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Venerdì, 01 Giugno 2012 08:24

Il "cuore" della vita

di Mario Carrera

Sembra che la peste nera della nostra epoca sia l’indifferenza. Anche le nobili passioni hanno il fiato corto. Il dinamismo dei grandi valori di ieri sembra paralizzato.
Il mese di giugno sventaglia il suo ottimismo e con la mietitura e i numerosi frutti della terra ci propone di contemplare la natura nel suo massimo splendore ci permette di abbracciare l’Infinito di Dio. Il sapore agricolo delle parabole dell’evangelo  ci dice che “il seminatore si fa seme, il vignaiolo si fa vite, il vasaio argilla, il Creatore creatura”. Non solo Dio cammina con noi, ma Dio si fa uno di noi. “Un amore divino nell’uomo e un amore umano in Dio”.
La fede si gioca la sua scommessa in questo campo in cui ci accorgiamo non tanto che noi amiamo Dio, ma che è Dio ad amarci per primo: “Dio ha tanto amato gli uomini sa mandare a noi il suo figlio Gesù”.

Venerdì, 01 Giugno 2012 10:14

Vi sembrerà di entrare nel Duomo

Le porte milanesi a Roma

di Fabio Pallotta

Sembra una storia da nulla, ma anche la Porta della chiesa di San Giuseppe in Roma ha una sua vicenda curiosa alle spalle, insieme con una lezione di garbo e generosità regalata da don Guanella alla Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano. L’inedito carteggio rinvenuto in proposito dalla Pia Unione del Transito merita di essere conosciuto.
Tutto nasce all’interno della sua bella amicizia con lo scultore Ludovico Pogliaghi; don Guanella lo aveva conosciuto venti anni prima quando, pittore in erba, aveva dipinto la Natività di Maria per la chiesa di San Donnino a Como. Era stato lui a guidare la realizzazione delle nuove Porte del Duomo di Milano, tra il 1906 e il 1908. Soprattutto la Porta Maggiore è la più intensa ed elegante pagina di arte sacra del '900; don Guanella ne era rimasto ammirato. Ma -come al solito- pensava a casa sua: e la vecchia porta?

Venerdì, 01 Giugno 2012 10:12

Da Baveno a Roma per via fluviale

Basilica di San Giuseppe al Trionfale con la pietra rossa

di Fabio Pallotta

Quando le descriveva si illuminava. Vivace e colorito nel parlare il nostro don Guanella lo era sempre stato, ma quando l’accenno cadeva sulle colonne di Baveno della sua chiesa di San Giuseppe si sprecavano gli aggettivi: maestose, bellissime, perfette…
Dovettero essere davvero di un colpo d’occhio esclusivo quelle dieci colonne del famoso ‘Rosa di Baveno’ o ‘Rosso di Baveno’. Fu l’amico romano, l’architetto Aristide Leonori, a consigliarle per l’erigenda Basilica di San Giuseppe a Porta Trionfale; don Guanella degli amici si fidava, li conquistava quasi rendendone impossibile il tradimento, ma si fidava.
Per la sua ‘creatura’ di Roma non erano mancate e non sarebbero mancate in seguito le solite voci che accompagnano le opere grandi: pettegolezzi e insinuazioni di ogni varietà. Dove prende i soldi? Ma che schiaffo alla povertà! E crede di stare a Milano? Vuole venire a dare lezioni in Capitale?
Più o meno arrangiate le battute del sottobosco ecclesiastico erano intorno a questi temi abbastanza miserabili che però, da che esiste il mondo, trovano sempre apostoli zelanti.

Venerdì, 01 Giugno 2012 10:08

Spiegazione architettonica

Basilica di San Giuseppe al Trionfale

dell'architetto Alessandra Cerroti

Si trattava di costruire la chiesa di San Giuseppe.
Architetti affermati in Roma era lo studio dei Fratelli Leonori.
Don Guanella si presentò all’ingegner Aristide Leonori, professionista che già aveva lavorato
non solo a Roma, ma anche in molte altre nazioni europee e negli Stati Uniti d’America.  
Entrambi scommisero sulla Provvidenza che non mancò.

La facciata della chiesa di S. Giuseppe al Trionfale si presenta suddivisa in due fasce: la parte inferiore, intelaiata dall’ordine gigante; la parte superiore, con sommità a timpano, in corrispondenza dell’interna navata centrale.
Le semplici paraste che incorniciano i tre portali di accesso alla chiesa si ergono su alti podi a loro volta su basamento di travertino: la parte centrale della facciata è enfatizzata dallo sdoppiamento delle lesene che sui lati esterni raddoppiano emergendo in second’ordine.
Le lesene terminano con capitelli di tipo corinzio con foglie di acanto che sorreggono l’architrave correttamente proporzionata che contiene nel fregio l’iscrizione Anno salutis Deo in honorem S. Joseph A.F. MCMXII.

