di Angelo Forti
In tutte le culture del mondo i nomi hanno sempre un significato simbolico: si può riferire ad una luogo, ad una qualità morale. Gli antichi romani hanno espresso questo significato con un giuoco di parole Nomen omen, cioè il nome è un presagio. Anche nella Bibbia molti personaggi entrano in scena e sono spiegati revocando vicende che hanno acquisito un valore simbolico. Abramo significa “Il padre è stato esaltato”; Emanuele, riferito a Gesù “Dio con noi”, Gesù chiama Simone con un nuovo nome “Kefa”, pietra, e Pietro diventa “pietra”, simbolo della stabilità. Anche il nome Giuseppe significa “colui che aggiunge”.
Rimanendo nel filone del simbolo, possiamo leggere le iniziali del suo nome come la sintesi di un capitale morale che egli ha aggiunto anche alla nostra vita con l’esercizio di questa qualità morale e con la sua intercessione. Se consideriamo le lettere iniziali di Joseph scopriamo un’aiuola un eccellente splendore di qualità morali.
San Giovanni Paolo II nella sua Esortazione apostolica su San Giuseppe “Redemptoris custos” ha scritto: «San Giuseppe è l’uomo dell’interiorità, l’uomo capace di vivere dell’interiorità, uomo capace di vivere una profonda contemplazione, in quotidiano rapporto con il mistero divino».
Contemplare significa avere gli occhi fissi sulla missione assegnata alla nostra vita. In Giuseppe lo sguardo si faceva invocazione per comprendere.
San Giuseppe e Teresa… A prima vista lui quasi in secondo piano nella vita di Teresina, ma la realtà è opposta fin dall’inizio. Nel marzo del 1873 Teresina, due mesi, pare destinata a morte prematura come i due piccoli Giuseppe suoi fratellini, e la mamma racconta in una lettera che nella disperazione si è inginocchiata davanti a un’immagine di san Giuseppe con una preghiera estrema: esaudita! Giuseppe presente nella vita di Teresina.
Nella ricorrenza del centenario dell’aggregazione della Pia Unione locale del Transito di San Giuseppe alla sede primaria di Roma Trionfale, Santa Domenica, piccolo, quanto stupendo centro calabrese, collocato a trecento metri sul mare, sopra Scalea, alle pendici del Pollino, nel mese di luglio si esalta con la festa del suo patrono san Giuseppe. Il fatto, anzitutto, nello studio dell’architetto Antonello Lucchese, ricercatore quanto mai qualificato che citiamo espressamente: «Dopo la morte dell’ultimo arciprete don Giuseppe La Greca, con l’arrivo del nuovo curato don Giuseppe Pontieri di Cassano, si verificò un certo fermento nella parrocchia, con diverse iniziative: una di queste fu l’istituzione della Pia Unione del Transito di San Giuseppe per aggregarla alla primaria di Roma (San Giuseppe al Trionfale).