offrirgli una compagnia e assistenza che lo sappia far sentire seguito e anche rispettato e amato, pur nella sua fragilità a volte estrema, come nel caso dei moribondi.
Infatti, spiega il direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della salute, don Massimo Angelelli, dopo aver affrontato nel 2018 il tema della “vista”, attraverso la dimensione dello sguardo, quest’anno è la volta del tatto, del “toccare”. La prospettiva dei lavori è stata multidisciplinare; infatti, dopo aver affrontato l’argomento con l’analisi biblico-teologica, antropologica e pastorale affidata a specialisti, sono state analizzate le “ferite” che possono derivare da una parte dal “tocco invasivo”, cioè dal prevaricare di pratiche cliniche e terapeutiche non rispettose della dignità della persona; e, dall’altro lato, anche dalla assenza di vicinanza umana, cioè di quella “pietas” che fa sentire il malato come soggetto degno di cura e attenzione. Nelle sezioni conclusive del convegno sono stati poi affrontati i temi pratici e applicativi su come giungere a definire le più adeguate modalità che sortiscano effetti di cura.
Le varie forme
di dolore odierne
Così, ad esempio, si sono toccati temi di frontiera quali l’eutanasia, che certe frange sociali e politiche vorrebbero introdurre a livello sanitario facendola diventare una pratica libera e volontaria, senza limiti e baluardi di alcun genere. Si è parlato dello stare vicino ai malati di Alzheimer per i quali il “tatto” è una forma di vicinanza che a volte riesce a tranquillizzare e a far sentire a casa, meglio di altre procedure anche farmaceutiche dagli scarsi esiti.
In chiave spirituale ma anche di collaborazione pratica tra strutture si è parlato dell’empatia con il malato, specie nei casi di disabilità. Il direttore dell’ufficio nazionale don Angelelli si è soffermato sulla proposta di accolti.it, una forma di collaborazione tra le realtà che si occupano di disabili per favorire la reciproca conoscenza e il miglioramento dei modelli di assistenza.
Di fronte ai rischi di trasformare la medicina e l’assistenza in fredde tecniche assistite da computers e robot, il Forum delle associazioni socio-sanitarie ha evidenziato come sia necessario favorire in ogni modo il rapporto tra paziente e medico, che rimane l’asse basilare di ogni approccio terapeutico.
Gli infermieri hanno condiviso il tema del codice deontologico, al cui interno gioca un posto di rilievo il tema dell’assistenza ai malati gravi e ai morenti e il rischio della deriva eutanasica, che si fa sempre più forte come recenti casi di cronaca hanno evidenziato.
Sull’introduzione della robotica medica si sono avute le testimonianze di esperti e sanitari che ne hanno parlato come di una opportunità in più, ma a patto che si tenga sempre conto dell’uomo-persona mai schiacciato dall’intelligenza artificiale.
Allo stesso modo, sulla salute mentale e le difficoltà a volte estreme di assistere e curare pazienti gravi, sono stati sottolineati il ruolo fondamentale della genitorialità, della presenza nella scuola di esperti in grado di cogliere i primi sintomi del disagio, che - se non opportunamente affrontati in via precoce - possono degenerare in vere e proprie patologie poi difficili da estirpare.
Stesso discorso è stato fatto per le malattie neurodegenerative, per l’autismo e per i malati terminali ai quali offrire in appositi hospice delle cure palliative in grado di sostenerli nell’ultimo percorso e anche di poterli accompagnare sul piano spirituale perché la prospettiva del fine vita si apra alla speranza.
è una questione - in tutti questi casi - di quel “tocco” umano che può giungere al cuore della persona malata e “ferita” e che riesce, in qualche modo, a lenire il dolore e accompagnare ad una speranza più grande.