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Mercoledì, 29 Marzo 2017 14:40

Nomadelfia, dove la fraternità è regola di vita

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Don Zeno, il prete di Nomadelfia, un sogno divenuto realtà contro tutto e contro tutti, e insieme a favore di tutto e tutti. Ammirato anche da chi lo odiava. Difficile essere neutrali di fronte a uno come lui. Inimmaginabile per tanti, ma oggi reale, è in corso il processo di beatificazione…

di Gianni Gennari

Come lui pochi, prima, forse nessuno così fuori dagli schemi. Eccolo, dunque.

Zeno Saltini nasce il 30 agosto 1900 a Fossoli, presso Carpi, nono di 12 figli di una coppia di agricoltori agiati. A 14 anni lascia la scuola: così com’è la trova inutile alla vita, e va a lavorare nei campi. A 20 è militare a Firenze, e ascoltando un compagno dire che Gesù Cristo e Chiesa sono il vero ostacolo al progresso umano si rende conto di dover studiare per poter mostrare con la vita e la parola che Cristo invece è libertà e giustizia.

Studia per conto suo, arriva alla laurea in legge alla Cattolica di Milano e intanto comincia a occuparsi di giovani sbandati: per loro fa l’avvocato gratis in Tribunale, ma accorgendosi che bisogna aiutarli prima decide di farsi prete e fa tutto in un paio d’anni.

 Il 6 gennaio 1931 dice la sua prima Messa a Carpi, e vuole accanto a lui sull’altare Danilo, 17 anni, appena uscito dal carcere. Fa il viceparroco a Roncole, presso Modena, e occupa un palazzo abbandonato che è davanti alla chiesa riempiendolo di quelli che chiama “figli”, ragazzi sbandati e soli. Si presenta al vescovo con due bambini in braccio. Quello piangendo gli dà il suo permesso… Farà loro da padre, ma cerca una madre. Arriva così Irene, una ragazza disposta a farlo, che supera difficoltà grandi anche in famiglia, perché ancora minorenne, ma insieme a lui la spunta. 

Cominciano così, lui, Irene e molti figli loro, e senza nessuno…Sospetti e dicerie, ma la cosa attrae e nel tempo della guerra, anni ’40, arrivano altre madri e altri preti, sette tutti insieme da Carpi e Modena. Lui vuole che tutti si chiamino “piccoli apostoli”. Sospettato per anni dai fascisti al potere, dopo l’8 settembre lo cercano come sovversivo e ribelle, sia i fascisti che i tedeschi, e lui deve fuggire al Sud, mentre tra i suoi figli e tra i preti suoi compagni molti finiscono deportati nei lager in Germania o anche impiccati e fucilati sul posto. 

Finita la guerra riprende l’attività e mette gli occhi sull’ex campo di concentramento di Fossoli, il suo paese, abbatte i fili spinati, restaura le baracche, e arrivano non solo le mamme per i figli di prima e di dopo, ma anche coppie di sposi con i loro figli che ne accettano altri come fossero loro, in totale eguaglianza anche con i figli di nessuno, perché uno solo è Padre di tutti, lassù, e non ammette disparità…

Il 14 febbraio 1948 si approva, firmandola sull’altare della Messa, una legge base per tutti e arriva il nuovo nome, Nomadelfia, cioè luogo dove la fraternità (adelfìa) è legge (nòmos). In poco tempo attorno a questo prete di fuoco si uniscono 1200 persone, tra cui 800 figli, 150 uomini e donne senza casa e lavoro, e 250 i suoi, uomini e donne, preti e laici che non si fermano un attimo… Viene fuori a sorpresa anche una realtà di azione pratica, il Movimento della Fraternità umana, che propone apertamente la fine di ogni sfruttamento e realizza all’interno una democrazia totale e diretta. Apriti cielo! Allarme tra i politici della Dc del tempo e insorgono preoccupati anche molti corridoi delle Curie di mezza Italia…

Odore di comunismo! Si bloccano i crediti, e la situazione economica per Don Zeno e i suoi si fa pesante. Molti chiedono alla Chiesa di porre rimedio fermando questo strano prete dilapidatore di soldi e suscitatore di sogni proibiti: tutti uguali, tutti figli di famiglia, tutti con i diritti a tutto ciò che serve per vivere bene… Ma siamo matti? Il 5 febbraio 1942 arriva a Don Zeno dal Sant’Offizio, l’ordine di lasciare Nomadelfia. Obbedisce, ma lo denunciano lo stesso e lo processano per truffa. Assolto, ma deve restare lontano dai suoi, che sono costretti a lasciare Fossoli, e non sanno davvero non solo come vivere, ma anche dove andare… Lui allora accetta dalla contessa Giovanna Albertoni Pirelli l’offerta di una tenuta agricola abbandonata presso Grosseto, dove si rifugiano i suoi tutti. E lui? Per poter rispondere da solo alle difficoltà, senza mettere in pericolo Diocesi e Chiesa come tale chiede e ottiene – pro gratia – dal Papa di essere ridotto – allora si diceva così – allo stato laicale e quindi può tornare dai suoi, che sono rimasti in 400. è il 1953. Passano gli anni, il lavoro e l’amore di tutti, mamme, coppie, ragazzi, benefattori aiutano a risolvere i problemi uno per uno, e a poco a poco tutto si placa, anche il furore immediato dei nemici di un tempo, preti potenti e laici politici di potere. Ora a Nomadelfia tutti i beni sono in comune, non circola denaro, non esiste proprietà privata, tutti lavorano e nessuno è pagato, ogni famiglia ha figli propri e altrui senza distinzione. Chi sbaglia è perdonato, se ammette l’errore e si pente, ogni giorno ha l’ora di riflessione comune…

Il 22 gennaio 1962 col permesso di Papa Giovanni Don Zeno può tornare a celebrare la Messa, la sua seconda prima Messa: Nomadelfia diventa parrocchia e lui è il nuovo parroco. Nel 1968 Nomadelfia ha dal Ministero il permesso di aprire scuole proprie… La vita continua e ad agosto del 1980 Don Zeno può portare i suoi, in comitiva, a trovare Giovanni Paolo II nei giardini di Castelgandolfo, per una “serata” di festa e preghiera, con il Papa che proclama che “Nomadelfia”, come fraternità che diventa legge, è la regola del Regno di Dio, e quindi che loro sono “preavviso e preannuncio del mondo futuro dove tutti siamo chiamati”.

La salute di Don Zeno cede a poco a poco, e il 15 gennaio 1981, nello stesso momento in cui Giovanni Paolo II riceve una delegazione di Nomadelfia in Vaticano, un infarto lo porta via: forse ha amato troppo, e ha troppo preteso dal suo cuore ormai più che ottantenne. Profeta di un mondo futuro che lui ha in qualche modo reso presente. Libero e obbediente insieme, provocatore nato e pacificatore di molti… Oggi è candidato alla beatificazione. Farne un modello unico sarebbe forse eccessivo, in ogni caso è stato un bell’esemplare di prete, nella sua unicità benedetta esemplare umano ed evangelico per tanti uomini e donne del nostro tempo. 

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