Una maestra di una scuola materna aveva portato la sua classe a visitare una chiesa con le figure dei santi sulle vetrate luminose. Ritornati dalla visita, il parroco domandò ai bambini: Sapete chi sono i santi? Un bambino rispose: Sì, sono quelli che fanno passare la luce! I santi fanno passare la luce di Dio che continua ad illuminare la terra. Ora siamo qui a far festa per un nuovo santo, Luigi Guanella. Se i santi si potessero misurare a metri quadri, don Guanella sarebbe una grande finestra di luce, ma non possiamo dimenticare che tutti i cristiani con il battesimo sono stati uniti a Cristo: in questo senso tutti sono già santi, cioè consacrati. D’altra parte il dono ricevuto deve essere accolto, vissuto, fatto fruttificare.
«Il santo è colui che aderisce a Dio nella fede e nell’amore, percorrendo un’esistenza giusta». E’ una definizione dove ogni persona santa si sente descritta, poiché il santo è un riflesso della luce divina nella sua persona, un’energia che muove la volontà e dà sostanza evangelica al suo agire.
Nella preghiera del «Padre nostro», quando chiediamo a Dio di santificare il Suo nome chiediamo a Dio di svelare il mistero della Sua presenza luminosa nella vita delle persone attraverso la Sua volontà come strada garantita di benessere. L’apostolo Pietro nella sua prima lettera scrive al popolo di Dio: «Voi siete stirpe eletta, sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato». Il sigillo della santità è impresso come garanzia di un’esistenza innestata nella stessa vita divina.
Luigi Guanella nacque a Fraciscio di Campodolcino, in Valle Spluga, il 19 dicembre 1842. Divenne prete della diocesi di Como nel 1866, in momenti politicamente difficili ed economicamente drammatici per la vita sociale del nostro Paese. Dopo alcune esperienze, fallite per l'incomprensione dei contemporanei, nel 1886 Don Luigi Guanella iniziò a Como la sua prima grande opera al servizio dei poveri. Scelse di servire i più miseri e abbandonati, privi di qualsiasi assistenza. Predilesse le categorie dei vecchi, degli handicappati e dei ragazzi abbandonati. Lentamente da quella prima opera lievitarono altre istituzioni in diverse regioni italiane, nella Svizzera e poi negli USA.
Don Guanella fondò anche due congregazioni religiose: le Figlie di S. Maria della Provvidenza e i Servi della Carità, che continuano a offrire in ogni parte del mondo la solidarietà e ad aiutare chi soffre. Don Guanella è stato un uomo che ha fatto la carità, ma si può dire anche che la carità di Dio ha fatto lui e lo ha reso padre dei diseredati. Egli è riuscito a stare con loro con spirito di vera povertà evangelica.
Ciudad Guzmàn, una graziosa cittadina di circa centomila abitanti, situata a millecinquecento metri di altezza a sud-ovest della Capitale messicana, ha ospitato dal 29 settembre al 6 ottobre di quest’anno i partecipanti all’XI Simposio Internazionale su San Giuseppe.
La settimana di studi è stata organizzata dalla Congregazione dei Missionari di San Giuseppe, in collaborazione con la diocesi, avvalendosi anche del contributo del Centro di Documentazione su San Giuseppe di Città del Messico.
Dalla Sicilia alla Puglia la festa di San Giuseppe è una semplice raccolta di santini e immagini sacre riferite al santo di Nazareth? è il peregrinare faticoso per paesi e città alla ricerca del misto sacro-profano? è l’esercizio retorico culturale per ricostruire feticismi e misticismi profani e popolari? No. è la saggezza mirata a rivalutare un culto che è di popolo, che è di piazza, che è di fede, che è cultura, storia e arte, senza confusioni. è un capolavoro di immagini e di testi, freschi di stampa, uscito in questi giorni, e concepito da chi ne è stata la curatrice, la dottoressa Vincenza Musardo Talò, per volere di una giovane casa editrice pugliese, la Talmus Art .
