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Super User

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Lunedì, 16 Giugno 2014 12:58

Invito a riguardare la fotografia!

La Cresima per riscoprire un dono. La vita umana segnata dall’abbraccio di Gesù è profumata e tale fragranza si sente nel mondo

di Andrea Ciucci

Quasi tutte le fotografie della Cresima raffigurano il Vescovo che unge il cresimato sulla cui spalla si posa la mano del padrino. Questa immagine racchiude in sé tutti i simboli della Confermazione.
Il meno visibile di tutti è certamente il crisma, l’olio profumato usato per l’unzione. L’olio è il terrore di tutte le mamme: esso macchia, unge, non viene mai via. Proprio come l’amore di Dio nei confronti di ogni uomo: lo segna, lo macchia, non viene mai meno. Come ogni sacramento, all’opera nei segni c’è anzitutto e primariamente il Signore: è lui che segna e conferma la sua scelta di amore, la sua predilezione, la sua chiamata. Egli è il Dio fedele che mantiene fede alla sua promessa e nella cui fedeltà possiamo diventare a nostra volta affidabili e fiduciosi. 

di Tarcisio Stramare

«La figura di san Giuseppe acquista una rinnovata attualità per la Chiesa del nostro tempo, in relazione al nuovo millennio cristiano». Venticinque anni fa, il 15 agosto 1989, Papa Giovanni Paolo II scriveva l’esortazione apostolica Redemptoris custos «sulla figura e la missione di san Giuseppe nella vita di Cristo e della Chiesa», perché «l’intero popolo cristiano invochi fiduciosamente il suo patrocinio e tenga sempre dinanzi agli occhi il suo umile, maturo modo di servire e di partecipare all’economia della salvezza». Un’attualità poi sottolineata anche nel 2011 da una giornata di studi a Viterbo organizzata dalla congregazione dei giuseppini del Murialdo. Di quel convegno sono stati pubblicati gli Atti (Attualità del nostro santo, Roma, Edizioni Ocd, 2013, pagine 155, euro 13) in un piccolo volume che risulta utile per riconsiderare, alla luce della figura di san Giuseppe, alcune tematiche che caratterizzano oggi la riflessione della comunità cristiana. Pensiamo ad esempio al tema della paternità. La famiglia e le sue dinamiche sono al centro di svariati dibattiti, confronti, anche scontri.

Giuseppe il profugo

di Gianfranco Ravasi

La famiglia di Gesù si inscrive subito nel lungo elenco che giunge fino ai nostri giorni e che comprende i profughi, i clandestini, i migranti. Infatti, quando il bambino Gesù ha pochi mesi, Giuseppe è presentato in marcia con lui e con la sposa Maria attraverso il deserto di Giuda per riparare in Egitto, lontano dall’incubo del potere sanguinario del re Erode.
Lunedì, 16 Giugno 2014 12:19

I desideri in bilico tra risorsa e zavorra

di Giovanni Cucci

Parlare di desiderio a proposito della vita spirituale potrebbe suscitare disagio, ritenendo probabilmente di avere a che fare con il suo più insidioso nemico: se infatti si consentisse libero corso ai desideri cosa potrebbe accadere? Dove si andrebbe a finire? Lasciarsi andare ai desideri potrebbe portare ad una vita senza freni, preda degli impulsi, contraria ai valori scelti. È forse anche per questi motivi che il desiderio è stato guardato con sospetto, interpretando gli ultimi due comandamenti nella linea di: «non desiderare e avrai vita tranquilla».
Lunedì, 16 Giugno 2014 12:08

Morire e risorgere: verbi da recuperare

di Gianni Gennari

Quasi al termine del cammino! Dopo “Credo la Chiesa” ecco “la comunione dei Santi, la resurrezione della carne e la vita eterna”. Qui vale quel “quasi”.
 

