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Venerdì, 01 Giugno 2012 08:40

Un laico sulla frontiera del sociale

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Toniolo economista beato

di Grabiele Cantaluppi

In un contesto storico di positivismo culturale, quale era quello del secolo XIX, Giuseppe Toniolo  indicava che anche l’impegno spirituale è un fattore di civiltà. Anzi, sosteneva, proprio perché radicata nel mistero dell’Incarnazione, la Chiesa opera all’interno dell’ordine sociale non come un organo periferico, ma come cuore.
Aveva la certezza che la storia va letta con un’ottica di tempi lunghi per scoprirvi il disegno della Provvidenza: ne era convinto anche don Guanella, quando ricordava la sua opera nata “col visibile aiuto della Provvidenza, che non verrà mai meno”.
Gli anni in cui vissero Toniolo (1845-1918) e don Guanella (1842-1915)  quasi coincidono, ma essi non hanno lasciato testimonianze dirette di un loro incontro, anche se certamente a don Guanella, attento alle vicende anche sociali del suo tempo, non sarà sfuggita l’opera del sociologo ed economista, fervente cattolico e, come lui, fedelissimo al papa.

Toniolo, pur favorevole alla distinzione del campo sociale da quello ecclesiastico, fu sempre obbediente alle direttive della Gerarchia, distinguendosi in questo anche da altri personaggi impegnati nello stesso settore, come Romolo Murri, che avrebbero voluto maggiore autonomia di azione. Quando nel 1904 Pio X sciolse l’Opera dei Congressi perché, a suo avviso, troppo orientata su posizioni liberali, egli obbedì volgendosi a preparare i cosiddetti Statuti di Firenze.
Don Mazzucchi, testimone diretto di lunghi anni a fianco di don Guanella, riporta la notizia che Toniolo, nei tempi precedenti la malattia che lo condusse poi alla morte, a mensa si faceva leggere la prima biografia del sacerdote valtellinese. Lo ricorda anche elencando alcuni personaggi con i quali don Guanella “provava gusto singolare degli interessanti rapporti e incontri coi Santi di quaggiù”: riferisce che fra le “note e sante personalità di azione cattolica e di apostolato benefico” c’era anche “il Servo di Dio prof. Giuseppe Toniolo, ascoltatore avido – in fin di vita – della biografia del Nostro”.
E ancora nel 1942 vennero indirizzate da lui le lettere postulatorie per l’introduzione delle Cause di alcuni Servi di Dio, tra cui “del celebre professore e sociologo Giuseppe Toniolo. Con il Toniolo, che a Varallo – poco prima di ammalarsi a morte – si faceva leggere a mensa la biografia di Don Luigi Guanella, ebbe Don Luigi relazioni di ammirazione e di conoscenza personale”.
In una raccolta dell’epistolario inedito di Giuseppe Toniolo a Giacomo Sichirollo, vescovo di Rovigo, si menziona il Viatico recato da don Guanella al vescovo morente e si nomina Toniolo come una delle ultime voci alzatesi a lodare il santo vescovo: segno che entrambi appartenevano alla cerchia degli amici del defunto.
Nella fondamentale biografia, scritta dallo stesso don Mazzucchi, si afferma che in don Guanella “l’intransigenza nelle idee e nei principi non era intolleranza delle persone e… avvicinava con grande libertà di spirito… sempre con grande prudenza e amabilità soave di tratto, ogni sorta di persone, da Giuseppe Toniolo…”.
Davanti al cardinale Carlo Salotti, nominato da Pio XI protettore della Congregazione maschile guanelliana, la sera dell’8 dicembre 1938, don Mazzucchi rievocava l’amicizia di don Guanella con alcuni personaggi già entrati nel catalogo dei Santi, ma anche con i “recenti Servi di Dio e apostoli della verità e della carità: Giuseppe Toniolo, Vico Necchi, il condiscepolo vescovo Mons. Scalabrini e Bartolo Longo”.
Su “La divina Provvidenza” del gennaio 1897 si parla di un “Congresso cattolico italiano che si radunava a Fiesole” e si pubblica un invito a sottoscrivere la petizione per reintrodurre l’insegnamento religioso nella scuola pubblica, e successivamente sullo stesso periodico dell’agosto successivo si propaganda il numero unico illustrato de “Il lavoratore italiano” per illustrare il quindicesimo Congresso: iniziative a cui Toniolo non era estraneo. In quegli anni il periodico era ancora attentamente visionato da don Guanella stesso.
è nota l’amicizia fra il cardinal Ferrari e don Guanella, animati ambedue dal profondo desiderio di diffondere il Regno di Dio attraverso l’opera concreta di evangelizzazione della carità e della parola. Eletto vescovo di Milano nel 1896, accolse benevolmente l’adunanza generale dell’Opera dei Congressi, mostrando così un’apertura concreta verso l’impegno politico sociale dei cattolici. L’anno successivo istituì nei suoi seminari la cattedra di sociologia, tenuta inizialmente dal Toniolo, e nel 1898 radunò attorno a sé il primo nucleo  di quella che sarà la “Società Scientifica generale per gli studi cattolici”, che vent’anni più tardi sfocerà nell’Università Cattolica.

Il primato della persona

Nel Congresso cattolico italiano degli studiosi di scienze sociali del 1896 a Padova, Toniolo si augurava che il primato dell’uomo sul capitale portasse ad una serie di proposte concrete in favore dell’operaio, soprattutto nella legislazione sui contratti di lavoro e nella liceità del sindacato.
Era convinto della priorità della cultura come motore di ogni cambiamento sociale.  Anche a questa convinzione si deve l’avvio delle Settimane Sociali, iniziate nel 1907 a Pistoia e con alcune sezioni a Pisa.
In un libro di recente pubblicazione, “Cercando Gesù”, gli autori sostengono l’importanza della “profezia”,  cioè vivere la dimensione comunitaria della fede per un rinnovamento della società. Affermano che nell’aver “appannato la dimensione comunitaria della fede, piegandola a un fiacco individualismo religioso, è il peccato più grave del cristianesimo di oggi”.
Era questo anche il pensiero del professor Filippo Medi in un articolo su don Guanella apparso sulla prestigiosa rivista «Vita e Pensiero» un mese dopo la morte del nostro Santo, indicandolo come appartenente a quelle persone che, dimentiche “del proprio io, non sanno e non possono agire se non nella complessità di un organismo continuamente in azione, al quale infondono col proprio pensiero ogni giorno, ogni ora anzi, l’energia motrice ordinatrice”.
Anche Toniolo immaginava la società come un organismo, di cui le varie entità e istituzioni erano le membra, che nessuno, neppure lo Stato, poteva atrofizzare  o recidere, neppure assurgendo a norma morale con lo “Stato etico”.

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