San Giovanni XXIII ha messo sotto la protezione di san Giuseppe l’assemblea dei vescovi convocati per il Concilio Vaticano II. Il beato Paolo VI nel suo viaggio in terra santa ha fatto della casetta di Nazareth il focolare a cui riscaldare la nostra carità e a cui ispirare costantemente lo stile della nostra vita cristiana. San Giovanni Paolo II gli ha dedicato un’Esortazione apostolica con un titolo: «Custode del Redentore». Benedetto XVI, che dal battesimo portava il nome di Giuseppe, lo ha onorato in tanti modi. Papa Francesco non solo ha anche voluto iniziare il suo pontificato proprio nella festa di san Giuseppe, ha voluto che il suo nome fosse invocato in ogni celebrazione eucaristica.
La storia cammina con passi lenti, le verità evangeliche fioriscono e fruttificano non rispettando le stagioni degli uomini ma obbediscono alla stagioni di Dio. Gli antichi Padri delle Chiesa, che hanno vissuto con le prime generazioni cristiane, furono i primi e sicuri interpreti del messaggio evangelico, enucleando il senso dei nuovi cardini su cui si muoveva la storia portata da Gesù. I primi due capitoli dell’evangelo di Luca e di Matteo avevano il compito di aprire il sipario sulla vita e sul messaggio di Gesù con l’intento di aprire a livello universale una nuova era della storia umana.
I Padri della Chiesa nei loro scritti hanno indagato su una storia oggettiva, valutando il processo culturale e spirituale sulla popolazione. C’era un mondo pagano in agonia e un modo cristiano nascente e una nuova storia da descrivere e decifrare.
Con il passare delle generazioni, alla storia oggettiva si è andata accostando anche una storia soggettiva considerata come arte. Una rappresentazione approssimativa che, pur fondandosi su realtà storiche concrete, non sono interpretati e divulgate con criteri scientifici, ma sull’ala delle devozioni, il popolo descrive nel filone delle verità oggettive, interpreta e attua come riflesso delle verità evangeliche che vanno incarnandosi nelle tradizioni popolari. Sono verità antiche interpretate e attuate in realtà sociali nuove.
Anche tutta la teologia di san Giuseppe si è andata elaborando sulla piattaforma del mondo giudeo-palestinese vissuto da san Giuseppe in modo che la sua stessa vita fosse illuminata sia nella fase precedente al matrimonio con Maria che dopo lo sposalizio.
È incontestabile il fatto che la vita di san Giuseppe è densa di senso del divino, originale e unica per la sua persona dopo quella di Gesù e di Maria. La matrice divina in san Giuseppe si trova nel fatto che Dio sin dall’eternità ha registrato la piena accettazione, libera e responsabile al piano divino.
«La divina Provvidenza tra gli infiniti piani della sua attività a favore dell’umanità ne ha scelto uno, e, per effetto della sua divina onnipotenza, ha disposto in modo che tutto concorresse al compimento di questo piano».
Il piano della Provvidenza era indirizzato alla venuta del Messia. Cristo diventa il centro dell’universo e in lui c’è la sintesi di tutto il piano della salvezza.
In questo piano di preparazione entrano in gioco i Patriarchi e i profeti che costruiscono le pietre miliari di una storia di salvezza. In questa storia secolare Dio scrive sentieri diritti nei tornanti della storia umana. Ad ogni tornante, nel panorama nuovo gli occhi vedono sempre l’ultimo dei patriarchi: Giuseppe che registrerà nella storia umana il nome di Gesù, «discendente del re Davide». Giuseppe segna il culmine dell’Antico Testamento e apre alla nuova era della luce e della salvezza portata da Gesù.
Nell’introduzione all’Esortazione apostolica “Il Custode del Redentore” san Giovanni Paolo II scrive: «Ritengo, infatti, che il riconsiderare la partecipazione dello sposo di Maria al riguardo consentirà alla Chiesa, in cammino verso il futuro insieme con tutta l'umanità, di ritrovare continuamente la propria identità nell'ambito di tale disegno redentivo, che ha il suo fondamento nel mistero dell'Incarnazione.
Proprio a questo mistero Giuseppe di Nazareth “partecipò” come nessun'altra persona umana, ad eccezione di Maria, la madre del Verbo incarnato. Egli vi partecipò insieme con lei, coinvolto nella realtà dello stesso evento salvifico, e fu depositario dello stesso amore, per la cui potenza l'eterno Padre “ci ha predestinati ad essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo” (Ef 1,5)».
Gesù nell’evangelo afferma che l’uomo e la donna di fede attraverso la riflessione e lo studio sanno far scaturire dalle parole rivelate verità conosciute e nascoste. Il devoto di san Giuseppe sa mantenere i piedi per terra, nella piattaforma delle verità rivelate, e fa fiorire nel suo animo nobili sentimenti di ammirazione per quanto san Giuseppe ha potuto fare con la sua generosa adesione al piano misterioso di Dio.