Il venerabile Giuseppe Quadrio
Chissà se le femministe nostrane sottoscriverebbero l’asserto che “l’amore della donna determina sempre il modo di amare dell’uomo”. A formularlo è stato un sacerdote salesiano, morto poco più che quarantenne in concetto di santità, nella metà del secolo scorso, don Giuseppe Quadrio. Lo aveva capito fin da fanciullo quando, a soli dieci anni, si era affidato a quella che sarebbe stata l’unica donna della sua vita, la Madonna, emettendo nelle sue mani il voto di verginità perpetua.
In un mondo orfano di padri, sembra opportuno ritrovare nell’esperienza di San Giuseppe il suo ruolo di padre accanto a Gesù. Giovanni Paolo II nella sua Esortazione apostolica sul «Custode del redentore» scriveva: «Giuseppe è padre: non è la sua paternità derivante dalla generazione; eppure, essa non è “apparente”, o soltanto “sostitutiva”, ma possiede in pieno l’autenticità della paternità umana, della missione paterna della famiglia».
Paolo VI nel suo pellegrinaggio in Terra Santa, proprio a Nazareth, indicava la Santa Famiglia come «scuola», com palestra dove si impara, in pienezza, il mestiere di vivere la vita cristiana: scuola di santità, scuola di preghiera, scuola di serenità nelle relazioni, scuola di reciproche obbedienze e di eloquente silenzio.
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San Giuseppe certo avrà sorriso, discreto e silenzioso, nel suo stile, nel vedere così tanti fedeli accorrere per festeggiarlo nel giorno intitolato a suo nome, il 19 marzo, alla Basilica di San Giuseppe al Trionfale, a Roma. Il clima era caldo, nel quartiere. Non per la temperatura di primavera, ma per l’intensità dell’emozione che sprigionava la moltitudine di gente venuta da ogni parte della città e anche dalla provincia per salutare il Papà.
Quest’anno, poi – ha detto il cardinale Severino Poletto, titolare della Basilica, nell’omelia della Messa solenne che ha celebrato con padre Alfonso Crippa, superiore generale della Congregazione dei Servi della Carità - Opera Don Guanella, e con padre Wladimiro Bogoni, il parroco – «due motivi in più rendono particolarmente straordinaria la solennità di San Giuseppe per essere convocati a venerare il Patrono della Chiesa universale: il Centenario della benedizione di questa grandiosa Basilica e la recente canonizzazione di Don Luigi Guanella», il 23 ottobre 2011. Papa Pio X affida la nuova chiesa di San Giuseppe al Trionfale alla congregazione di don Guanella. Al tempo in cui sorse, cento anni fa, nel quartiere – ha ricordato il porporato – «abitava una baraccopoli, con una moltitudine di povera gente». Il Papa Santo affidò questa comunità e la parrocchia al “padre dei poveri”, don Guanella, affinché potesse nascere «una consistente comunità cristiana». A cento anni dalla nascita, ha continuato il card. Poletto, «ammiro i frutti del lavoro dei Guanelliani, dell’azione spirituale e pastorale generosa dei figli e delle figlie di don Guanella».
Il Vangelo di Matteo racconta dell’invito dell’angelo a Giuseppe ad accogliere con sé Maria incinta per opera dello Spirito Santo, il card. Poletto ha ricordato che le Scritture non portano molte informazioni su S. Giuseppe, che «ha svolto il compito affidatogli da Dio in silenzio». Ma, quanto Matteo e Luca ci dicono di questo «giusto», il «custode del Redentore», è sufficiente ad «ammirare la grandezza spirituale del nostro Santo, la caratteristica della sua santità: la silenziosa obbedienza a Dio.
E poi, la tenerezza amorosa, generosa e fedele, con cui ha sempre accompagnato la sua sposa, Maria, assumendo il compito di fare da padre al Verbo incarnato, dai primi attimi di vita terrena all’età adulta». Non è una figura di secondo piano nella Sacra Famiglia, Giuseppe. «Il suo servizio di papà si è svolto nel lavoro quotidiano, di artigiano, con fatica e senso di responsabilità, per mantenere la famiglia, per educare Gesù». E, come mostra l’affresco che campeggia nella Basilica, la sua santità vissuta nel silenzio ha ricevuto il sigillo straordinario del conforto di Maria e di Gesù al momento del transito. «Dobbiamo imitare la fede di Giuseppe, seppure con la nostra povertà», ha detto il cardinale all’assemblea traboccante di fedeli accalcati nella Basilica. «Se Gesù venisse sulla terra oggi, quale fede troverebbe? La fede è testimonianza di carità, di speranza, di servizio. S. Giuseppe ci da un aiuto. Invochiamo la protezione del Santo Patrono, sulle nostre famiglie, la nostra parrocchia e la nostra società civile, affinché riesca a superare questa fase di crisi e possa tornare a vivere con speranza e serenità, frutto della fiducia in Dio che ha sempre guidato la vita di San Giuseppe».
