In un contesto storico di positivismo culturale, quale era quello del secolo XIX, Giuseppe Toniolo indicava che anche l’impegno spirituale è un fattore di civiltà. Anzi, sosteneva, proprio perché radicata nel mistero dell’Incarnazione, la Chiesa opera all’interno dell’ordine sociale non come un organo periferico, ma come cuore.
Aveva la certezza che la storia va letta con un’ottica di tempi lunghi per scoprirvi il disegno della Provvidenza: ne era convinto anche don Guanella, quando ricordava la sua opera nata “col visibile aiuto della Provvidenza, che non verrà mai meno”.
Gli anni in cui vissero Toniolo (1845-1918) e don Guanella (1842-1915) quasi coincidono, ma essi non hanno lasciato testimonianze dirette di un loro incontro, anche se certamente a don Guanella, attento alle vicende anche sociali del suo tempo, non sarà sfuggita l’opera del sociologo ed economista, fervente cattolico e, come lui, fedelissimo al papa.
«Sin dall’inizio era toccato, anzi ferito, dal desiderio della bellezza, non si accontentava di una bellezza qualunque, di una bellezza banale: cercava la Bellezza stessa, la Bellezza infinita; così ha trovato Cristo, in Cristo, la vera bellezza, la strada della vita, la vera gioia». Così il cardinale Ratzinger ricordava don Luigi Giussani il 24 febbraio 2005, giorno del suo funerale nel duomo di Milano.
Non è semplice sintetizzare la vita di un uomo poliedrico, che è stato un genio dell’umano e della fede. Ma un filo conduttore si può rintracciare in quelle parole di Ratzinger: il cristianesimo come avvenimento di bellezza.
di p. Guglielmo Camera, postulatore
Il Beato Conforti nasce a Casalora di Ravadese (paese a pochi chilometri da Parma, diocesi di Parma) nel 1865. Viene ordinato presbitero nel 1888. Nominato Vice Rettore del Seminario ancora prima dell’ordinazione presbiterale, in quest'ufficio rimase per vari anni, dimostrando notevoli doti di educatore, ma soprattutto edificando gli alunni con l'esempio di una vita santa e con la persuasiva parola della fede.
Nel 1894, viene nominato Vicario Generale della Diocesi di Parma e nel 1895 fonda l’Istituto Saveriano per le Missioni Estere. Nel 1902, a 37 anni, per volontà del Papa Leone XIII viene nominato arcivescovo di Ravenna, allora sede cardinalizia, rinunciandovi due anni dopo per motivi di salute.
Nel 1907 viene nominato da Pio X Vescovo di Parma, che reggerà per 24 anni. Nel 1928, visita i suoi missionari in Cina e nel 1931, 5 Novembre, a 66 anni, muore santamente.
Cent’anni fa nasceva Enrico Medi, uno dei protagonisti della lunghissima diretta tv durante la quale raccontò e commentò lo sbarco sulla luna di Neil Armstrong. Più avanti, ricordando quella memorabile notte, Medi scrisse: «Ore 4.56, 21 luglio 1969 dell’era cristiana. Tentenna il piede dell’uomo poi si abbassa… poggia sul suolo lunare… ecco vi lascia un’impronta: la firma dell’uomo. L’uomo è sulla Luna» (E. Medi, “La Luna ci guarda“, Roma, 1970, p. 79).
Il fisico e divulgatore Franco Gàbici - prendendo spunto dal volume di A. Gliozzo, “Enrico Medi, scienziato e credente” - commenta queste parole sul sito di Disf.com: «Quello specificare l’appartenenza all'“era cristiana” dell’anno di quella straordinaria impresa non fu certo una semplice annotazione temporale, ma la dimostrazione della Weltanschauung cristiana di un uomo di scienza che di fronte a un evento epocale intendeva ricordare che quell’importante successo della tecnologia umana non doveva far dimenticare la mano del Creatore. D’accordo, era pur sempre l’uomo “che compiva un primo passo”, ma quel passo gli era stato consentito dalle “leggi della fisica che Dio gli ha permesso di usare”.
Abituati a vedere Don Guanella come l'uomo della carità, della comprensione e della pazienza, coloro che lo conobbero, spesso, si meravigliarono nel trovarsi, in certi casi, di fronte a una straordinaria fermezza. Evidentemente, trattandosi di decisioni che si sono rivelate poi giuste ed opportune, c'era in lui la capacità di decidere e di operare con la fermezza che deve avere un chirurgo quando separa ciò che è sano da ciò che è malato. In queste decisioni, come nel caso che qui è riferito, Don Guanella si assumeva la responsabilità.
Suor Vismara ricordava sovente un suo incontro decisivo con Don Guanella. Abitava ancora in famiglia ad Ardenno, in provincia di Sondrio, quando venne a sapere che Don Luigi era andato a far visita a suo fratello, Don Lorenzo Guanella. Ritenne che quella fosse una buona occasione per incontrarlo e prendere consiglio sulla sua vocazione e sull'opposizione che questa trovava da parte dei familiari. L'ostilità era forte se per ben sette anni, in seguito, la famiglia non volle perdonare a Suor Vismara la sua scelta.
Tra i buoni figli, ossia i poveri picchiatelli che Don Guanella prediligeva e amava particolarmente, ce n'era uno chiamato Bietola, alludendo alla sua goffaggine, al suo modo arruffato di parlare e di camminare, e alla sua assoluta mancanza di malizia.
Chi sa per quale ragione questo Bietola se la prendeva sempre con uno suo pari, di pelo rossiccio, che era logicamente chiamato Carota: erano nati per stare insieme, ma non potevano stare insieme senza litigare ogni tanto.
