In questo tempo di Quaresima l’Ora Santa è più che mai indicata per entrare nel mistero della Passione del Signore: vi ricordo che si tratta di un’ora continua di preghiera che si fa il giovedì sera, accogliendo l’invito del Signore di vegliare e pregare, con l’intenzione di offrire al Signore amore e riparazione per i peccati propri e delle anime consacrate.
Abbiamo riflettuto abbondantemente sull’acqua e sangue che sgorgarono dal fianco trafitto di Gesù, e che sono impliciti nel simbolo del Sacro Cuore: abbiamo già visto che significano alcuni tra i principali valori espressi dalla Rivelazione. Così Gesù si mostra a noi come vero agnello, o nuova Pasqua, Alleanza vera ed eterna, datore dell’acqua viva, cioè dello Spirito Santo, Giusto per eccellenza trafitto dall’ingiustizia del mondo e perciò vittima di espiazione, sommo ed eterno sacerdote che intercede per noi presso il Padre: quando diciamo “Cuore di Gesù” intendiamo quindi dire come in un riassunto tutto questo. E sarebbe già abbastanza, perché tutti potete vedere in queste parole una specie di riassunto o di condensato di tutta la Scrittura.
Nell’ultima confessione un sacerdote, dal quale mi confessavo per la prima volta, non mi ha assegnato alcuna penitenza. Ma mi capita spesso di ricevere, anche dal mio confessore abituale, delle penitenze per così dire “generiche”, del tipo “offri lo sforzo che fai per non cadere nel peccato” o “cerca di vivere secondo le indicazioni che ti ho dato” oppure ancora “di qualche preghiera”. Mi sembra che ci sia molta arbitrarietà. Esiste un criterio in base al quale viene assegnata la penitenza in confessione?
Giovanni Paolo II, nell’Esortazione Apostolica “Reconciliatio et poenitentia”, ricorda che la soddisfazione, o penitenza come viene chiamata da noi, è l’atto finale che corona il sacramento della Riconciliazione.
E sottolinea tre aspetti delle opere di penitenza imposte dal confessore.
Maria, la vogliamo sentire così: di casa. Mentre parla il nostro dialetto. Esperta di tradizioni antiche e di usanze popolari.
Donna a cui tutte le figlie di Eva, quale che sia la stagione della loro vita, possano sentirsi vicine.
Tutta nostra, ma senza gelosie. Sempre pronta a darci una mano. A contagiarci della sua speranza. A farci sentire, con la sua struggente purezza, il bisogno di Dio. E a spartire con noi momenti di festa e di lacrime.