La “comunione dei Santi” 

Essa è il legame che in Gesù morto e risorto, e nello Spirito Santo unisce la terra e il cielo… Sulla terra è l’unione di tutti coloro che vivono – conoscendolo esplicitamente, o riconoscendolo con i fatti implicitamente – il comando dell’amore come unico dovere dell’uomo… “Tutto coopera al bene di quelli che amano Dio” (Rom. 8, 28), e ci sono tanti che amano davvero Dio anche senza conoscerlo in pieno, ma riconoscendolo nel prossimo da sfamare, da dissetare, da soccorrere… è la lezione del Giudizio finale in Matteo 25, sulla bocca di Gesù stesso. Tra tutti coloro che amano Dio, e che l’hanno conosciuto e riconosciuto, o anche solo riconosciuto senza conoscerlo pienamente, si forma una solidarietà di “unione comune”, o “comunione”, che in termini di teologia tradizionale, sempre valida in questo, si chiama Corpo Mistico di Cristo… Non mi fermo su di esso, qui, ma credo che chiunque legga può capire quale oceano di solidarietà effettiva e salvifica, nello Spirito Santo, si crea in terra, e tra terra e cielo, solo pensando in profondità agli effetti di questa presenza santificante dello Spirito senza confini a noi noti… è ciò che ci rende sereni di fronte alla domanda sulla salvezza eterna di tanti fratelli, la maggior parte dell’umanità certamente, dagli inizi della storia umana e fino al ritorno del Signore alla destra del Padre…
La “comunione” ecclesiale, in questo contesto, è solo una delle forme visibili della chiamata universale alla salvezza ed alla santità di cui il Vaticano II si è fatto annunciatore definitivo… è anche la misteriosa trovata, per fare solo un esempio, della “catena” che unisce cielo e terra già ora, e che ha consentito a Teresa di Lisieux di dire: “Voglio passare il mio Cielo a fare del bene sulla terra”.
Andiamo avanti… Ecco dunque “la resurrezione della carne e la vita eterna”.
 

Resurrezione? Oltre il morire, dunque…

Ma questo dice qualcosa che va oltre. Entra in gioco la realtà importante del nostro “morire”. Un mistero universale su cui da sempre si è interrogata l’umanità tutta, e su cui forse in questi ultimi decenni non siamo stati capaci, come cristiani e cattolici, di tradurre la fede annunciata da Gesù e trasmessa dagli Apostoli e dai martiri senza tradirla, e perciò – dando uno sguardo attorno – constatiamo che nella nostra comunità – catechismi, omelie, preghiere, riflessioni, ritiri spirituali – se ne parla poco o niente. Domandiamoci infatti quanto tempo è che a Messa il celebrante non ci ha ricordato quelli che una volta si chiamavano “i Novissimi”: Morte, Giudizio, Inferno e Paradiso…
Eppure è tema e domanda fondamentale: cosa è morire? E cosa è risorgere a vita eterna? Si dice che il discorso del Catechismo non regge più e il rimedio sarebbe continuare a credere senza domande, senza cercare di capire. Eppure Gesù ha detto ai Suoi, e anche a noi: “vado a prepararvi un posto” (Gv. 14, 2). Si dice che è mistero, ma resta il fatto che anche su questo, forse soprattutto su questo, come credenti abbiamo un dovere, quello ricordato da San Pietro, di “rendere ragione della speranza che è in noi”. E allora vale la pena di approfondire, magari non in una sola volta…
Prima domanda: cosa è morire? Malraux ha scritto che se non si trova un senso alla nostra morte, la vita intera rischia di perderlo… E oggi della morte non si parla: roba di medici… No: per parlare di ciò che chiamiamo il “dopo” dobbiamo parlare dopo aver risposto su di essa…
 

La morte: una fine e un fine, “pena” e “sorella”

