Gesù non solo è nato da Maria, ma ha vissuto tutta la sua esistenza accompagnato dalla sguardo tenero ed affettuoso della mamma. Conoscendo l’importanza della presenza materna, tra le ultime parole pronunciate sulla croce, Gesù non ha voluto che non fossimo soli, ma, attraverso l’apostolo san Giovanni, ci ha consegnato ad una madre.
La maturità per il dono di se stesso, Gesù non l’ha imparata dall’obbedienza alla volontà del Padre, ma si è allenato all’obbedienza accanto all’autorevolezza di San Giuseppe: un uomo che ha saputo obbedire all’irruzione della grazia divina nella sua vita umana.
Sappiamo che il ruolo del padre si identifica con l’autorità, anche se per esperienza sappiamo che questa qualità della persona non si acquista al supermercato e nemmeno generando un figlio, ma è un’interiorità che cresce e trasuda in proporzione della passione per la vita.
Gesù ha assimilato da Giuseppe le qualità umane che gli permettevano di essere autorevole e credibile nella sua predicazione. Nel Dna di Maria, Gesù ha conservato e sviluppato con una trasparenza divina l’atteggiamento materno di forte ai disagi della vita.
Nel battesimo ogni cristiano ha avuto in dono dallo Spirito Santo, che «è Signore della vita» e in questa vita ci sono germi di qualità umano-divine che fremono dalla voglia di svilupparsi in pienezza.
Ad alcune persone è stato riservato un supplementi di una grazia particolare che li assimila a Cristo stesso nel donare i sacramenti come eccezionali sorgenti di vita.
Il prete è scelto tra il popolo di Dio ad esercitare una missione con una speciale vocazione. Come Gesù a Nazareth il candidato al sacerdozio percorre un periodo di tempo, come tirocinio, per sviluppare quelle qualità positive, latenti nella sua persona, illuminate ed irrobustite dai doni dello Spirito.
In questo scenario è presente Maria che accompagna il futuro sacerdote affinché la sua presenza nella storia diventi davvero salvezza offerta alle persone a nome di Gesù stesso.
Come ogni madre al mondo che sa amare il figlio prima di conoscerlo, così è anche per le «Mamme adottive» di un giovane in formazione per il sacerdozio, con la loro maternità spirituale stendono un velo di luce che dà calore, perseveranza e lucentezza per la futura scelta in ordine alla missione.
Questa possibilità di adozione è un dono che ci fa sentire famiglia di Dio e con l’aiuto della nostra preghiera rafforziamo la potenza dello Spirito ad irrobustire per questi aspirati al sacerdozio o giovani sacerdoti la linfa alle radici delle loro scelta e rafforzare le loro ali per volare alto.
Per essere «mamme adottive» non occorre possedere titoli di studio, ma gasta l’azione dello Spirito Santo che nel giorno della Pentecoste ha partorito un nuovo popol. Dal popolo eletto dell’Antico Testamento nasce e si sviluppa una nuova realtà che si fa Chiesa, assemblea costituita dai battezzati come pietre vive. Difatti nasce una comunità viva che entra nel respiro vitale della Chiesa che celebra i sacramenti come popolo convocato dallo Spirito tramite i suoi ordinati in cui opera Gesù.