Nella sua strategia pastorale don Aurelio scommette sul genio femminile
e chiama a raccolta in associazione «le madri cristiane» e le mette sotto la protezione
di Santa Monica, la mamma di Sant’Agostino. Le preghiere e la forza educativa
delle anime erano energie vitali per salvaguardare la fede dei figli.
Se negli anni '50, a Roma, sentivi parlare della Parrocchia San Giuseppe al Trionfale, avevi la stessa impressione di quando, a scuola, da ragazzo, si parlava della prima della classe. Una bella parrocchia, ben organizzata, che esprimeva e si pregiava di un'associazionismo laicale tanto variegato, quanto numeroso; fornita di operatori pastorali laici con elevata formazione e professionalità nel servizio, note apprezzate anche a livello diocesano.
«Il parroco anche nella più piccola parrocchia del mondo,
è sempre un capitano nella grande famiglia di Cristo
e l’idea di una vasta solidarietà è inseparabile con il suo apostolato»
Esiamo nel lontano 1912.
Nessuna meraviglia. Lo ha, da tempo, anticipato Giovanni Paolo II: lo conferma ogni approfondimento culturale in merito; lo dice lo stesso termine. Da sempre, l'evangelizzazione o è nuova, o non è. Novità di un annunzio bello, atteso, che sorprende, affascina e orienta verso un futuro diverso e gioioso.
Il ministero di don Aurelio era peregrinare nella case e baracche del quartiere.
Ad imitazione di don Guanella che diceva che «i poveri bisogna andare a cercarli», don Aurelio era un moto perpetuo: battesimi ai piccoli e ai grandi, matrimoni da regolarizzare, infermi e vecchi da assistere, disoccupati, sfrattati. A tutti si interessava pur di guadagnare le anime a Dio
Il papa Benedetto XVI nel messaggio per la Giornata delle comunicazioni ha parlato del silenzio, affermando che «Dal silenzio deriva una comunicazione ancora più esigente che chiama in causa la sensibilità e quelle capacità di ascolto che spesso rivela la misura e la natura dei legami interpersonali». Sappiamo che don Aurelio Bacciarini, prima di essere parroco a San Giuseppe, aveva scelto di immergersi nel silenzio della Trappa delle Tre Fontane, ma Dio pensava altro per lui e, pur a malincuore, ha fatto di quel silenzio la miniera di sensibilità per la sua missione pastorale.
Due proverbi indicano l'importanza che ebbero queste due piante nel passato quasi fino ai nostri giorni: L'aglio è la farmacia dei contadini; I fagioli sono la bistecca dei poveri. Infatti senza questi due elementi la vita della povera gente un tempo sarebbe stata assai più tribolata: l'aglio oltre al sapore che con l'uso moderato conferisce agli alimenti, costituisce un antisettico prodigioso che preserva da malattie e contagi; i fagioli costituiscono un deposito di proteine che hanno una capacità alimentare vicina a quella della carne.
Giugno (oggi con coltivazioni speciali ci sono anche prima i mangiatutto oppure burrini) è il tempo della raccolta degli agli e della comparsa negli orti dei primi fagioli da sgranare, per cui è bene arrivare a questa scadenza dopo aver esaurito completamente le provviste dei fagioli e degli altri legumi secchi.
«Tra poco Nazareth si addormenta sotto la luna, la cena è pronta, cena di povera gente: l’acqua della fonte, il pane di giornata e il vino di Engaddi… e poi c’è Maria che ti aspetta, o Giuseppe. Ti prego: quando entri da lei, sfiorala con un bacio, falle una carezza, pure per me, e dille che anch’io le voglio bene, da morire. Buona notte, Giuseppe». Con queste delicate parole don Tonino Bello, il compianto vescovo di Molfetta, ritrae una scena verosimile della vita quotidiana della Santa Famiglia.
La figura di Gesù non cessa d’interessare, inquietare e affascinare l’uomo di ogni tempo. Oggi forse più che nel passato. Si calcola che nel Novecento siano stati pubblicati centomila volumi – di teologia, di esegesi, di letteratura – sulla figura di Gesù. In questa foresta bibliografica è difficile orientarsi. Ci sono certamente opere notevoli per serietà e valore storico e teologico, ma anche pubblicazioni discutibili, superficiali e ambigue. Consideriamo pertanto un autentico dono – per la fede, la chiarezza teologica e il fascino delle prospettive che offre – il secondo volume di Gesù di Nazaret, firmato da J. Ratzinger – Benedetto XVI, recentemente pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana (pagine 348, € 20,00). È un autentico dono perché ci permette una visione chiara ed esauriente degli ultimi giorni della vita di Gesù, densi di significato e di mistero.
I giovani ammirano chi sa loro rispondere
alle provocazioni tipiche della loro età
e ritengono queste persone come riferimenti importanti con i quali relazionarsi
“Uffa mamma, basta con le prediche! Ma perché sempre le stesse cose? Ma non potresti inventarti qualcosa di nuovo?”. E in chiesa, guardando l’orologio: “Uffa, ma quando la smette questo prete? Sono già dieci minuti e poi… sempre le stesse cose! Ma quando dirà qualcosa di interessante?… oh!... adesso parla anche di politica… ma che parli del Vangelo e di Gesù Cristo…!”.
«Si può pensare legittimamente che il futuro dell’umanità
sia riposto nelle mani di coloro che sono capaci di trasmettere alle generazioni di domani ragioni di vita e di speranza» (Gaudium et spes, n. 31).
Fa parte essenziale della fede avvertire la responsabilità nei confronti della città dell’uomo, dalla sua edificazione al suo futuro. Per questo i giovani che fanno un’esperienza di fede avvertono un’apertura a tutto campo nei confronti degli altri, del mondo, di Dio. Il nuovo mondo si costruisce così, a partire dalla propria persona; nessun rinnovamento è possibile sul piano storico e sociale se non è preceduto, sostenuto e motivato dalla conversione del cuore.
Conta centinaia di milioni di devoti al mondo. Sono milioni i bambini e le bambine che portano
il suo nome. È ben presente nel Vangelo,
nel presepio e nelle chiese, ma la sua vicenda umana e la sua rilevanza nella storia della salvezza sono poco conosciute.
Stiamo parlando di San Giuseppe, sposo di Maria e padre adottivo di Gesù. Riportiamo alcuni passaggi di un’intervista realizzata da Zenit
al professore don Salvatore Vitiello, coordinatore del Master in architettura, arti sacre
e liturgia dell’Università Europea di Roma
e del Pontificio Ateneo Regina Apostolorum
Ogni anno, celebrando la Pasqua, noi riviviamo l’esperienza dei primi discepoli di Gesù, l’esperienza dell’incontro con Lui risorto: racconta il Vangelo di Giovanni che essi lo videro apparire in mezzo a loro, nel cenacolo, la sera del giorno stesso della Risurrezione, «il primo della settimana», e poi «otto giorni dopo» (cfr Gv 20,19.26).
Quel giorno, chiamato poi «domenica», "Giorno del Signore", è il giorno dell’assemblea, della comunità cristiana che si riunisce per il suo culto proprio, cioè l’Eucaristia, culto nuovo e distinto fin dall’inizio da quello giudaico del sabato. In effetti, la celebrazione del Giorno del Signore è una prova molto forte della Risurrezione di Cristo, perché solo un avvenimento straordinario e sconvolgente poteva indurre i primi cristiani a iniziare un culto diverso rispetto al sabato ebraico.