«Mi hai chiamato, eccomi!»
di Madre Anna Maria Cánopi osb
«La parola del Signore era rara in quei giorni». Così si legge all’inizio del terzo capitolo del primo libro di Samuele. La Parola che aveva creato i cieli, che aveva chiamato Abramo, Mosè, i profeti e che aveva guidato il popolo eletto passo passo nel lungo cammino dell’esodo portandolo dalla schiavitù d’Egitto alla libertà della Terra promessa, ora si è fatta rara. Ma se la Parola viene a mancare, ne consegue che l’umanità e l’intero creato rischiano di tornare al caos iniziale. È la Parola di Dio, infatti, che ci fa vivere e ci sostiene in vita: «In principio era il Verbo, / e il Verbo era presso Dio / e il Verbo era Dio… / Tutto è stato fatto per mezzo di lui /e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste» (Gv 1,1-3 passim).
Ma perché in quei giorni la Parola era rara? Perché non c’era chi la ascoltasse. Bisogna, allora, dire che non la Parola era rara, ma che essa cadeva nel vuoto, come accade quando si lascia scorrere l’acqua senza incanalarla, così che essa va sciupata e la terra rimane arida e infeconda.
Nessuno sembrava preoccuparsi del pericolo, nessuno si scuoteva. Lo stesso anziano sacerdote Eli – vecchio più nello spirito che per gli anni – trascinava stancamente la propria esistenza nel santuario di Silo e non aveva più l’energia di richiamare e correggere i propri figli, pur sapendo che con la loro dissolutezza erano infedeli a Dio, disonoravano il santuario e allontanavano il popolo dalla via del Signore. Nello squallore di questa situazione, Dio fece udire la sua voce. Mentre tutti dormivano nel santuario e, sola, brillava nelle tenebre la fioca luce della lampada, ultimo segno di speranza, ecco una inattesa chiamata: «Samuele!» (1 Sam 3,4).
Samuele era il “figlio della grazia”, donato da Dio ad Anna che, sterile, lo aveva implorato con calde lacrime e accorata preghiera. Già questo è molto significativo: per la supplica di una donna viene alla luce un bambino e su di lui il Signore ha un disegno particolare, per il bene di tutto il popolo. Egli è il “piccolo resto” che sempre si salva nella generale infedeltà.
Ricevuto in dono il figlio, Anna con materna sollecitudine lo aveva allevato fino allo svezzamento, poi lo aveva portato con sé al santuario per offrirlo al Signore, trovando la sua gioia nel fare del dono ricevuto un dono offerto.
Samuele, dunque, cresceva nel santuario sotto lo sguardo del Signore, giorno e notte, tutto consacrato al suo servizio, pronto ad ascoltare e fare ciò che il sacerdote Eli gli diceva. Per questo, quando nella notte si sentì chiamare per nome, subito rispose: «Eccomi!» e con la prontezza di un’obbedienza che mette ali ai piedi corse da Eli dicendogli: «Mi hai chiamato, eccomi!». Chi, se non lui, infatti, poteva chiamarlo in quell’ora insolita? Ma l’anziano sacerdote, svegliato dall’improvviso sopraggiungere del fanciullo, gli rispose: «Non ti ho chiamato, torna a dormire!». Samuele tornò a dormire, e il Signore di nuovo chiamò: «Samuele!», una seconda e poi ancora una terza volta. E sempre Samuele subito si alzò senza indugio correndo da Eli e ripetendo il suo «Eccomi» ogni volta come la prima volta.
Nella Bibbia l’eccomi di Samuele si distingue proprio per la sua semplice e pronta disponibilità, per la sua immediatezza, che non calcola, non oppone nessuna resistenza. È l’eccomi che rivela in lui un cuore libero, desideroso, fiducioso.
Quando per la terza volta Samuele si presenta ad Eli, il sacerdote comprende che non di sogni si tratta, ma di una vera e propria chiamata del Signore. Rivolgendosi allora al fanciullo gli insegna come rispondere. Dapprima lo rimanda a dormire con un comando forte: «Vattene a dormire», quasi a volersi assicurare che non ci sia spazio per immaginazioni e fantasie, ma solo risuoni la Parola del Signore. Poi aggiunge: «Se ti chiamerà, dirai: “Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta”». Obbediente, Samuele torna a coricarsi al suo posto. A questo punto il testo biblico mostra un bellissimo quadro: «Venne il Signore, stette di nuovo accanto a lui», come un padre che si ferma accanto al suo bambino che dorme. Poi, per due volte lo chiama: «Samuele, Samuele!». E Samuele subito risponde come gli ha insegnato il sacerdote Eli: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta». Allora il Signore rivela al piccolo un grande messaggio, gli annunzia che sta per «fare giustizia», per riportare ordine nella sua casa e verità nel suo popolo.
Al mattino, come di consueto, Samuele apre i battenti della casa del Signore. Anche questo è un particolare da non trascurare. Ogni mattino è sempre come un nuovo inizio. Dio ci dona un nuovo giorno per ricominciare a servirlo in fedeltà. Per Samuele il giorno che inizia è veramente «nuovo». Nella notte ha ricevuto il «battesimo della Parola», è stato iniziato all’ascolto del Signore; questo figlio di Anna, questo figlio della grazia, ha accolto per tutto il popolo l’annunzio del Signore, un annunzio che riguarda tutta la storia di Israele, tutta la storia della salvezza che va verso la pienezza dei tempi.
Interrogato da Eli, gli svela tutto, con trasparenza, senza tenere nulla di nascosto. Al sentire la terribile sentenza, l’anziano sacerdote si riscuote dalla sua “pesantezza” e umilmente risponde: «è il Signore! Faccia ciò che a lui pare bene». Così si chiude un’epoca e se ne apre un’altra. Samuele è, come Giovanni Battista, il «profeta» che fa compiere un nuovo passaggio al popolo eletto.
Egli – annota la Sacra Scrittura – «crebbe e il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole» (1 Sam 3,19). La parola era «rara», con Samuele torna a diffondersi, perché – come Maria – egli la accoglie in un cuore puro, la custodisce con cura e la trasmette in tutta la sua verità, anche quando questa verità sarà dolorosa, poiché sempre un profeta ha un compito arduo. Di tappa in tappa, Samuele ripete il suo «Eccomi!» con fedeltà, senza mai anteporre il suo volere al volere di Dio, il suo pensiero al progetto di Dio.
Così sarà lui ad ungere Saul re di Israele e a doverlo destituire, rimproverandogli il suo peccato e ricordandogli che l’ascolto della Parola e l’obbedienza sono l’espressione più autentica della fedeltà a Dio: «Obbedire è meglio del sacrificio, essere docili è meglio del grasso degli arieti» (1 Sam 15,22). Sarà ancora lui a ungere re, al posto di Saul, Davide, dalla cui stirpe nascerà il Messia.
Tutto fu «dono» nella vita di Samuele e al dono egli rispose con l’eccomi dell’obbedienza che si fa offerta totale per la gloria di Dio e il bene di tutti.
Signore, Dio di grazia e di fedeltà,
che doni ai piccoli e ai poveri
l’abbondanza del tuo Spirito di Sapienza,
crea in noi un cuore puro
attento alla tua Parola,
per camminare rettamente sulla tua Via
lungo le vie tortuose della storia
verso la vera Terra Promessa.
Tutto è dono tuo, Signore:
accogli oggi il nostro «Eccomi»
di piena disponibilità al tuo volere
e sostienici con la tua grazia
per portare a compimento
il nostro servizio d’amore.
Amen