Prendiamo il “morire” come tale. Cosa è? Che dice, la fede cristiana? In realtà due cose: che la morte è sia “una fine” e pena del peccato, sia “una sorella” – con S. Francesco – e addirittura “il fine” della esistenza stessa. Sul fatto che essa è pena testimonia il racconto della creazione fino dalle prime linee della Scrittura. E San Paolo ne fa sintesi perfetta: morte “stipendio del peccato” (Rom. 6,23), “ultimo nemico” (I Cor. 11, 26). Ma egli stesso la dice anche oggetto di desiderio: “Bramo essere sciolto (dalla vita terrena) per essere con Cristo” (Fil. 1, 23). Anche Gesù ha avuto paura della morte, nel Getsemani – “si allontani da me questo calice” – ma ai suoi ha detto anche che voleva berlo, quel “calice”, ricevere quel “battesimo”, ed era in pena finché non lo avesse fatto (Lc. 12, 50).
Dunque due facce del morire, collegate, ma non identiche. E per andare avanti leggo di Lazzaro, Vangelo di Giovanni, capitolo 11. Era morto o no? Prima risposta ovvia: sì, “da quattro giorni, e già puzza”. Lo dice anche Gesù: “Lazzaro è morto!” Ma prima aveva anche detto che “questa malattia non è per la morte… Lazzaro, l’amico nostro, dorme, e io vado a risvegliarlo”.
Lazzaro è morto, ma non è morto: perché? Forse – è l’ipotesi che mi azzardo a proporre qui – perché ciò che noi chiamiamo “morte” ha due dimensioni, distinte e diverse: una è quella fisica, biologica, da mancanza di funzioni fino all’encefalogramma piatto, con data precisa, esaurimento delle energie vitali della persona concreta, accertabile con certificato legale… E di questa morte Lazzaro era morto, e da quattro giorni. è la morte come pena, come “fine”, “ultimo nemico”, sconfitta dell’energia vitale di ogni uomo. E Gesù richiama in vita questo Lazzaro “già morto da quattro giorni”, che dopo qualche anno morirà un’altra volta di morte fisica, e sarà anche l’altra faccia, quella della morte come “sorella”, come “fine” e compimento del “desiderio” di essere con Dio, ingresso nell’eternità e nella “gioia del suo Signore”. 
E allora? Allora qualcuno, p. es. nella storia della teologia cristiana e cattolica, viene in nostro soccorso. E’ un grande santo e “dottore” della Chiesa, Giovanni Damasceno, vissuto tra VII e VIII secolo: “Hoc est hominibus mors, quod fuit Angelis temptatio” (“la morte è per gli uomini ciò che per gli Angeli fu la prova”). La morte come una scelta: o con Dio o contro di Lui… Dopo il Damasceno altri pensatori cristiani, fino ai nostri giorni, su questo cammino… E questo ripensare il morire non solo come “disfarsi” del corpo e della condizione storica, ma anche come “scelta” che si fa vita eterna in Dio – il Paradiso – o vita eterna senza Dio e contro Dio – l’Inferno – ci servirà per andare avanti… 
Chiedo scusa al lettore: così il discorso è a metà, ma lo spazio è tiranno, e si continuerà alla prossima occasione: la fiducia è che possa essere utile… 
Lunedì, 16 Giugno 2014 12:04

Il purgatorio

Ho letto sulla vostra rivista del «Suffragio perpetuo» e poiché penso che questo suffragio sia legato al Purgatorio, volevo sapere qualcosa di più dell’uno e dell’altro.
La ringrazio.
Letizia di Torre Annunziata
 
Per rispondere alla sua prima domanda è necessario illustrare la seconda. Quella sul purgatorio.
Innanzitutto il purgatorio non può essere pensato come un campo di concentramento in cui le anime sono recluse in attesa di scontare una pena prima di poter vedere Dio faccia-faccia. Un’immagine evangelica che getta una luce d’intuizione sulla realtà del purgatorio è il tradimento di Pietro. L’evangelo dice che Gesù si voltò e gli occhi di Pietro s’incrociarono con lo sguardo del Maestro, il capo degli apostoli fu sconvolto dal dramma del suo tradimento e pianse amaramente. I suoi occhi non hanno retto allo sguardo di Gesù.
Lunedì, 16 Giugno 2014 12:02

Prima delle madri esultano i bambini

La visitazione: secondo mistero gaudioso

di Ottavio De Bertolis

La scena che contempliamo oggi non è solamente un esempio da imitare: prima di tutto, è un evento che accade, e che segna la vita e in qualche modo la vocazione stessa di Maria. In fondo, la visitazione è solo la prima di tante visite che Maria compie agli uomini: lei entra nelle nostre vite, ci porta il suo figlio, si prende carico di noi, della nostra lontananza, e viene a visitarci. Ogni volta che la acclamiamo con le stesse parole di Elisabetta: “Benedetta sei tu tra le donne, e benedetto il frutto del tuo seno”, continua ad accadere, ma questa volta proprio per noi, quella prima e originaria “visitazione”, che abbiamo contemplato nel mistero.

