Nato dal marchese Ferrante Gonzaga e dalla contessa donna Marta Tana di Santena, il destino di Luigi era chiaro: divenire esperto nell’arte militare e di governo, poiché erede del marchesato. Una volta che il papà si imbarcò per Tunisi con i suoi uomini nel 1573, Luigi fu tenuto presso la sua casa nelle cure materne. Ed è proprio in questo periodo che Luigi fa risalire la sua conversione, all’età di sette anni. Aveva sentito fortemente durante la preghiera il desiderio di donarsi tutto a Dio e aveva detto il suo “sì”.
Proprio nei giorni in cui ricordiamo il 154° anniversario dell’Ordinazione sacerdotale di don Guanella (26 maggio 1866) il mondo sembra vivere un tempo di emergenza e sospensione. Un impercettibile nemico spaventa l’umanità, la costringe a stare distante e chiusa in casa, in attesa di tempi migliori. Una situazione mai vissuta prima da questa generazione. Anche il XIX e XX secolo, secoli in cui visse don Luigi, videro alcune epidemie susseguirsi: il colera a più riprese e la cosiddetta “spagnola”. Don Guanella fece l’esperienza, anche se sembra non proprio diretta, dell’epidemia del colera. Quando, invece, l’influenza spagnola colpì tutto il mondo fra il 1918 e il 1920 causando la morte di decine di milioni di persone in concomitanza con la Prima Guerra Mondiale, il nostro don Luigi era salito al Cielo da qualche anno.
Tutto è iniziato nella cattedrale di Torino quando il sagrestano bussò al suo studio per dirgli che era desiderato. Doveva conferire per un’estrema unzione ad una signora che si era sentita poco bene mentre da Lione si recava a Milano. Era stata rifiutata dagli ospedali poiché povera e si era rifugiata in una stanza d’albergo povero assieme ai figlioletti e al marito.
Nativo del cantone di Obwalden, presto entrò nel monastero benedettino di Engelberg. Il priore, suo amico, gli parlò degli “Amici di Dio”, un movimento religioso sorto in Alsazia che praticando una vita evangelica volevano dare un impulso al rinnovamento della Chiesa.
di Michele Gatta
8 febbraio - Fondatore della Famiglia dei Somaschi
Girolamo aveva 25 anni, quel 27 agosto del 1511, quando fu preso carcercato dai francesi nel suo castello di Castelnuovo di Quero sul Piave, che governava nel nome della Repubblica di Venezia, di cui suo padre era senatore e sua madre discendente dei Dogi.
Correva l’anno 1858 e don Bosco, già conosciuto negli ambienti ecclesiastici e politici italiani, era in udienza da Pio IX per presentargli il suo progetto di fondazione di una Congregazione moderna che si dedicasse all’educazione della gioventù. Il papa lo ascoltò a lungo e con molto interesse. Volle sapere come era arrivato a questa decisione e alla fine, dopo aver dato il suo pieno consenso, lo esortò a scrivere quanto gli aveva raccontato.
Luigi Sturzo: prete, scrittore, economista, sociologo, sindaco, politico, deputato, fondatore di partito, esule, poi reduce, senatore a vita, sempre scomodo, ma tra un po’ persino beato: il cardinale Ruini nel 2002 avviando il processo lo ha detto “apostolo della politica”, e ora, 24 novembre 2017, al Vicariato di Roma si è chiusa la fase preparatoria in sede diocesana: 154 testimoni tra Italia, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti, e l’esame di 50 volumi di scritti vari. Avanti, dunque! Apprezzato nella Chiesa? Ora certamente, in passato qualche resistenza. Ma apprezzato anche in ambienti diversi. Per Gaetano Salvemini era «un’Himalaya di certezza e volontà». è don Luigi Sturzo. Contro quell’Himalaya sono andati a sbattere in tanti. Sesto figlio di un aristocratico di campagna, nasce a Caltagirone il 26 novembre 1871. Prete a 23 anni, ma a 20 la rivoluzione della vita gli viene dalla Rerum Novarum di Leone XIII.
Don Luigi: sono passati venti anni, ma non hanno cancellato la sua vitalità esemplare: uomo, prete, servo degli ultimi, perché servo di Gesù Cristo...
Tanti anni fa, una sera, con la commozione che l’istintiva ritrosia sua gli consentiva, di essere figlio di un emigrante clandestino negli Usa, recidivo e respinto più volte, per sfamare la famiglia, mi raccontò: «La prima volta che sono andato in America, una sera, ho camminato per ore sulle banchine del porto di New York... Era il cammino che tante volte lui, mio padre, emigrante per mantenere la famiglia aveva fatto da solo, quando arrivava e quando lo cacciavano...».
