L’invito evangelico “Veritatem facientes in caritate” evidenzia quanto sia importante l’inscindibilità del connubio verità – carità nel cammino verso la perfezione. Sia don Guanella che Pio X, hanno saputo rendere concreto questo invito nel loro percorso storico, assurgendo così agli onori degli altari, mostrando una forte intesa, consolidata poi in una sincera amicizia, nel mantenere sempre in un rapporto di reciproca dialettica la teoria e la prassi, cioè fede creduta e fede vissuta. Il cardinale Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, al riguardo è stato molto chiaro: “E’inconcepibile separare la dottrina dalla pastorale […]. Ogni divisione tra la teoria e la prassi della fede sarebbe il riflesso di una sottile eresia cristologica di fondo”.
Nella storia di ogni anima «ci sono molti passaggi nascosti e corridoi tortuosi», ma anche vette inesplorate che offrono l’ebbrezza e una soave nostalgia di un passato gioioso da far tornare e riscoprire le orme cancellate dal vento e dalla sabbia. Ci sono tante circostanze inebrianti capaci di deviare da un sentiero ritenuto appagante e sicuro. A volte, circostanze burrascose, appuntamenti perduti, stanchezze paralizzanti, hanno fatto smarrire lo splendore di ideali pur coltivati con tanta passione. Su Luoghi dell’Infinito, un mensile di Arte e Cultura, pubblicato come allegato al quotidiano Avvenire, Oreste Forno, alpinista e giornalista, ha raccontato la sua esperienza di riscoperta della fede grazie all’incontro con le bellezze della natura delle Alpi, soprattutto con lo sguardo ammagliato dalle vette lombarde, che sono state lo scenario della vita di don Guanella.
“Redemptoris Custos – A 30 anni dalla Esortazione Apostolica” è il tema del seminario di studio promosso per i giorni 22-24 febbraio prossimo a Roma presso la Casa Generalizia degli Oblati di San Giuseppe, in via Boccea 364. L’incontro affronterà i temi trattati dall’allora Papa Giovanni Paolo II, oggi Santo, nella sua Esortazione apostolica dedicata alla figura e alla missione di San Giuseppe nella vita di Cristo e della Chiesa, come recita il titolo del documento pontificio.
La figura di san Giuseppe in questi ultimi decenni si è affacciata sul palcoscenico della devozione popolare con grande rilievo. Non possiamo sottacere le caratteristiche di san Giuseppe che emergono dalle pagine del racconto evangelico che fanno di lui una persona importante, un esecutore fedele e puntuale dei desideri di Dio, disponibile a stracciare tutti i sogni e i progetti umani sul suo futuro fidanzato e sposo di Maria.
Anche la sua presenza nella vita della Chiesa ha sempre esercitato un ruolo umile e silenzioso al servizio del bene comune. Il riconoscimento delle sue funzioni nel piano della salvezza ha sempre rispettato questa sua caratteristica: essere deputato a uffici comprimari con discrezione. La fine del secolo scorso e l’inizio di questo nuovo millennio è stato caratterizzato da una riscoperta di un mandato da protagonista della figura di san Giuseppe: gli è stato riconosciuto ed esalato l’esemplare sostegno nell’attività della Chiesa universale.
La figura di san Giuseppe in questi ultimi decenni si è affacciata sul palcoscenico della devozione popolare con grande rilievo. Non possiamo sottacere le caratteristiche di san Giuseppe che emergono dalle pagine del racconto evangelico che fanno di lui una persona importante, un esecutore fedele e puntuale dei desideri di Dio, disponibile a stracciare tutti i sogni e i progetti umani sul suo futuro fidanzato e sposo di Maria.
Anche la sua presenza nella vita della Chiesa ha sempre esercitato un ruolo umile e silenzioso al servizio del bene comune. Il riconoscimento delle sue funzioni nel piano della salvezza ha sempre rispettato questa sua caratteristica: essere deputato a uffici comprimari con discrezione. La fine del secolo scorso e l’inizio di questo nuovo millennio è stato caratterizzato da una riscoperta di un mandato da protagonista della figura di san Giuseppe: gli è stato riconosciuto ed esalato l’esemplare sostegno nell’attività della Chiesa universale.
Introducendo qualsiasi discorso su san Giuseppe è facile sentire l'affermazione: «Ma nella Sacra Scrittura san Giuseppe non dice neppure una parola!», espressione che equivale ad un invito a chiudere l'argomento e che spiega come nell'insegnamento teologico la figura di san Giuseppe sia totalmente assente. Eppure questo non è certamente il pensiero del magistero della Chiesa, che ha dichiarato san Giuseppe suo patrono universale e gli ha dedicato un'Enciclica (Quamquam pluries) e un'Esortazione apostolica (Redemptoris custos = RC), documenti che sono rivolti a tutta la Chiesa.
Chiamato ad essere il Custode del Redentore, « Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa » (Mt 1,24). Abbiamo in queste parole il compendio di quello che san Giuseppe è e di quanto san Giuseppe ha fatto, ossia la descrizione della figura e della missione del Custode di Gesù. La definizione gravita sul termine Redentore, ossia su Gesù il Redentore dell’uomo, tema centrale del cristianesimo e motivo dominante dell’annuncio di papa Giovanni Paolo II.
Ogni quattro anni si svolge un Simposio internazionale su San Giuseppe. A metà dei quattro anni si è introdotta la scelta di fare un simposio nazionale, organizzato dalla congregazione dei Giuseppini del Murialdo. Nella partecipazione all’ultimo simposio internazionale, celebrato in Messico, don Tullio Locatelli si è incontrato con il superiore generale degli Oblati di San Giuseppe (Giuseppini di Asti). In questa circostanza si è convenuto di tenere insieme il simposio nazionale che si è organizzato per il 1° e il 2 maggio scorsi.
Tra le composizioni poetiche riguardanti San Giuseppe merita di essere presentato un inno del Rito Ambrosiano, assegnato al diciannove marzo. L'autore è incerto. Ogni informazione in proposito ci sarà gradita, come pure su altri lesti ambrosiani riguardanti San Giuseppe. Cogliamo qui l'occasione per ricordare come sant'Ambrogio si sia distinto nel difendere la «verità» del matrimonio di Maria con Giuseppe in base al diritto romano, per il quale «non la perdita della verginità costituisce il matrimonio, ma il patto coniugale».