Lunedì, 16 Giugno 2014 12:00

Lettere di Giugno 2014

La santità feriale delle mamme

Reverendo don Mario Carrera, ho inviato l’offerta per una borsa di studio destinata a un vostro aspirante al sacerdozio. Con essa, desidero ricordare i miei defunti e, in particolare, la mia cara mamma, Bruna, che è salita al cielo il 6 luglio scorso a 93 anni. La mamma è stata una persona eccezionale; mi è sempre stata vicina nella sua lunga e laboriosa esistenza, nei momenti lieti e tristi, si è sacrificata in mille modi, non avendo un reddito proprio si è privata di molte cose; è stata per me più di una sorella e di un’amica, nell’adolescenza e anche dopo; mi ha spesso aiutata ad appianare i contrasti con mio padre, uomo molto onesto e corretto, ottimo genitore ma autoritario e poco espansivo, che non sempre le ha dimostrato l’affetto e la considerazione che avrebbe meritato. Rimasta vedova, la mamma è vissuta con noi in famiglia, fino a cinque mesi prima della morte, offrendoci sempre il sostegno affettivo ed economico, anche nell’educazione di nostro figlio, senza mai chiedere nulla in cambio, sempre in maniera silenziosa e discreta. Per questi motivi la sua presenza manca moltissimo a me e a noi tutti. Mi consola la grande fiducia che San Giuseppe l’abbia adeguatamente assistita nell’ora suprema del passaggio dal tempo all’eternità. Ringrazio san Giuseppe e la sacra Famiglia per aver goduto a lungo di una mamma così preziosa e per la costante intercessione che sempre sperimento nel momento del bisogno. Chiedo la grazia di poter con mio marito essere utile, se Dio vorrà, alla famiglia di mio figlio, per molti anni ancora, sull’esempio di mia madre. Ringrazio lei e la Pia Unione per le preghiere.
B.A.G.T., Voghera (Pavia)
 
Cara e gentile Amica,
i santi che nella nostra vita abbiamo conosciuto non avevano sul capo l’aureola dorata, ma negli occhi il riflesso luminoso dell’anima e nelle mani un’energia divina nell’aiutare le persone a camminare in serenità e gioia di vivere.
Pensando a tanta bontà silenziosa e assai diffusa, mi viene alla mente l’esperienza del profeta Elia sul Monte Horeb. Egli si era rifugiato nel deserto con l’animo amareggiato e sconfortato alla ricerca del volto di Dio per essere consolato. Lo cercava in fenomeni sconvolgenti e straordinari: il terremoto, i fulmini, il vento impetuoso e tagliente del deserto, ci fu il fuoco, ma il Signore non era in questi elementi.  Dopo il fuoco il profeta Elia uscì dalla caverna e «ci fu il mormorio di un vento leggero». Quel vento leggero ricorda la presenza dei nostri cari che con il loro affetto e lo spirito di servizio rendono presente la santità di Dio nella nostra vita. Una folla di santi anonimi (mamme, papà, zie, parenti e amici) sta davanti a Dio e ancora con le loro preghiere intercedono per noi affinché il tesoro della nostra vita abbia il suo peso specifico nell’amore e nella bontà.
Quando leggo le parole del profeta Isaia che afferma solennemente che nessuna mamma può dimenticare il frutto del suo grembo, penso che al momento della nostra nascita solo materialmente è spezzato il cordone ombelicale, ma permane un infrangibile legame che fornisce un costante flusso di energie vitali per un’esistenza onesta e dignitosa.
 

