L'Amoris laetitia
di don Nico Rutigliano
L’atteggiamento che papa Francesco ha assunto nei confronti della famiglia è quello di camminare vicino alle famiglie con sguardo amorevole. Egli guarda alla famiglia con uno stile tipico di chi abita la famiglia e usa un linguaggio fatto di metafore ed esempi tratti dalla vita quotidiana.
La esortazione apostolica Amoris laetitia è molto concreta e capace di affrontare una questione spinosa e di grande attualità: la realtà della famiglia e le sue sfide.
Egli guarda alla famiglia così com’è. Non alla famiglia ideale, ma alla famiglia reale. Non un modello astratto, ma la realtà concreta, fatta di bellezza e di criticità, di esaltazioni e di ferite. Non uno stereotipo, ma un mosaico fatto di grandi differenze che compongono qualcosa di unico. La famiglia è imperfetta e nella sua imperfezione sta anche la sua possibilità di aver bisogno degli altri, il suo desiderio di affidare le proprie difficoltà e incertezze ad una mano che la sorregga, la protegga e la aiuti.
«Là, dove irrompe l’applauso per l’opera umana nella liturgia, si è di fronte a un segno sicuro che si è del tutto perduta l’essenza della liturgia e la si è sostituita con una sorta di intrattenimento a sfondo religioso» scriveva il cardinal Ratzinger nel suo libro Introduzione allo spirito della liturgia.
Santa Maria, vergine del mattino, donaci la gioia di intuire, pur tra le tante foschie dell’aurora, le speranze del giorno nuovo. Ispiraci parole di coraggio. Non permettere che sulle nostre labbra il lamento prevalga sullo stupore, che lo sconforto sovrasti l’operosità, che lo scetticismo schiacci l’entusiasmo, e che la pesantezza del passato ci impedisca di far credito sul futuro. Da' alle nostre voci la cadenza degli alleluia pasquali. Intridi di sogni le sabbie del nostro realismo. Aiutaci a comprendere che additare le gemme che spuntano sui rami vale più che piangere sulle foglie che cadono. E infondici la sicurezza di chi già vede l’oriente incendiarsi ai primi raggi del sole.
L’espressione “generato e non creato” è stata inserita nel Simbolo Apostolico al Concilio di Nicea nel 325, e riguarda espressamente Gesù. “Generato non creato, della stessa sostanza del Padre” si riferisce all’eresia di Ario, un sacerdote di quell’epoca, che sosteneva che il Verbo, detto anche Figlio, la seconda Persona della SS. Trinità, non fosse Dio, ma la prima creatura di Dio. Se così fosse, Gesù non sarebbe Dio fatto carne e la sua redenzione non avrebbe un valore infinito, perché nessuna creatura, per quanto grande, potrebbe riparare lo strappo fra l’uomo e Dio, operato dal peccato originale.