a cura di Gabriele Cantaluppi
Se l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso non sono “luoghi”, ma “stati”, il corpo del Cristo Risorto dove sta se non in un luogo?
Nessuno è stato nell’al di là ed è tornato a dirci com’è, perciò, quando vogliamo ricostruire quel mondo, si deve essere molto cauti e soprattutto tener conto che su questa terra siamo sempre condizionati dai nostri modi di conoscere il mondo che ci circonda. La teologia cattolica ha sempre sostenuto che per parlare di Dio e delle realtà soprannaturali possiamo solo usare un linguaggio “analogo” e non “univoco”, cioè, per dirlo in modo più semplice, ci serviamo di immagini che però non esauriscono tutta la realtà.
Non sappiamo bene come potrà essere il nostro corpo glorioso e spirituale che riprenderemo alla risurrezione dei morti e non possediamo categorie adatte per poterlo dire.
Dai Vangeli e dai testi di san Paolo sappiamo che Gesù, dopo la risurrezione, appariva ai discepoli come era stato in vita, però non aveva le stesse caratteristiche della corporeità materiale. Tant’è vero che ogni volta che lo incontravano avevano difficoltà a riconoscerlo, se non quando compiva qualche gesto che rivelava chi fosse. Mangiava e si lasciava toccare, per dimostrare che aveva realmente un corpo fisico, che non era un fantasma, però si presentava in luoghi diversi e passava attraverso muri. C’era una fisicità, che non aveva i caratteri della materialità.
San Paolo in 1 Cor 15,4 usa una bella analogia: «Così [è] anche la risurrezione dei morti: si semina [un corpo]corruttibile e risorge incorruttibile; si semina ignobile e risorge glorioso; si semina debole e risorge pieno di forza; si semina un corpo animale e risorge un corpo spirituale».
Gli unici corpi che sappiamo essere nell’altro mondo sono solo quelli di Gesù e di sua madre Maria: tutto il resto sono anime in attesa della risurrezione dei corpi.
Nella semina, dice san Paolo, la vita permane nella macerazione del chicco e rispunta come un germoglio vivo e vitale.
Il corpo sarà fisico, ma non più materiale cioè la fisicità perderà le qualità spazio temporali della materia, perderà i caratteri che la fanno di questo mondo.
E’ stato il peccato originale a spezzare la diretta comunione con Dio e a far sì che il mondo entrasse in una dimensione “materiale”, dove si è imposta la “quantità”, cioè la divisibilità, che è ragione della morte.
I corpi risorti riacquistano le loro originarie proprietà di vita eterna e, perdendo i caratteri di spazio-tempo”, ritroveranno la diretta comunione con Dio senza necessità di occupare luoghi o zone materiali.
Ce lo indica il fatto che il corpo-umanità di Gesù e di Maria non avevano contratto il peccato originale, e perciò tornano ad essere come Dio li aveva originariamente creati in intima comunione con Lui.
Scrive Joseph Ratzinger nel suo libro “Introduzione al cristianesimo”: «Paolo insegna non la resurrezione dei corpi, bensì delle persone, e questa non nel ritorno dei “corpi di carne”, ossia delle strutture biologiche, bensì nella diversità specifica della vita della risurrezione, così come si è esemplarmente manifestata nel Signore risorto» (pag. 347).
Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma chiaramente che «Con la morte l’anima viene separata dal corpo, ma nella risurrezione Dio tornerà a dare la vita incorruttibile al nostro corpo trasformato, riunendolo alla nostra anima. Come Cristo è risorto e vive per sempre, così tutti noi risusciteremo nell’ultimo giorno» (CCC 1016).
Don Guanella esortava i suoi parrocchiani con la speranza che «gli stessi occhi e le orecchie e i sensi del tuo corpo saranno gloriosi come è gloriosissimo il corpo risorto del divin Salvatore, sicché sarà verissimo che una vita di paradiso ti possederà interamente nelle potenze dell'anima, nelle facoltà stesse del corpo».