Un giorno, mentre Don Guanella riceveva alcune persone, ecco che si apre la porta e piomba nella direzione come un toro scatenato Bietola con i segni d'un'alterazione preoccupante. Senza badare alla presenza degli ospiti, Bietola si mette davanti a Don Guanella urlando:
— O via lui, o via io! O via lui, o via io!
Alludeva naturalmente al suo amico Carota col quale ce l'aveva chi lo sa perché.
Suor Chiara si presenta come una santa di ieri, ma per una santità di oggi. è la sconcertante validità che sigilla la causa di beatificazione. La rileggiamo.
“Questa umile figlia della Chiesa, dedicandosi al compimento delle consuete azioni della vita quotidiana, ha raggiunto virtù altissime. La stessa può indicare a tutti i fedeli che come lei peregrinano, attraverso le difficoltà e le lotte della vita, quale sia la via da intraprendere per poter più facilmente e più sicuramente giungere alla mèta. Ancor più siamo presi da grande ammirazione e ci sentiamo confortati, perché a tutti è dato di vedere una grande perfezione ed abbondanza di meriti, attraverso il compimento delle semplici azioni di ogni giorno, fatte per amore di Dio. E’ ciò che decretiamo e vogliamo sia valido ora e per il tempo futuro.”
E ancora, il beato Giovanni Paolo II dichiarava nell’omelia: “L’attualità del messaggio di questa Beata sta nel fatto che ha compiuto con amore le semplici azioni di ogni giorno, stando in continua sintonia con Dio e santificando così il quotidiano. Nella sua vita non ci sono stati fenomeni o gesti straordinari; straordinario, invece è stato il suo modo di porsi in relazione con Dio, lasciando spazio a Lui in tutto il suo essere. La beata dice che la santità è possibile, è accessibile a tutti, purchè si resti fedeli a Dio e fedeli all’uomo” (Roma, 21-04-1991).
Queste espressioni risuonate 20 anni fa nel giorno radioso della beatificazione di suor Chiara ci raggiungono, dunque, ancora oggi, con forza propositiva e suscitano interrogativi esistenziali: qual è il segreto di suor Chiara?
Suor Chiara e don Luigi Guanella… il padre spirituale e la figlia: come hanno vissuto questo rapporto profondo?
E noi, oggi, di fronte a suor Chiara?
Tentiamo una risposta al primo interrogativo.
Quel 20 aprile 1887 rintocchi di “campane a morto” si rincorrevano sulla superficie immobile del lago. Con il loro cadenzato lamento annunciavano il gemito di un popolo in lutto; ma tra i rami di peschi in fiore faceva eco un canto di speranza. Un gruppetto di bambine, raccolte in un angolo del cortile dell’orfanotrofio con gli occhi umidi di lacrime, si chiedeva: “Tornerà suor Chiara tra noi?”. Don Guanella, pur immerso nel dolore, confortava quelle bimbe dicendo loro che suor Chiara sarebbe tornata, anzi che loro l’avrebbero ritrovata nella grande festa finale, quando Dio avrebbe chiamato tutti a giocare eternamente con lui insieme ai suoi e ai nostri amici.
Ma Dio ha voluto che suor Chiara, incoronata di gloria, tornasse prima.
Rientrava nella scena del mondo come una regina vestita di splendore, con il volto luminoso di chi ha visto Dio e ha immerso lo sguardo nei suoi occhi.
Un premio Nobel della letteratura, il colombiano Gabriel Garcia Marques, ha lasciato scritto: «A un bambino regalerei le ali, ma lascerei che da solo imparasse a volare». Al piccolo Luigi Guanella le ali furono regalate nel «sogno» nel giorno della sua prima comunione, quando si trovava a custodire un grappolo di pecore sull’altura di Gualdera a un paio di chilometri dalla sua casa natale.
Era il giovedì santo. Allora il giorno della prima Comunione conservava il ritmo del quotidiano; era il mondo dell’invisibile inondato dalla luce della grazia divina. Allora, a differenza di oggi, non si conoscevano regali per la circostanza. Quel giorno la sveglia fu anticipata. Bisognava essere all’alba a Campodolcino, nella parrocchia, prima della messa. Poi la risalita a Fraciscio, una frugale colazione e, invece della scuola, al pascolo con le pecore.
San Luigi Guanella, nuovo santo del terzo millennio. Ricordo le parole del Papa che aprì questo nuovo millennio insieme ai giovani di tutto il mondo: “Non abbiate paura di essere i santi del nuovo millennio! Con Cristo la santità - progetto divino per ogni battezzato - diventa realizzabile...Gesù cammina con voi, vi rinnova il cuore e vi irrobustisce con il vigore del suo Spirito”. La santità, allora, è un progetto che, insieme a Cristo, ogni battezzato può realizzare. Bisogna contare su di Lui; credere alla forza invincibile del Vangelo e porre la fede a fondamento della speranza. Si può dire ancora di più: ogni progetto umano dovrebbe essere considerato nella prospettiva della santità, se vuole dare qualcosa di vero alla vita e durare persino oltre la vita. Con un po’ di fede si intuisce come Dio abbia su ognuno di noi un progetto, misterioso, tutto da scoprire e che esige impegno, fatica, anche sofferenza e lotta. Ne vale ogni pena, perché è salvifico, riguarda la salvezza. In Maria è tutto realizzato il progetto di bellezza, di felicità autentica e di amore, il progetto di santità che Dio ha per ciascuno di noi. Maria è il capolavoro a cui guardiamo con sicura speranza.