Tra i buoni figli, ossia i poveri picchiatelli che Don Guanella prediligeva e amava particolarmente, ce n'era uno chiamato Bietola, alludendo alla sua goffaggine, al suo modo arruffato di parlare e di camminare, e alla sua assoluta mancanza di malizia.
Chi sa per quale ragione questo Bietola se la prendeva sempre con uno suo pari, di pelo rossiccio, che era logicamente chiamato Carota: erano nati per stare insieme, ma non potevano stare insieme senza litigare ogni tanto.
Un giorno, mentre Don Guanella riceveva alcune persone, ecco che si apre la porta e piomba nella direzione come un toro scatenato Bietola con i segni d'un'alterazione preoccupante. Senza badare alla presenza degli ospiti, Bietola si mette davanti a Don Guanella urlando:
— O via lui, o via io! O via lui, o via io!
Alludeva naturalmente al suo amico Carota col quale ce l'aveva chi lo sa perché.
Suor Chiara si presenta come una santa di ieri, ma per una santità di oggi. è la sconcertante validità che sigilla la causa di beatificazione. La rileggiamo.
“Questa umile figlia della Chiesa, dedicandosi al compimento delle consuete azioni della vita quotidiana, ha raggiunto virtù altissime. La stessa può indicare a tutti i fedeli che come lei peregrinano, attraverso le difficoltà e le lotte della vita, quale sia la via da intraprendere per poter più facilmente e più sicuramente giungere alla mèta. Ancor più siamo presi da grande ammirazione e ci sentiamo confortati, perché a tutti è dato di vedere una grande perfezione ed abbondanza di meriti, attraverso il compimento delle semplici azioni di ogni giorno, fatte per amore di Dio. E’ ciò che decretiamo e vogliamo sia valido ora e per il tempo futuro.”
E ancora, il beato Giovanni Paolo II dichiarava nell’omelia: “L’attualità del messaggio di questa Beata sta nel fatto che ha compiuto con amore le semplici azioni di ogni giorno, stando in continua sintonia con Dio e santificando così il quotidiano. Nella sua vita non ci sono stati fenomeni o gesti straordinari; straordinario, invece è stato il suo modo di porsi in relazione con Dio, lasciando spazio a Lui in tutto il suo essere. La beata dice che la santità è possibile, è accessibile a tutti, purchè si resti fedeli a Dio e fedeli all’uomo” (Roma, 21-04-1991).
Queste espressioni risuonate 20 anni fa nel giorno radioso della beatificazione di suor Chiara ci raggiungono, dunque, ancora oggi, con forza propositiva e suscitano interrogativi esistenziali: qual è il segreto di suor Chiara?
Suor Chiara e don Luigi Guanella… il padre spirituale e la figlia: come hanno vissuto questo rapporto profondo?
E noi, oggi, di fronte a suor Chiara?
Tentiamo una risposta al primo interrogativo.
Quel 20 aprile 1887 rintocchi di “campane a morto” si rincorrevano sulla superficie immobile del lago. Con il loro cadenzato lamento annunciavano il gemito di un popolo in lutto; ma tra i rami di peschi in fiore faceva eco un canto di speranza. Un gruppetto di bambine, raccolte in un angolo del cortile dell’orfanotrofio con gli occhi umidi di lacrime, si chiedeva: “Tornerà suor Chiara tra noi?”. Don Guanella, pur immerso nel dolore, confortava quelle bimbe dicendo loro che suor Chiara sarebbe tornata, anzi che loro l’avrebbero ritrovata nella grande festa finale, quando Dio avrebbe chiamato tutti a giocare eternamente con lui insieme ai suoi e ai nostri amici.
Ma Dio ha voluto che suor Chiara, incoronata di gloria, tornasse prima.
Rientrava nella scena del mondo come una regina vestita di splendore, con il volto luminoso di chi ha visto Dio e ha immerso lo sguardo nei suoi occhi.
Un premio Nobel della letteratura, il colombiano Gabriel Garcia Marques, ha lasciato scritto: «A un bambino regalerei le ali, ma lascerei che da solo imparasse a volare». Al piccolo Luigi Guanella le ali furono regalate nel «sogno» nel giorno della sua prima comunione, quando si trovava a custodire un grappolo di pecore sull’altura di Gualdera a un paio di chilometri dalla sua casa natale.
Era il giovedì santo. Allora il giorno della prima Comunione conservava il ritmo del quotidiano; era il mondo dell’invisibile inondato dalla luce della grazia divina. Allora, a differenza di oggi, non si conoscevano regali per la circostanza. Quel giorno la sveglia fu anticipata. Bisognava essere all’alba a Campodolcino, nella parrocchia, prima della messa. Poi la risalita a Fraciscio, una frugale colazione e, invece della scuola, al pascolo con le pecore.
San Luigi Guanella, nuovo santo del terzo millennio. Ricordo le parole del Papa che aprì questo nuovo millennio insieme ai giovani di tutto il mondo: “Non abbiate paura di essere i santi del nuovo millennio! Con Cristo la santità - progetto divino per ogni battezzato - diventa realizzabile...Gesù cammina con voi, vi rinnova il cuore e vi irrobustisce con il vigore del suo Spirito”. La santità, allora, è un progetto che, insieme a Cristo, ogni battezzato può realizzare. Bisogna contare su di Lui; credere alla forza invincibile del Vangelo e porre la fede a fondamento della speranza. Si può dire ancora di più: ogni progetto umano dovrebbe essere considerato nella prospettiva della santità, se vuole dare qualcosa di vero alla vita e durare persino oltre la vita. Con un po’ di fede si intuisce come Dio abbia su ognuno di noi un progetto, misterioso, tutto da scoprire e che esige impegno, fatica, anche sofferenza e lotta. Ne vale ogni pena, perché è salvifico, riguarda la salvezza. In Maria è tutto realizzato il progetto di bellezza, di felicità autentica e di amore, il progetto di santità che Dio ha per ciascuno di noi. Maria è il capolavoro a cui guardiamo con sicura speranza.