L’efficacia della preghiera

Reverendo Don Mario Carrera,
nel gennaio 2012 le avevo scritto una lettera dove esponevo tutti i gravi problemi che ci assillavano.
Finalmente, riesco a prendere il tempo per rendere la mia testimonianza in onore di San Giuseppe.
Voglio con tutto il mio cuore ringraziare il “mio” grandissimo protettore ed avvocato ed amico San Giuseppe.
Abbiamo ricevuto le grazie richieste una delle quali  proprio in extremis: la vendita della casa senza la quale non si poteva comprare l’altra: la proposta di acquisto dell’alloggio, subito accettata, arrivò il venerdi e il contratto per l’acquisto dell’altra scadeva il sabato, il giorno seguente... dopo più di un anno di attesa. Ringraziamo anche per il lavoro trovato proprio in zona, il tutto nel 2013.
Nel frattempo, è arrivata anche una bella bambina, Lucia nata il 20 di marzo 2014  a completare e rallegrare la bella famiglia dove vivono già Sofia di 4 anni e Pietro di quasi 3 anni.
Desidero mettere sotto al Manto di San Giuseppe questi nostri nipotini: Sofia, Pietro e Lucia Giovannini.
Da allora, io come nonna non ho più smesso di recitare il Sacro Manto e anche la novena per la mia famiglia e le famiglie  dei nostri figli, per ottenere una guarigione psicologica e  soprattutto una profonda e vera conversione per tutti. Prego anche perché conservino il loro lavoro in questi tempi difficili. Inoltre chiedo aiuto a San Giuseppe per tutti quelli che chiedono sostegno come ho fatto io. C’è tanto bisogno di aiuto in questo mondo…
Come promesso al momento della mia supplica a San Giuseppe, continuo a mandarvi la mia offerta ogni volta che ricevo la rivista per dilatare la carità verso i poveri.
Con tanta riconoscenza, Vi ringrazio tutti per le vostre preghiere.           
Nonna Franca
 


Il sacramento del Matrimonio è per l’eternità

Molto reverendo don Mario, sono associata alla Pia Unione del Transito da più di venti anni insieme a mio marito Angelo che il 24 gennaio scorso è ritornato alla Casa del Padre. Credo che San Giuseppe, grazie alle preghiere di tutti gli associati, gli sia stato vicino al momento del passaggio da questa vita alla Vita eterna, avvenuto con grande serenità. Il nostro matrimonio è durato 54 anni più sei anni di fidanzamento (non avevamo i mezzi per sposarci prima) nel rispetto e nell’amore reciproco e frutto del nostro matrimonio sono stati i nostri quattro figli (uno dei quali è un angioletto in Paradiso). Angelo ha dedicato la sua vita alla famiglia con tanto amore. Circa quarant’anni fa abbiamo avuto la fortuna di fare insieme un cammino di conversione. Entrò a far parte della Caritas Diocesana dove collaborò e s’impegnò nei Centri d’Ascolto fino a pochi giorni prima di morire. Il prossimo 28 maggio avrebbe compiuto 89 anni.

Anche se a volte con le lacrime agli occhi, ringrazio il Signore per tutti questi anni che ci ha donato nella condivisione di ogni cosa. Tutte le sere recitavamo insieme il Santo Rosario; ora lo recito da sola ma lui è spiritualmente vicino a me e, come mi aveva promesso, lo sarà sempre. La prego trascrivere il nome di mio marito all’Unione Suffragi, grata se vorrà celebrare per lui una Santa Messa il prossimo 24 giugno. Ringrazio San Luigi Guanella (che prego ogni sera) per aver fondato questa grande Opera in onore di San Giuseppe e per tutto il bene che ne deriva per i vivi e per i defunti. Unisco anche la mia povera preghiera per gli agonizzanti e una modesta offerta che andrà a sollievo dei vostri poveri che sono anche i nostri.