Aurelio Bacciarini a Roma

di Alejandro Mario Dieguez

Febbraio 1912. Mentre fervevano i preparativi per l’imminente inaugurazione della nuova chiesa di S. Giuseppe sulla testa di don Guanella si scagliò un fulmine a ciel sereno.
Don Aurelio Bacciarini, da lui destinato come primo parroco del quartiere Trionfale, il fiore all’occhiello della congregazione, era “fuggito” in un ordine di clausura, in cerca di un vita di maggior austerità e penitenza, vissuta nel silenzio e nella solitudine.
Prima di lasciare la casa di Como era stato visto dare alle fiamme una grande quantità di lettere, di fascicoli, di prediche e di manoscritti. Aveva confidato la sua decisione ad un amico sacerdote che tentò, invano, di dissuaderlo.
Sabato 10 febbraio, senza dir parola a don Guanella che sapeva contrario, raggiunse la Trappa delle Tre Fontane, a sette chilometri da Roma, dove, dopo tre giorni di attesa nella portineria del convento, come di regola, fu ammesso alla vita di comunità. Gli fu dato il nome religioso di Fra Martino e, dopo un paio di giorni, ricevette anche il saio da trappista.

Venerdì, 01 Giugno 2012 09:58

Una calamita e una propulsione al bene

di Mario Carrera

"E dov’è mai questo don Guanella che seguito a cercare?» si chiedeva San Pio X all’udienza del 24 marzo 1912.
A distanza di tre giorni era la seconda volta che don Guanella andava pellegrino di fede avanti al Papa. La prima volta era stata il 21 marzo insieme ai fedeli del Pellegrinaggio lombardo e poi ci ritornò appunto il 24 con un gruppo di sacerdoti guanelliani. Il 21 fu un’udienza dei pellegrini lombardi con un discorso di saluto al Santo Padre da parte del cardinal Ferrari.
Sia nel primo incontro come nel secondo con il Papa, il colloquio con don Guanella aveva come argomento l’inaugurazione della chiesa di San Giuseppe al Trionfale.

Mercoledì, 19 Dicembre 2012 10:57

La morte cristiana di Giacomo Leopardi

di p. Ferdinando Castelli

Che cosa avvenne veramente il 14 giugno 1937, giorno della morte del poeta?

 

Giacomo Leopardi, morto cristianamente? L'affermazione a molti potrebbe sembrare strana. Non è il poeta di Recanati l'assertore del nulla? del materialismo ateo e antireligioso dei filosofi sensisti del suo tempo? E come è possibile dimenticare la terribile pagina che egli scrisse nello Zibaldone (23 novembre  1820) contro il cristianesimo della madre, cinico e nemico della vita? Due studiosi hanno ribaltato l'immagine di un Leopardi anticristiano, morto senza fede, e dimostrato il contrario: N. Storti nel volume Fede e arte in Giacomo Leopardi e D. Barsotti in La religione in Giacomo Leopardi.  Esami­niamo con pacatezza la questione.

di Ferdinando Castelli

Nella convinzione  di rendere cosa gradita ai nostri lettori che leggono sulla nostra rivista gli articoli letterari del nostro stimato e prestigioso collaboratore, padre Ferdinando Castelli s.j., con il suo consenso pubblichiamo parte della prefazione al volume «Sentinelle dell’Assoluto. Monaci, frati e suore raccontati dagli scrittori». In questo volume si possono leggere quindici classici che hanno descritto monaci, frati e  suore.  Si passa da Dostoevskij a Luca Desiato, da Léon Bloy a Diego Fabbri, da Georges Bernanos a Mario Pomilio, da Gilbert Cesbron a Rodolfo Doni, ecc…