Un santo non è un divo. Un santo non somiglia ad un uomo di successo. I cristiani lo sanno. E sanno che c’è una bella differenza tra il successo nelle cose del mondo e quello nelle cose del cielo. Le cose del cielo, del resto, sono poi quelle stesse della terra ma vissute, per così dire, in modo centuplicato, in modo più povero, ma in modo senza fine, eterno com’è Dio. Così è scritto nel Vangelo, come è scritto nella vita di tutti i santi, quelli famosi e quelli meno noti, quelli di casa, della parrocchia, dei gruppi e dei movimenti ecclesiali.
Gente che ha vissuto nella ferialità del mondo, ma con la convinzione che non tutto finisce nel mondo. Gente che ha sperimentato e fatto vedere agli altri l’Infinito nelle cose finite. Il cielo dentro la terra, il centuplo quaggiù, che è una ricchezza di senso. Una ricchezza incalcolabile agli occhi di un mondo di terra.
A conclusione di queste riflessioni sul sesto comandamento, possiamo quindi dire alcune cose molto semplici. Innanzi tutto, che la sessualità è un impulso molto potente in ognuno, e che quindi deve essere ben vissuto, perché questa forza deve essere ben incanalata: non si tratta quindi di negarla o reprimerla – si farebbe solo peggio – ma di integrarla in un contesto di vita pienamente umana, di relazioni affettive e profonde e non false o illusorie. Insomma, il sesto comandamento ci invita ad imparare ad amare, perché, nonostante il fatto che tutti ne siamo “naturalmente” capaci, questo non significa che ci riesca sempre bene. In fondo, dobbiamo dire che anche l'amore, come qualunque altra realtà umana, ha bisogno di essere redento: ed è questo del resto il senso profondo del sacramento del matrimonio, che è volto a liberare la coppia da ambiguità o distorsioni che sempre possono sorgere in questa relazione.
Cent’anni fa nasceva Enrico Medi, uno dei protagonisti della lunghissima diretta tv durante la quale raccontò e commentò lo sbarco sulla luna di Neil Armstrong. Più avanti, ricordando quella memorabile notte, Medi scrisse: «Ore 4.56, 21 luglio 1969 dell’era cristiana. Tentenna il piede dell’uomo poi si abbassa… poggia sul suolo lunare… ecco vi lascia un’impronta: la firma dell’uomo. L’uomo è sulla Luna» (E. Medi, “La Luna ci guarda“, Roma, 1970, p. 79).
Il fisico e divulgatore Franco Gàbici - prendendo spunto dal volume di A. Gliozzo, “Enrico Medi, scienziato e credente” - commenta queste parole sul sito di Disf.com: «Quello specificare l’appartenenza all'“era cristiana” dell’anno di quella straordinaria impresa non fu certo una semplice annotazione temporale, ma la dimostrazione della Weltanschauung cristiana di un uomo di scienza che di fronte a un evento epocale intendeva ricordare che quell’importante successo della tecnologia umana non doveva far dimenticare la mano del Creatore. D’accordo, era pur sempre l’uomo “che compiva un primo passo”, ma quel passo gli era stato consentito dalle “leggi della fisica che Dio gli ha permesso di usare”.
Siamo dunque, finalmente – visto il lungo cammino già fatto in precedenza – ad un punto decisivo, che però è solo il primo, e sarà seguito da molti altri: Dio si è rivelato ad Abramo, attirandolo fuori dalla sua patria di origine e facendogli iniziare una risposta alla promessa, e nella fede Abramo “ha creduto”, è partito, ha vissuto la sua avventura di patriarca del suo popolo detto appunto della promessa…
Così il racconto biblico è giunto a Mosè, cui sul monte si è rivelata la nuova “presenza” divina, che si conferma e poi lo invita a nuova opera: “Io sono con te!”, e ora tu devi liberare il mio popolo, che è anche il tuo, dalla servitù egiziana. Secoli di storia raccontati così, in poche pagine che esprimono la coscienza di una promessa e di un cammino reale vissuto da uomini come noi…
Ecco dunque che finalmente, e ancora sul monte, questo Dio nuovo, Jahvè, si presenta a Mosè e parla. Lui parla, ma Mosè non vede il suo Dio, ma lo ascolta…Questa caratteristica è fondamentale: il Dio di Israele non è un Dio che si mostra, che si fa vedere.
Cuore divino di Gesù,
io ti offro per mezzo
del Cuore Immacolato
di Maria, Madre
della Chiesa, in unione
al Sacrificio eucaristico,
le preghiere e le azioni,
le gioie e le sofferenze
di questo giorno:
in riparazione
dei peccati,
per la salvezza di tutti
gli uomini, nella grazia
dello Spirito Santo,
a gloria del divin Padre.
I sacerdoti,
uniti al Cuore
di Cristo, siano
veri testimoni
dell’amore
di Dio.
Lo Spirito Santo faccia
sorgere dalle nostre comunità numerose vocazioni
missionarie.
Lo Spirito Santo
favorisca momenti di incontro e di condivisione fra associazioni, gruppi e movimenti.