Lettera firmata

Carissima Abbonata, la sua lettera è un mezzogiorno di luce per la gioia della sua esistenza spesa nell’amore e per amore. Nelle sue parole si sentono la fragranza del Cantico dei Cantici, lo stupore immutato degli anni giovanili e il patrocinio di ricchezza d’animo che avete acquisito in oltre sessant’anni di scambi reciproci di doni. In questa stagione di amori fragili e «stagionali», queste testimonianze forti ci danno la certezza che Dio semina la storia di amore e vuole che sia lievito per trasformare la storia in amorosa eternità. Un amore rinnovato per continuare, in eterno, nella pienezza della risurrezione.


 

Tutti i bambini sotto la protezione di san Giuseppe

Caro e amato San Giuseppe, tu sei stato custode di Gesù e per questo alla tua protezione vorrei affidare tutti i bambini del mondo e in particolare mio nipote Matteo, stupenda creatura, in occasione del suo primo compleanno. Come di ogni bambino in una famiglia la sua presenza dà gioia e felicità, moltiplica le energie, rende lievi le fatiche, interpella sul cammino, mai concluso, dell’essere pienamente persone.

Quando giochiamo insieme a un bambino è come se ci trovassimo per «strada» e celebrassimo il nostro incontro tra quello che il bambino è e quel che siamo noi, in modo che si compongano come accordo di una suonata e rifulgano come goccia di rugiada.

Quando ci rallegriamo l’un l’altro è come se ci comprendessimo misteriosamente e per magia diventassimo leggeri come acrobati sul trapezio: ci libriamo nel cielo e ci immergiamo nelle profondità degli abissi marini per scoprire tanti mondi, così siamo orgogliosi, a vicenda, delle nostre magnifiche vite.

Questi sentimenti sono nel mio animo e prego e sogno che possano cantare nell’animo di tanti genitori così da crescere in armonia di sentimenti e di amore sotto la vigile protezione di san Giuseppe custode affettuoso della santa Famiglia di Nazareth.

Milva

Gentile e cara professoressa, è nobile il suo gesto di aver affidato alle mani affettuose di san Giuseppe oltre che il suo nipote Matteo anche i bambini del mondo. È un luogo comune dire che ai bambini appartiene il mondo di domani, ma noi che crediamo alla bontà misericordiosa di Dio sappiamo che ogni creatura umana che entra in questo mondo è una stella che si accendo nel cielo dell’umanità, ma soprattutto è la certezza che Dio non si è stancato di noi e che, nonostante noi, ancora ci sorride e investe sul nostro futuro. A Matteo e ai bambini è affidato l’avvenire del mondo e noi con fede lo affidiamo alla custodia di san Giuseppe; egli che con Gesù, il nuovo Adamo della creazione rinnovata, ha sognato e sperato in un mondo rinnovato, lo possa proteggere e portare a maturazione i semi di creatività, fantasia e santità che Dio affida a chi entra nella storia umana.

Con Matteo le assicuro che tutti i bambini ogni mattina nella messa sono davanti al volto di Dio con una preghiera di intercessione affinché tutti possa realizzare il sogno che Dio ha sognato per le loro vite.

 

«Proprio tu, oggi, tre volte mi rinnegherai» 

di M. Anna Maria Cánopi

 
La vocazione è dono e il cammino che si apre davanti a chi risponde il suo sì alla divina chiamata è un mistero che si scopre di giorno in giorno, un cammino che conosce ore di entusiasmo e di slancio, ma anche ore di stanchezza e di dubbio; momenti di luce e di gioia, ma anche di oscurità e di paura… 

di Mario Carrera

«C’è in me una sorgente molto profonda. In quella sorgente c’è Dio. A volte riesco a raggiungerla, più di sovente è coperta di pietra e di sabbia: in quel momento Dio è sepolto». Sono parole della giovane ebrea Etty Hillesum, scritte nel campo di concentramento di Auschwitz, che mi sono risuonate nella memoria sentendo parlare papa Francesco della gioia del prete. Quest’avventura del dono totale di sé a Dio e al prossimo come sorgente di gioia a volte sembra un po’ appannata.
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