Nelle prime file, in chiesa come durante la processione, c’erano i “Luigini”, i piccoli alunni della Scuola di S. Giuseppe al Trionfale, con gli abiti da paggetti, secondo una tradizione antica ripristinata in questa duplice occasione del Centenario della Basilica e della canonizzazione di don Guanella.
Per la ricorrenza, per accompagnare la liturgia e allietare con un concerto i fedeli, da Milano è giunta l’orchestra e il coro “Ludwig van Beethoven”, ventiquattro elementi diretti dai maestri Adriano Bassi e Achille Nava.
I festeggiamenti, iniziati una settimana prima del Giorno di San Giuseppe, con un convegno dedicato alla “Spiritualità del lavoro” che ha registrato la partecipazione di eminenti personalità della gerarchia ecclesiastica e della società civile, quali i cardinali Salvatore De Giorgi, arcivescovo emerito di Palermo, Manuel Monteiro De Castro, penitenziere pontificio maggiore, Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio Consiglio per i testi legislativi, Saraiva Martin Josè, prefetto emerito della Congregazione delle Cause dei Santi.
Sono intervenuti anche padre Alfonso Crippa, superiore generale Opera don Guanella, don Nino Minetti, superiore provinciale dell’Opera don Guanella e don Mario Carrera, direttore de “La Santa Crociata in onore di San Giuseppe”. In rappresentanza del mondo del lavoro, il segretario generale Uil Luigi Angeletti e il segretario nazionale Cisl Raffaele Bonanni.
La “triplice” festa per San Giuseppe si è conclusa nel cortile dell’Oratorio, con una gioiosa convivialità, allietata di musica e danza e delle irrinunciabili frittelle di San Giuseppe, i bignè e le ciambelle.
In questi giorni la Conferenza episcopale italiana, attraverso la voce del card. Bagnasco, ha lanciato l’allarme di non tradire i giovani in un momento così drammatico di sofferenza e di disagio per il futuro.
E’ stato scritto che in questi ultimi anni viviamo «in un mondo senza padri, senza punti di riferimento, dove si cerca l’adulto e spesso non lo si trova o subito lo si perde». La Chiesa, «esperta in umanità», dona la sua saggezza e come un rabdomante s’immerge nella profondità dell’essere umano a scoprire riserve di bontà e di amore.
Il silenzio di San Giuseppe si fa «lingua madre» per aiutare le giovani generazioni ad affrontare un futuro difficile con la fiducia nella volontà di Dio che, comunque, scommette sul bene presente nella vita di ogni persona ed in particolare sui giovani.
Questo enorme patrimonio di fede dimora, silenzioso, nel cuore di tante persone, e si manifesta con entusiasmo nelle celebrazioni esteriori della fede. E’ quello che avviene in tante parti del mondo, come in questi giorni in Messico e a Cuba e in tante contrade d’Italia come ogni anno si ripete in occasione della festa di San Giuseppe al Quartiere Trionfale di Roma.
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Il rosario è stato chiamato "il libro dei salmi" dei poveri. Percorrendo nella preghiera le tappe della misericordia di Dio, per noi creature umane, che sostiamo davanti ai grandi misteri della salvezza, troviamo protagonisti: la Vergine Maria, San Giuseppe e, soprattutto, Gesù, la meta desiderata della nostra salvezza.
In questo rosario in onore di San Giuseppe, sul modello del rosario della Vergine Maria, vogliamo contemplare come in un canto corale la presenza di Giuseppe e affidarci all sua intercessione.
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