Don Zeno, il prete di Nomadelfia, un sogno divenuto realtà contro tutto e contro tutti, e insieme a favore di tutto e tutti. Ammirato anche da chi lo odiava. Difficile essere neutrali di fronte a uno come lui. Inimmaginabile per tanti, ma oggi reale, è in corso il processo di beatificazione…
Come lui pochi, prima, forse nessuno così fuori dagli schemi. Eccolo, dunque.
Zeno Saltini nasce il 30 agosto 1900 a Fossoli, presso Carpi, nono di 12 figli di una coppia di agricoltori agiati. A 14 anni lascia la scuola: così com’è la trova inutile alla vita, e va a lavorare nei campi. A 20 è militare a Firenze, e ascoltando un compagno dire che Gesù Cristo e Chiesa sono il vero ostacolo al progresso umano si rende conto di dover studiare per poter mostrare con la vita e la parola che Cristo invece è libertà e giustizia.
Contadino di nascita, alla campagna restò sempre fisicamente legato alla sua Bassa Padana. Papa Giovanni, due mesi prima che morisse, lo salutò così: “Ecco la tromba dello Spirito Santo in terra mantovana!” Primo Mazzolari nasce nel 1890 a Boschetto di Cremona. A 22 anni è prete, viceparroco e professore di lettere, e per qualche tempo, a varie riprese, anche missionario tra gli italiani emigrati in Svizzera.
La rubrica delle «Lettere» dell’edizione di marzo della nostra rivista ha ospitato, a pagina 13, una lettera di padre Paolo Oggioni in cui narrava le vicende della sua malattia. Nel mese di maggio padre Paolo ha lasciato questa terra per ricevere il premio riservato dal Signore ai buoni servitori nella costruzione del Regno della fraternità e dell’amore. Ci sembra doveroso ricordare oggi la scomparsa di padre Paolo con il ricordo del padre Soosai Rathinam, responsabile della giovane provincia guanelliana comprendente India, Filippine, USA e Vietnam, e che ha avuto il privilegio di stargli accanto e conoscerlo nella sua qualità di confratello, educatore e autentico apostolo di carità.
Padre Paolo era uno di noi e ha scritto alcune delle pagine più importanti e appassionanti della nostra storia. E’ doveroso parlare di lui perché è stato un prezioso dono ricevuto dall'alto. Uno dei compiti più difficili dei suoi futuri biografi sarà quello di stabilire a quale Provincia della Congregazione appartenesse, perché nel suo infaticabile impegno ha servito la Congregazione in tutto il mondo: Italia, America Latina, Stati Uniti d'America, Filippine e persino Africa, se la salute non l’avesse abbandonato nell’ultimo periodo del suo transito terreno.
Loris Capovilla il giorno 26 maggio ha fatto ritorno alla Casa, quella Casa nella quale il mondo è chiamato ad avvicinarsi con l’annuncio, fatto dall’evangelista Giovanni che «Dio lo ha tanto amato da dare il suo Figlio unico per la sua salvezza». Pareva immortale, e don Loris sorrideva quando qualcuno lo faceva notare. Possedeva una memoria prodigiosa, una vivacità incredibile, una energia di vita, di speranza, di prossimità per tutti.
E' morto da 48 anni, ma fa ancora discutere, pro o contro: difficile davanti a lui restare indifferenti. L’hanno sepolto – lo ha voluto lui – in un piccolo cimitero quasi abbandonato di un paesino dimenticato nel Mugello toscano, Barbiana, ma tanti non l’hanno dimenticato. Si chiamava Lorenzo Milani. Nato a Firenze da famiglia di intellettuali ebrei nel 1923. Studia da artista, conosce il mondo, si fidanza anche. Nulla di quello che fa è superficiale, ma a vent’anni scopre Gesù Cristo, si fa cattolico e va in Seminario. A 24 è prete, fa il prete con la sua gente, ma mette anche su una scuola per i “suoi” analfabeti, a Calenzano. Normale? Macché! Succede che per questo disturba tutti: preti e laici, democristiani e comunisti, borghesi e politici.
...nei corridoi di un carcere
Don Cesare Curioni
Ha passato quasi tutta la vita in carcere, ma non era un delinquente. Un uomo al servizio di tutti, capace di trattare con gli ultimi e con i primi del mondo, sempre uguale, sempre calmo, navigatore esperto di umanità e testimone di Cristo: Cesare Curioni. Era anche “monsignore”, ma quasi