Thomas Merton è un giovane dalla vita disordinata e dissoluta, aspirante poeta. Visitando le basiliche paleocristiane di Roma, viene a trovarsi dinanzi al mosaico del Cristo giudice dominante l’abside dei Santi Cosma e Damiano. «L’effetto di quella scoperta fu terribile», confessa raccontando la sua conversione nel volume “La montagna dalle sette balze”. Fu il rivelarsi del divino sull’umano, dello spirito sulla materia, della vita sulla morte. «Fu là che vidi per la prima volta Colui che ora servo come mio Dio e mio Re, Colui che presiede e governa la mia vita». Che cosa ha visto, col passare dei giorni, scrutando l’immagine di Cristo? Ha visto «un abisso di amore e di pace, quell’abisso era Dio».
La rivelazione lo sconvolge; all’amore non si può resistere. A ventisei anni, nel 1941, entra nell’abbazia trappista di Nostra Signora di Gethsemani, nel Kentucky, consacrando la sua vita a cantare l’amore di un Dio che per noi si è fatto uomo, amandoci fino al dono supremo di sé. Il suo canto raggiunge i toni alti quando esprime la gioia del dono totale di sé a Colui che per noi ha donato tutto se stesso.  Thomas Merton, morto nel 1968, è l’icona di una vita che si dona all’Amore.
La vita consacrata si fonda e si sviluppa su una verità sconvolgente rivelataci da San Paolo nella Lettera ai Galati (2,20): «Dio mi ha amato e ha consegnato se stesso per me». La conseguenza che ne deduce un’anima nobile, illuminata dall’Alto, è immediata: amerò Dio e consegnerò me stesso per Lui.
Ecco la definizione della vita donata totalmente al Signore. Mentre l’ateismo e la secolarizzazione rifiutano o accantonano Dio, negando o dimenticando la sua sovranità, la consacrazione religiosa si fonda sul primato di Dio e sulla fede nel Cristo redentore; stabilisce pertanto una vita nel regno di Dio, dilatando al massimo questo regno che il battesimo e la cresima hanno instaurato nell’anima.[…]
In questo volume presento sedici significativi testi sulla vita consacrata di altrettanti autori, narratori o drammaturghi. In essi ci si interroga sul significato di questa scelta, le sue motivazioni di fondo, le sue dimensioni, la sua incidenza sulla persona e sulla società, le difficoltà che in essa si incontrano, l’importanza dell’aggiornamento e della fedeltà al carisma del fondatore. […]
«La carrellata continua» ho intitolato l’ultimo capitolo del volume. In realtà, l’argomento richiederebbe una trattazione più vasta e articolata. Per motivi di spazio ho dovuto fermarmi, limitandomi a una sintetica ed essenziale presentazione di alcuni autori che sulla vita consacrata - non sui semplici preti, si badi, chè la trattazione sarebbe sconfinata - hanno pubblicato volumi particolarmente significativi. Se mi si chiedesse di sintetizzare in una semplice battuta la concezione che quasi tutti gli autori presentati hanno della vita consacrata, riporterei l’afferma­zione di Julien Green dopo aver incontrato Jacques Maritain, «consacrato» con la moglie  Raissa in un «Ordine speciale»: «Mi trovavo dinanzi a uno di quegli uomini che danno l’impressione di essere venuti da un altro mondo».
La vita consacrata è la testimonianza di un altro mondo.

Giovedì, 12 Luglio 2012 09:52

I santi laici del XX secolo

di Ferdinando Castelli

Il romanzo di Graham Greene,  Il potere e la gloria, ha una finale drammatica, che lascia pensosi. Siamo nel Messico, al tempo della persecuzione religiosa. Braccati dagli emissari dei Rossi, molti fedeli fuggono, si nascondono, storditi dalla paura. Padre José, prima prete energico e dignitoso, costretto alla clandestinità, è ridotto in uno stato che rasenta la bestialità. È l’ombra di se stesso. Tradito e fatto prigioniero, è condannato a morte.
Prima di morire, con la mente confusa, tutto uno straccio, fa il bilancio della sua vita, piangendo. “ Provava soltanto una delusione immensa, perché doveva andare verso Dio a mani vuote, senza aver fatto nulla. Gli pareva che sarebbe stato così facile essere santo! Ci sarebbe stato bisogno soltanto di un  po’ di freno e un po’ di coraggio. Si sentiva come qualcuno che per pochi secondi avesse perduto l’appuntamento con la felicità…

Venerdì, 01 Giugno 2012 13:18

Gesù Risorto il sigillo della fede

di p. Ferdinando Castelli

La figura di Gesù non cessa d’interessare, inquietare e affascinare l’uomo di ogni tempo. Oggi forse più che nel passato. Si calcola che nel Novecento siano stati pubblicati centomila volumi – di teologia, di esegesi, di letteratura – sulla figura di Gesù. In questa foresta bibliografica è difficile orientarsi. Ci sono certamente opere notevoli per serietà e valore storico e teologico, ma anche pubblicazioni discutibili, superficiali e ambigue. Consideriamo pertanto un autentico dono – per la fede, la chiarezza teologica e il fascino delle prospettive che offre – il secondo volume di Gesù di Nazaret, firmato da J. Ratzinger – Benedetto XVI, recentemente pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana (pagine 348, € 20,00). È un autentico dono perché ci permette una visione chiara ed esauriente degli ultimi giorni della vita di Gesù, densi di significato e di mistero.

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