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L’interrogativo sulle famose, presunte apparizioni mariane a Medjugorje
ha avuto una risposta parziale dal Vaticano. Il Dicastero per la
Dottrina della fede raccomanda i pellegrinaggi alla Regina della pace
perché si ottiene un abbondante frutto spirituale 

di don Gabriele Cantaluppi

Nel pomeriggio del 24 giugno 1981 Ivanka Ivanković, quindicenne, e Mirjana Dragičević, sedicenne, stavano passeggiando ai piedi della collina del Podbrdo, nella località di Medjugorje (Bosnia-Erstzegovina). Ivanka disse all’amica di aver visto una figura luminosa: «Guarda, la Gospa!» che in lingua croata significa Madonna. Ritornate al medesimo luogo con Vicka Ivanković, cugina di Ivanka, Marja Pavlović, cugina di Mirjana, con Jakov Čolo e Ivan Dragičević, la Madonna sarebbe apparsa di nuovo all’intero gruppo. Fu quella la prima tappa di un fenomeno che, nonostante le forti opposizioni iniziali del regime marxista jugoslavo, continua a svilupparsi da oltre quarant’anni. 

Apostolo della devozione del santo Rosario, san Luigi Guanella la diffuse tra il popolo cristiano. Un suggerimento specialmente per il mese di ottobre

di Bruno Capparoni, Postulatore generale

Il mese di ottobre offre due ricorrenze da sentire come nostre: la Madonna del Rosario il giorno 7 e la festa di san Luigi Guanella il giorno 24. In questa breve riflessione intendo indicare il legame tra don Guanella e il Rosario, così che il ricordo del nostro Fondatore ci incoraggi in questa devozione.

Il Libro delle Lamentazioni è una dolente elegia su Gerusalemme, sui suoi dolori, sulle disgrazie provocate dalla guerra. Risonanza tremendamente attuale, come attuale è l’invocazione della pace

di Rosanna Virgili

«Desertum fecerunt et pacem appellaverunt», che tradotto è: «Fecero un deserto e lo chiamarono pace». Così scrive Tacito nel De Agricola, con parole che descrivono la realtà tragicamente attuale di diverse città del mondo, ancor oggi distrutte dalle guerre. Ciò che colpisce – oggi più di ieri – dinanzi ai danni della malvagità umana, è la giustificazione che viene data con un cinismo accademico: «La guerra si deve fare per ottenere la pace». 

Il profeta Geremia è incaricato da Dio di minacciare sventure, mentre il popolo vuole solo buone notizie. Ai suoi contemporanei, e a noi, annuncia che dalla guerra non verrà mai la pace

 di Rosanna Virgili

Geremia è un profeta sfortunato: viene chiamato da Dio per andare alle “nazioni” ad annunciare la spada, la fame, la peste. Deve avvertire Gerusalemme che la guerra l’avrebbe presto assalita e che sarebbe stato un miracolo sfuggirvi. Nel racconto della sua vocazione si dice che il Signore gli fece vedere una pentola inclinata da settentrione, il cui liquido caustico si sarebbe fatalmente rovesciato sulla Città di David (cfr. Ger 1, 13). Era metafora della rovina che si sarebbe abbattuta su di essa, violando la vita dei suoi abitanti.