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Mercoledì, 28 Giugno 2017 15:08

Il platano, pianta del ristoro

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a cura di Carlo Lapucci

Il brano musicale noto come Largo di Handel, che si suona in tutti i matrimoni e nelle cerimonie commoventi, è praticamente un inno al Platano che vanta come ispirazione ascendenze millenarie con autori e personaggi illustri.

Vero gigante della nostra flora arborea il Platanus orientalis, delle Platanacee, ha il tronco relativamente breve, ma la chioma folta ed estesissima. È l’albero ombroso per eccellenza che fin dall’antichità è stato magnificato dagli autori più famosi come Ateneo, Platone, Plutarco, Arcadio, lodandolo per il refrigerio e la protezione che offre a quanti si rifugiano sotto i suoi rami. È apprezzato soprattutto in certe zone dell’Oriente dove il caldo e la siccità sono maggiori e l’albero tuttavia vi cresce rigoglioso. Plinio (Storia Naturale XII, 3ss.) enumera casi e figure storiche che ammirarono, amarono, preservarono piante di platano magnifiche per la loro grandezza e le loro grandi foglie che danno il nome alla pianta: platys è in greco “largo”. Gli antichi ebbero un vero culto per questa pianta. Una fu portata attraverso il Mare Ionio per collocarla sulla tomba di Diomede. Dioniso il Vecchio ne adornò la sua capitale e a Roma si annaffiava col vino un superbo esemplare.

È simbolo della capacità, dell’ingegno del ristoro, della magnificenza, per la dimensione e l’imponenza.

Celeberrimo fu il Platano della Lidia di cui parlano Erodoto ed Eliano a proposito di Serse I, re di Persia. Questi, durante la marcia con la sua armata, venendo dalla Frigia e penetrando nella Lidia, «trovò un esemplare tanto bello di tale pianta cui fece dono per la sua bellezza, di ornamenti d’oro; poi, affidatolo alla sorveglianza di uno dei suoi Immortali, al secondo giorno arrivò alla capitale della Lidia». Gli Immortali erano un reparto scelto dell’esercito costituito da 10.000 armati, detti così perché chiunque venisse a mancare era immediatamente sostituito in modo che il numero rimaneva immutato (Le storie VII, 31).

La vicenda d’un re che s’innamora e ammira tanto una pianta da lasciarla in custodia a un drappello del suo corpo migliore di soldati generò stupore e il fatto compare nel capolavoro di George Frideric Handel (1685-1759), la celebre opera Serse (Atto I, Scena I), al cui inizio il protagonista, stando sotto i rami dell’albero maestoso, canta l’aria celeberrima, musica meravigliosa per  quanto sono povere e infelici le parole: Ombra mai fu / di vegetabile / cara ed amabile, / soave più. La musica è più nota nelle numerose trascrizioni e riduzioni strumentali che sono note come il Largo di Handel.

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