Nel libro del profeta Isaia viene ritratto un periodo di vuoto di potere in Gerusalemme, una condizione di anarchia che sconvolge la città estendendo i suoi effetti devastanti su tutta la Giudea. Le tinte forti di una società ormai completamente destrutturata e sfibrata raggiungono il loro apice espressivo in una scena di disperazione: «Sette donne afferreranno un uomo solo, in quel giorno, e diranno: Ci nutriremo del nostro pane e indosseremo le nostre vesti; soltanto, lasciaci portare il tuo nome. Toglici la nostra vergogna» (Is 4, 1).
Con l’inizio del secondo capitolo del suo libro, Isaia proietta una prospettiva escatologica sulla città di Gerusalemme e su Giuda; Gerusalemme diventa un polo universale,
di mons. Silvano Macchi
Il nome di Giuseppe sarà la nostra protezione durante tutti i giorni
della nostra vita, ma soprattutto al momento della morte
Beato Guglielmo G. Chaminade
Un viaggio (breve) è ciò che mi propongo di fare con queste puntate – tra storia, teologia, spiritualità, devozione – attorno a una delle tante invocazioni con cui è venerato e pregato san Giuseppe, ossia patrono dei moribondi (nelle litanie, Patrone moriéntium), patrono degli agonizzanti, patrono della buona morte. È un’invocazione con la quale è salutato Giuseppe a partire dal XVII secolo.
La Chiesa si esprime attraverso
quattro caratteristiche.
Esse sono sperimentabili e invitano gli uomini alla conversione.
Una, santa, cattolica e apostolica: sono quattro le proprietà essenziali – “note” – della Chiesa, inserite nel suo Credo fin dai primi secoli.