Trascorsi una dozzina d’anni dalla desiderata apertura della prima casa a Como, nell’aprile 1886, le cose si stavano mettendo bene per don Guanella: le sue suore crescevano di numero e di generoso servizio ai più poveri, mentre i primi sacerdoti, radunati in un embrione di congregazione religiosa, iniziavano il loro cammino; di conseguenza le fondazioni guanelliane andavano crescendo, dopo la prima espansione del 1894 a Milano con l’apertura della Pia Casa dei poveri e qualche asilo d’infanzia.
Nel periodo subito dopo la Pasqua le figure più autorevoli della congregazione guanelliana, come gli apostoli nel cenacolo dopo la risurrezione di Gesù, si sono ritirati per quasi un mese con l’onere di verificare il cammino di un sessennio, ma anche di progettare un futuro ricco di prospettive su un territorio che sempre più si va espandendo a livello planetario, coinvolgendo nella missione caritativa i poveri che nella povertà hanno un comune denominatore, modi e culture molto dissimili di un carisma nato, sviluppato e incarnato in una cultura con il dna della tradizione italiana.
Il 14 maggio di quest’anno, accanto alla freschezza infantile dei bambini che per la prima volta ricevevano il Corpo e il Sangue di Gesù, la basilica San Giuseppe ha ospitato un bel gruppo di sacerdoti guanelliani per celebrare il 50° anniversario della loro ordinazione sacerdotale.
Don Guanella con delicatezza materna scrive a chi desidera vivere in pienezza la vita cristiana: «Affrettati, e, intanto, grida come il pulcino della rondine per farti meglio intendere; come una colomba pietosa, perché il Genitore accorra ad incontrati». La vita di suor Antonietta è trascorsa in un gioioso cinguettio in attesa del suo Signore, ma nel suo nido caldo di amore e di tenerezza ha accolto anche tante bambine che imparassero a cinguettare per essere nutrite di un amore che desse senso al vivere.
Personalmente non amo quel tipo di pellegrinaggio in Terra Santa che si concentra unicamente sulle pietre presenti negli innumerevoli siti archeologici di questa regione. Preferisco di gran lunga quei percorsi che, unitamente alla visita ai luoghi santi e a quei siti di interesse storico e culturale, uniscono l’incontro con «le pietre vive» della Chiesa di quaggiù. La Scuola Speciale della Santa Famiglia è uno di quei luoghi in cui si possono incontrare tali pietre vive che incarnano il loro carisma a servizio dei «più poveri e i più abbandonati, fra i figli poveri e i vecchi poveri» e, «tra i figli e i vecchi poveri, le creature scarse di mente che, ad esempio del Cottolengo, la casa chiamò buoni figli» (Don Piero Pellegrini, Don Luigi Guanella: chi è?, «Quaderni di formazione 18», p. 20, edizione fuori commercio).
Fine aprile 2007. La Provvidenza mi stava portando in un viaggio inaspettato da Foligno, nella splendida terra umbra, alla Terra Santa, dove la «bellezza» ha preso un nome e un volto. Non ero ancora Piccolo Fratello, ma un giovane prete che stava trascorrendo un tempo di discernimento nella comunità dei «Piccoli Fratelli di Jesus Caritas» e che, in quell’occasione, accompagnava il priore, fratel Gian Carlo, per un soggiorno nella fraternità di Nazaret, la città di Gesù. La mia prima volta nella Terra del Santo. Il volo fu davvero particolare. Io e Gian Carlo seduti l’uno accanto all’altro con un posto vuoto alla mia destra, vicino al finestrino. Dopo qualche istante vedo arrivare una persona che chiede di sedersi. Un prete. Gian Carlo lo saluta con affetto. «Incredibile!- penso - su questo volo, nell’unico posto vuoto accanto a noi, va a sedersi una persona, un prete, che Gian Carlo sembra conoscere bene: provvidenziale!».
«Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano» (Mt 11,4-5). Ma l’amore animato dalla fede - ci ricorda papa Francesco - ci fa chiedere per loro qualcosa di più grande della salute fisica: «chiediamo una pace, una serenità della vita che parte dal cuore e che è dono di Dio, frutto dello Spirito Santo, che il Padre non nega mai a quanti glielo chiedono con fiducia». Se Don Guanella aveva ereditato il carattere intraprendente dal papà Lorenzo, che per quasi vent’anni fu responsabile della pubblica amministrazione del comune di Campodolcino, la sensibilità del suo cuore, invece, portava i segni della tenerezza della mamma, Maria. La fusione di questi elementi ha dato un volto alla sua spiritualità di «contemplativo nell’azione»: egli non ha mai ha disgiunto la sua azione concreta a favore dei poveri dal suo rapporto con Dio. È proprio questo l’aspetto della sua anima di mistico nell’azione. La professione della sua fede era offrire la possibilità alle persone di incarnare il messaggio di Gesù nella vita.
La sala Paolo VI era gremita della grande famiglia guanelliana che ha portato in Vaticano il colore del viso delle popolazioni del mondo, per dimostrare che il colore della pelle di Dio è il tepore di una carezza di amore. Erano oltre di settemila persone a gremire l’aula Nervi ad attendere una parola d’incoraggiamento da parte del Pontefice. A nome dell’intera famiglia guanelliana, madre Serena, superiora delle suore guanelliane, ha salutato papa Francesco esprimendo sentimenti di costante attenzione al mistero del papa che con Guanella riteneva «stella polare» nel suo pellegrinare nelle strade dei poveri.
«Voglio che tu mi serva da strumento per attirare i cuori al mio amore», disse il Signore a santa Margherita Maria Alacoque. Il 25 maggio 1571 mentre stava visitando il monastero di Paray le Monial sentì un forte desiderio di fermarsi in quel monastero e consacrare la sua vita. Nella festa liturgica di san Giovanni evangelista, mentre era inginocchiata davanti alla grata, a questa giovane suora francese apparve Gesù e la invitò a porre il suo capo sul suo petto e sentì risuonare nell’anima queste parole: «Il mio Cuore divino arde così tanto d'amore per gli uomini e per te in particolare, che, non potendo contenere in se stesso le fiamme della sua carità ardente, deve diffonderle per mezzo tuo e manifestarsi agli uomini per arricchirli dei suoi preziosi tesori».
Santa Teresa d’Avila è la prima santa proclamata dalla Chiesa non tanto per i prodigi e grazie straordinarie, ma per la pratica eroica delle virtù cristiane della fede, della speranza e della carità. Oltre al primato della canonizzazione per la pratica delle virtù eroiche, Paolo VI nel 1970 la proclama “dottore” della Chiesa.Santa Teresa è “grande” perché ha vissuto in una stagione della Chiesa assai turbolenta. «Il mondo è in fiamme» scriveva e, per far fronte a questo fuoco distruttore, proponeva come rimedio tre indicazioni: recuperare la spiritualità dell’Incarnazione di Gesù nella nostra storia umana; ricollocare Dio al centro dell’anima e recuperare la preghiera come amorevole soccorso al mondo stesso.